Lavoratori autonomi a rischio povertà
Foto d'archivio

Un rischio che è doppio rispetto a chi ha lo stipendio fisso

Si pensa ancora oggi come luogo comune che piccoli imprenditori, commercianti, artigiani, soci di cooperative, siano esponenti del ceto medio.

I lavoratori autonomi che ricordiamo, non hanno bisogno che qualcuno o che lo stato dia loro un posto di lavoro fisso, perché ogni giorno vanno a cercarsi il lavoro da soli per sé  e  per i loro collaboratori, anziché essere favoriti risultano più che mai penalizzati.

Oggi un lavoratore autonomo su quattro è a rischio povertà. Un rischio che è doppio rispetto a chi ha lo stipendio fisso e sempre uguale se non maggiore, perché dipendente.

L’allarme arriva dalla Cgia di Mestre. Secondo il presidente Bortolussi:

"A esclusione dei collaboratori a progetto che possono contare su un indennizzo una tantum, le partite Iva non usufruiscono dell’indennità di disoccupazione e di alcuna forma di cassa integrazione in deroga sia essa ordinaria o straordinaria. Una volta chiusa l’attività ci si rimette in gioco e si va alla ricerca di un nuovo lavoro. Purtroppo non è facile trovarne un altro: spesso l’età non più giovanissima e le difficoltà del momento costituiscono una barriera invalicabile al reinserimento, spingendo queste persone verso forme di lavoro completamente in nero".

Nel 2013 il 24,9 % degli autonomi ha vissuto con meno di 9.456 euro  l’anno, che rappresenta la soglia di povertà calcolata dall’Istat.

Dal 2008 al 2012, è proprio il reddito di questa categoria ad aver subito complessivamente una perdita di oltre 2.800 euro pari ad una riduzione del 6,8 % , mentre il reddito dei dipendenti è rimasto pressoché immutato.

Non solo i lavoratori autonomi guadagnano sempre meno, ma in sei anni quelli che hanno chiuso l’attività sono stati oltre 340.000, e non si contano i suicidi.

Il rischio povertà per questi è del 5,1% mentre per i lavoratori dipendenti è dello 0,8 %, per cui il rischio di scivolare tra i poveri per una partita iva o un piccolo imprenditore è poco più di sei volte quello di un qualsiasi impiegato dipendente con posto fisso.

Quando si parla di fare tutto il possibile per creare posti di lavoro, si continua a pensare e a dire che solo la categoria degli autonomi può crearli, ma si continua a far poco realmente per loro, per non solo riuscire a mantenere in vita gli esistenti, ma per aumentarli, mantenendo e così aumentando anche i posti di lavoro dei loro dipendenti o collaboratori occasionali.

E le situazioni peggiori sono al sud, soprattutto in Calabria, Sardegna e in Campania.

 

 

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 09/11/2014