Renzi, Salvini e Grillo: modificare i risultati per vincere le elezioni.

Grandi dichiarazioni per risultati mediocri. Ecco come i leader trasformano una debacle in un successo.

 

Per analizzare i risultati delle Elezioni Regionali in Emilia Romagna dobbiamo partire da un presupposto piuttosto insolito: la matematica è un opinione. Nonostante i dati assoluti e percentuali, normalmente, in quanto numeri, dovrebbero essere al riparo da interpretazioni fuorvianti e di parte, possiamo considerare come scontate importanti revisioni e interpretazioni dei risultati. I leader politici dei vari schieramenti, infatti, non dovranno fare altro che mettere in luce un lato invece che un altro per autoproclamarsi come vincitori assoluti della tornata elettorale.

 

Tre soggetti in particolare proveranno a tirare acqua al proprio mulino: il Partito Democratico, Salvini e Beppe Grillo.

 

Questi tre soggetti, infatti, hanno una possibilità di manipolazione dei risultati molto alta, a seconda, è bene ripeterlo, di un riferimento ai dati assoluti o percentuali.

 

L'unico dato incontestabile è quello che paradossalmente renderà contestabili tutti gli altri: l'affluenza. Anzitutto va considerato come un dato drammatico, dato che il 37% è un numero da repubbliche delle banane. Se si considera poi che l'Emilia Romagna in passato ha toccato affluenze prossime al 100%, possiamo ben preoccuparci. La percentuale di votanti che si è recata alle urne è dimezzata rispetto al 2010. In una situazione del genere non c'è vittoria per alcun partito: perdono i rappresentanti e le istituzioni, perde la fiducia e perde il senso di appartenenza allo Stato.

 

Questa sconfitta generale è tuttavia, e aggiungiamo purtroppo, la base su cui i sopra citati leader politici proveranno a costruire la propria lettura che, ovviamente, li consegnerà come unici vincitori alle cronache politiche.

 

Il punto che sfasa il calcolo è il seguente: se si dimezza l'affluenza, i voti dei presenti valgono il doppio. Analizziamo adesso i veri risultati ottenuti dai soggetti politici.

 

Cominciamo dal PD di Renzi che parla di una “vittoria netta” e sostiene che “la non grande affluenza è un risultato preoccupante, ma secondario”. Cominciamo a sbugiardare. Il PD ha guadagnato, tra il 2010 e il 2014 ben quattro punti percentuali. Vittoria? Assolutamente no: anzitutto perchè ha perso, nello stesso intervallo, 330.000 voti. Secondariamente perchè, se il partito ha portato a casa un risultato su due (percentuale e non numerico), la coalizione ha perso a tutto campo: dal 52% con 1,2 milioni di voti del 2010, al 49,69% con quasi 600mila voti del 2014. Tra gli assenti al seggio, insomma, un'enormità sono di sponda PD. Come mai? Una risposta affrettata ma simbolica: una delle roccaforti PCI potrebbe non aver retto l'urto con il nuovo corso liberal del Premier.

 

 

Adesso Salvini. Una cosa va riconosciuta al leader del carroccio: ha aumentato del 50% la propria percentuale e ha doppiato, e per poco non “triplato”, Forza Italia. Vittoria? Insomma. Ovviamente Salvini parla di un “risultato storico e stupendo”, ma ormai ognuno di noi si è abituato a suo modo alle sparate del leader del Carroccio. Quanto ha guadagnato Salvini? Assolutamente niente, anzi, come gli altri ha perso. I voti della Lega sono passati, sempre nell'arco 2010-2014 da 288mila a 233mila. Ceteris paribus e a pari affluenza, Salvini avrebbe perso il 15-20%. Quindi anche i “verdi” hanno perso, seppur meno degli altri. Le dichiarazioni di Salvini appaiono allucinanti soprattutto se facciamo un parallelismo tra il periodo odierno e quello delle precedenti elezioni. Oggi abbiamo una Lega in rilancio, con un leader nuovo e assai gradito, che è riuscito a portare a casa i voti dell'ultimo minuto facendo un paio di visite a qualche campo Rom. Nel 2010 la vecchia guardia a capo del partito stava cessando di esistere e lo scontro intestino Bossi-Maroni cominciava a diventare preoccupante agli occhi della base. Insomma anche Salvini, a suo parere ha vinto. E con Renzi siamo a due.

 

Tralasciando il tracollo elettorale di Forza Italia, non commentato nemmeno da Berlusconi, guardiamo adesso ai grillini.

 

In effetti il 5Stelle non ha perso niente, né in termine numerico né percentuale: il 2010 vedeva il 6% e 126mila voti, contro il 12% odierno e 160mila voti. A Grillo va riconosciuta una cosa: a differenza dei due galantuomini citati poco sopra, non ha cantato vittoria (o meglio: non ha ancora cantato vittoria), nonostante la sua percentuale sia raddoppiata e i voti effettivi siano cresciuti di 35mila punti. Che sia un risveglio di coscienza o meno, Grillo sa bene che per la dialettica del Movimento il risultato non è una vittoria, ma al massimo un pareggio: i grillini hanno sempre fatto exploit proprio dove l'affluenza calava e dove i votanti si allontanavano dalle istituzioni. Considerato che a differenza del 2010 il Movimento è in parlamento con una percentuale molto forte, è facile dedurre che, rispetto ai propri mezzi, non è stato in grado di migliorarsi. E questo è in Italia, nel caso di uno schieramento giovane, un segno a dir poco nefasto.

 

 

crediti fotografici: Polisblog

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Articolo pubblicato il 25/11/2014