Il drago sulle Langhe. Cronistoria di un enorme disonore piemontese

Ogni moneta sprecata nella sanità procura la sofferenza di qualche cittadino. L'ospedale infinito di Verduno è una fabbrica di dolore

Lunedì 10 novembre, durante la sua visita ad Alba, il Presidente della regione Sergio Chiamparino, ha dichiarato: "a Verduno si va avanti, ci metto la faccia", alludendo alla saga del maxi ospedale, una delle 650 opere pubbliche nel registro delle incompiute, un ecomostro giunto poco oltre il 50% dall’ultimazione dopo 10 anni di lavori e intoppi. Il taglio del nastro era previsto per il maggio 2014.

Tempio dello spreco e del mistero, l'edificio s’innalza dall'alto della sua terra, le Langhe e il Roero, recente patrimonio dell'Unesco, fiore all'occhiello del Piemonte agli occhi del mondo; regione di vigneti, casolari e castelli, profanata da un enorme fabbricato di ferro e cemento.

 

Storia d’un "affaire" all'italiana consumato in un bellissimo luogo sbagliato,

l'ospedale di Verduno è un parto pubblico generato da ambigui matrimoni consumati senza precauzioni e i preliminari, sui quali già molto si è scritto, parlano da soli.

Il mostro è nato sopra una collina ad alto dissesto idrogeologico, un terreno argilloso non edificabile, sulla cui stabilità nessun geologo avrebbe messo la firma. Non lo fece Orlando Costagli, tecnico consultato alla genesi, ma oscure modifiche presso la regione, mutarono carte e argille, legittimando l’opera, scaturita da un'idea risalente a vent'anni fa

 

Il progetto del Policlinico Unificato Alba - Bra nacque per riunire in un nuovo edificio gli ospedali delle due città, sebbene efficienti. Il terreno prescelto era sulla pianura, lungo la scorrevole SS231, a metà tra i due centri abitati. Una superficie ideale, ma presto lottizzata dalla fiera dei centri commerciali, manco ne servisse qualcuno in più, mentre altri occhi puntavano in alto, verso il luogo perverso, sulla collina.

 

Dal Bollettino Ufficiale 43 del 23/10/2003, la lunga relazione delle buone intenzioni.

 

http://www.regione.piemonte.it/governo/bollettino/abbonati/2003/43/siste/00000101.htm

 

La saga tramandata narra d’un gran convegno tra i sindaci del territorio invitati ad approvare un maestoso progetto descritto come prestigiosa innovazione sanitaria a cui aderire o restare emarginati in un anonimato d’inadeguatezza. Da lì in avanti la storia riporta d’intese, di terreni, di affari tra curia, gestione comunale, regione e Asl, e l’idea d’una Fondazione formata da professionisti e industriali locali, uniti in una entusiasta partecipazione alla grande opera che prometteva benessere e lustro a tutto il distretto interessato.

 

http://www.fondazioneospedalealbabra.it/pagine/ita/fondazione/storia.lasso

 

Da quel tempo, il mostro non ha avuto più veti, ma continue interruzioni imposte dalle scelte sbagliate e relative lievitazioni dei costi. Le somme sono importanti, consultabili su altre cronache più attinenti alle cifre che non a un italico andar delle cose.

 

Costruire un maxi ospedale su un terreno franoso, già rende la decisione degna del più avventato comitato d’incapaci. Farlo sopra un colle servito da strade comunali buone solo per trattori, lontano da ogni arteria degna di ben altra circolazione è una fesseria e basta, eppure il mostro c'è, incompiuto, irraggiungibile soggetto di nuovi aggiustamenti

 

http://www.regione.piemonte.it/governo/bollettino/abbonati/2013/49/attach/dpgr_00070_410_28112013.pdf

 

La madre di tutte le follie risale al tentativo di stabilizzare il fronte franoso della collina col progressivo impiego di palificazioni in cemento armato. In quel momento si poteva ancora fare marcia indietro. Perché non fu così?

Fino ad oggi ne sono stati piantati 900, profondi 30 m. Non bastando tramutare il colle in puntaspilli, si è resa necessaria una diga di contenimento lunga 250 m.

È un progetto bollato da altri problemi, sia strutturali che di infrastrutture, ma per sbrigarsi basta girare la domanda ai lettori: lo fareste un ospedale su una terra che slitta?

Il sito poi, non essendo servito da strade, ne richiedeva una, calpestando vigneti e terra di tartufi per un costo senza senso. Si apre qui l’altro capitolo fatto di ipotesi, di un'autostrada Asti Cuneo "storia infinita", di tempi sbagliati, della provinciale 7, di nuovi progetti. Per la serie: altre varianti, da € 4 milioni, l'ultima ne conta 20.

 

Sembra la trama d’un romanzo, invece è cronaca buia, e i nomi dei maestri dello spreco si sanno, sussurrati tra i denti dalla gente di questi luoghi agresti che, per tradizione, tutto sa, protesta tra le mura domestiche, ma in pubblico diventa cauta, quasi omertosa.

 

In questo panorama di nocciole, sospetti e colline, non s’è ancora parlato di Sua Maestà: l'ospedale. Lo ripudiano  i residenti, non lo vogliono più i dottori, non l’hanno mai voluto gl’infermieri, eppure il moderno mostro da 550 letti e reparti d'eccellenza, pur tra 1000 ostacoli, lentamente ha preso forma e lo si vede di lontano; migliaia di tonnellate di cemento colato lassù, nel vorace ventre del gigante.

 

L'argomento è pesante come il suo cemento, i paradossi ora saltellano da un'amministrazione all'altra, da un presidente a un altro. In Italia, è sempre colpa di chi c'era prima, e chi arriva, assicura: si provvederà.

Il progetto, nato da un concorso nel 99, vinto dallo studio di Parigi Aymeric Zublena è esecutivo nel 2004. Preventivo: 114 milioni. La regione ne può mettere solo 97, intervengono i privati in cambio di partecipazioni in ciò che sulla carta c’era, ma è fermo lassù. A quel tempo ci hanno messo dei soldi. È evidente che oggi fremono per l’ultimazione.

 

Nel 2005 l’incarico è vinto dalla MGR Verduno 2005 che appalta a un’ati fra la Matarrese di Bari e la Olicar di Bra. Iniziano i lavori, il terreno frana, le opere si spostano, frana anche lì. È iniziata l'odissea, ma l'ira del popolo sovrano borbotta, niente più.

È questo il punto su cui riflettere, il mostro poteva, doveva essere fermato da chi oggi punta il dito, da chi giura di non averlo mai voluto e non ha mai appeso uno striscione per la strada, da chi sapeva e ha taciuto.

 

http://www.regione.piemonte.it/governo/bollettino/abbonati/2014/18/attach/dddb200000100_410.pdf

 

Una volta partiti i lavori sono proseguiti riciclando l'opera in voragine nei conti della sanità, uno scandalo che per anni è andato avanti quasi a bassa voce. A maggio il M5s ha presentato un esposto sulla vicenda, archiviato dal tribunale di Asti. Non ha rilevato cause in un agire giudicato corretto: "cercando sempre di giungere alla fine dei lavori pur tra imprevisti e difficoltà".

 

Mentre il mostro attende pisolando tra le gru, i vecchi ospedali di Alba e Bra continuano a tirare la carretta, spogliati di alcuni punti d’eccellenza non più sostituiti, mentre i cittadini incassano il disagio e i conti della sanità vengono limati con tagli e ticket.

 

L'assessore regionale alla sanità Giorgio Saitta, l'8 ottobre dichiarava che i 150 milioni destinati dalla giunta Cota all'edilizia sanitaria avrebbero dovuto essere congelati per ripianare i debiti del 2014 relativi alle Asl del Piemonte, innescando una guerra di proclami e smentite. Così è la politica, madre di tutti i mostri. Quello che svetta in cima alla collina ormai esiste, non si può abrogare più, soltanto ultimare.

 

http://www.regione.piemonte.it/governo/bollettino/abbonati/2014/20/attach/dpgr_00070_900_12052014.pdf

 

È sbagliato cercare responsabilità in chi è subentrato strada facendo. Gli errori risalgono al tempo dell'inizio lavori. Che Chiamparino salvi dunque operai, faccia e ospedale, l'opera sia compiuta e così sia, non sarà la prima, né l'ultima deformità di cemento a deturpare il Bel Paese.

Anche in questo caso, l'architettura, madre di tutte le arti, resterà testimone di codesto momento storico, della nostra civiltà e delle scelte dei regnanti, provvisori padroni di genti e terre.

Soltanto allora, i loro nomi impressi per sempre nei libri della memoria, saranno giudicati per quello che lasciarono in eredità al mondo.

L'inutile mannaia di storici e critici d'arte taglierà teste già sepolte da tempo. Inutile sgridarle ora, l'ingombrante sbaglio è difeso ad oltranza.

L'unica e imparziale giudice resterà la Madre Terra. Su di lei giacciono da sempre i segni del passaggio dell'uomo. Talvolta meraviglie, sovente e soltanto, megalomani, fatue superbie.


Peccato, perché se trapiantato altrove, non a deturpare uno dei luoghi più armoniosi e romantici di questa nostra terra, ma a rimodernare ed arricchire il tessuto urbano d’una metropoli, allora il mostro avrebbe potuto trasformarsi in un monumento al progresso, alla buona politica, alla bella sanità. A quest'ora sarebbe terminato da tempo, e poi, il plastico restituisce alle intenzioni l'immagine d’un progetto ben articolato. Opinione di architetto.

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Articolo pubblicato il 29/11/2014