Recensione ltaliano Medio: Maccio Capatonda invade il cinema con un film riuscito a metà

In un mare di comicità fine a se stessa o addirittura che non fa ridere, il solo annuncio di un film diretto da Marcello Macchia (in arte Maccio Capatonda) ci ha fatto sorridere. Chi è vissuto negli anni 90 ricorderà sicuramente “Mai Dire…” della Galappa’s Band, programma dove sono passati i migliori comici italiani. Proprio in quella trasmissione fu lanciato Maccio Capatonda con i geniali fake trailer (Il Sesto scemo, La febbra, Padre Maronno e molti altri), i surreali reality show (Il divano scomodo), il cantante squattrinato e disperato (Mariottide) e le fake pubblicità (Costruisciti da solo il tuo governo).

L’unicità di Maccio Capatonda consiste nel creare situazioni surreali e grottesche che rimangono comunque vicine ad una realtà sempre più mostruosa. Ma prima di parlare del film bisogna fare un passo indietro, verso quello che forse rappresenta il precursore di questa pellicola. Prima di arrivare al cinema Maccio si è cimentato in una vera e propria serie a puntate chiamata “Mario”. In questa serie la critica sociale nei confronti della TV e dei così detti “Italiani medi” era già chiara e senza giri di parole. Il film che stiamo per recensire è quindi figlio di questa serie, oltre che del fake trailer da cui è tratto.

“Italiano Medio” parla di un uomo, tale Giulio Verme, che cresciuto nell’indifferenza dei genitori, diventati schiavi della TV, decide di costruire una vita agli antipodi: vegano, rispettoso dell’ambiente, lettore assiduo dei giornali, interessato alle questioni nazionali e internazionali e molto altro. Sposato con una donna che condivide in parte le sue visioni, Verme si sente sempre più oppresso da un mondo che non cambia e dalle persone sempre più indifferenti. Un giorno si presenta a casa sua Alfonso, un ex compagno di classe che gli offre una pillola che inibisce l’uso del cervello dal 20 al 2%. Da quel momento in poi Giulio diventerà una delle tante persone che ha sempre odiato: un italiano medio.

Il racconto di Marcello Macchia parte con il piede giusto sin dai titoli di testa, con riferimenti palesi alle sue opere passate. La storia procede senza intoppi con alcune scene esilaranti (ad esempio un disperato Giulio Verme che per strada sente delle voci cariche di corruzione e malaffare provenienti dai palazzi), fino a quando il protagonista prende la pillola. In quel momento la sceneggiatura subisce un calo vistoso e inaspettato. Sembra che ciò sia volontario per spiegare la bassezza dell’Italiano Medio; ma nella cornice del film pare comunque una scelta avventata. Ad ogni modo, dopo la parentesi “Italiano Medio” si ritorna al livello della prima parte, con una conclusione amara su cui c’è ben poco da ridere.

Con questo film Capatonda ha provato ad unire tutte le sue facce, portando ad un esperimento per certi versi apprezzabile, ma per altri rischioso al punto da raggiungere quasi lo stato di “accozzaglia di gag senz’anima”. Alcuni momenti stridevano fortemente con il filo logico del film, così come alcuni attori messi lì a caso, quasi come se la produzione fosse stata costretta ad inserirli. Il film si può riassumere come un grande compromesso, sia a livello di trama sia a livello registico.

Consigliamo di vederlo? Certamente, perché nonostante i difetti rimane comunque un buon concept-movie che rompe la monotonia della comicità nostrana degli ultimi anni. La speranza è che questo esperimento riuscito a metà, sia un buon punto di partenza per progetti futuri più solidi.

Voto: 3/5 Esperimento riuscito a metà quello di Marcello Macchia. Consigliato ai fan ma anche ai curiosi del fenomeno Maccio Capatonda

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Articolo pubblicato il 12/02/2015