Quando la musica non conosce limiti
prove in attesa del premio letterario Cocito

Incontro con il maestro Mario Valsania, musicista e compositore piemontese custode di una vicenda umana e professionale molto particolare

La cronaca ci ha abituati a notizie dure, destabilizzanti, forse non è un caso. Forse vi è un progetto per piegare le menti e abituare le genti a un prossimo futuro di privazioni, sacrifici e crudeltà. Non è un'ipotesi, è una possibilità. Occorre un antidoto, un atto di forza buona che infonda nei lettori speranza e ottimismo, perché l'animo umano è pieno di risorse positive e di creatività. La storia ci riporta che l'arte è il metronomo d’un popolo e della sua civiltà, occorre stanarne un esempio.

Incontrare un valente compositore, uno stimato flautista e docente, ma non solo, un uomo capace di reagire alle più severe pretese della vita con orgoglio e maestria, è una risposta importante per chi ha fame di positività. Ancor di più quando il soggetto è afflitto da una di quelle malattie bastarde che aggrediscono e consumano assecondando la clessidra dell'andar del tempo.

La distrofia muscolare è una brutta bestia e Mario Valsania, interprete di questo incontro, la descrive molto bene: a volte mi sento come una di quelle statue che a poco a poco si sgretolano consumate dalle intemperie. I primi sintomi li ho avuti a 12 anni, adesso ne ho 46, di pezzi ne ho perduti, mi muovo in carrozzina, guido la macchina con una serie di accessori degni di una navicella spaziale. Ma non c'è soddisfazione più forte che riuscire a essere indipendenti fin che si può, fin quando ce n’è. E poi vedremo, sarà quel che sarà, parliamo di musica adesso, siamo qui per questo!


Buongiorno Maestro Valsania, iniziamo questa conversazione dandoci del lei, oppure del tu, poiché abbiamo condiviso alcune esperienze artistiche insieme?

Direi che del tu è più spontaneo, andrà benissimo.

La prima domanda è d'obbligo: oggi sei un compositore e un flautista molto apprezzato, ma quanto l’invalidità ha interferito con il percorso professionale, e di vita, e come hai fatto a superare gli ostacoli più ostici: la diffidenza e il pregiudizio, che sovente rendono il percorso ancora più arduo?

Inutile nascondere che prima occorre riuscire ad accettare se stessi e poi, in seconda battuta, vincere la diffidenza con le proprie capacità. Quando questo si verifica, spesso si riesce a dare il meglio di sè, e l'invalidità, dal punto di vista professionale diventa un valore aggiunto poiché se la qualità delle abilità residue è elevata, stupisce e sorprende, creando interesse e ammirazione.

Possiamo affermare che in condizioni estreme emergono le migliori qualità di certi uomini. Qual' è stato il tuo percorso?

In un primo tempo è stato difficile, da adolescenti la malattia rende scontrosi e ogni risultato raggiunto è vissuto quasi come una forma di rivincita contro tutti, contro “il mondo”. Con il tempo si stemperano molte cose e comprendi che non è certo colpa degli altri se il destino ti riserva delle brutte sorprese. Oggi per me riuscire a raggiungere certi risultati suscita un piacevole senso di euforia, sono conquiste, sensazioni gioiose che aiutano e si percepiscono. E poi, la musica ha la sua bella responsabilità nel riuscire a rendere ogni vita più "armoniosa".

Con il tuo flauto traverso spazi dal blues alla musica classica, dal sudamericano alla musica elettronica sperimentale. Qual è il tuo rapporto con la musica? È un mezzo o qualcosa che hai dentro?

In certi casi la musica è stata una valvola di sfogo, ma in realtà è un qualcosa di viscerale. Quando suono, interpreto e compongo sento di essere in un momento felice che si autoalimenta. Non potrei fare tutto questo ispirato da un sentimento di angoscia. Forse sono un artista anomalo, ma per me la musica sgorga solo in un alone di felicità, lo è nelle mie condizioni, ma sono persuaso che sarebbe stato così in ogni caso. Per intenderci, come disse un mio maestro: la musica è un modo di pensare e interpretare la vita, così come altre forme d'arte. E arte, come da vocabolario significa: far le cose per bene.

Possiamo quindi affermare che l'arte è un percorso che aiuta a conoscere se stessi?

Certamente! Ho iniziato il mio percorso di compositore da semplici canzoncine per arrivare a raggiungere traguardi sempre più ambiziosi, fino all'avventura della musica sperimentale. È un percorso che credo sia comune a tutte le forme d'arte, dalla pittura alla scultura alla scrittura eccetera.

Significa che si parte in modo semplice per arrivare ad elaborare la complessità e poi tornare ad una semplicità matura? Penso ai tagli delle tele di Fontana.

È così, il massimo obiettivo è riuscire a creare una semplicità perfetta, ma prima devi avere mangiato, digerito ed evacuato tutta una serie di esperienze. È un percorso di conoscenza per poi arrivare all'essenza della musica. È la strada di molti grandi artisti.

Tra le tante cose che fai, da un po' di tempo ti dedichi anche all'insegnamento, che rapporto hai con questa professione e con gli allievi.

Insegno nella scuola pubblica a indirizzo musicale, lavoro gratificante perché hai a che fare con ragazzi già motivati dalla loro scelta. Li seguo singolarmente ed è una soddisfazione vederli affascinati dalle tante potenzialità di uno strumento a fiato che richiede uno sforzo fisico dal quale si ricava un suono reale. È bello perché in questo momento di elettronica dilagante è come riportarli alle origini delle proprie capacità. All'inizio, vedendo le mie difficoltà fisiche i ragazzi sono un po' titubanti; per suonare adopero ausili che mi consentono di compensare le funzioni perdute, quando vedono che riesco a posizionarmi e suonare lo stesso, non nascondono una certa ammirazione, senz'altro potrà diventare anche una scuola di vita, uno stimolo ad affrontare e superare le difficoltà.

Oltre l'insegnamento c’è dell'altro e non è una cosa da poco.

Sta per andare in stampa il manuale sulla ritmica per ragazzi "Dammi il tempo. Dal ritmo, primi passi nella musica" per la casa editrice torinese Musica Practica, libro di didattica musicale dedicato ai ragazzi. I bambini hanno il ritmo "dentro", è un fattore naturale, direi ancestrale. A volte si perde, questo è un metodo sperimentale per tirarglielo fuori.

Quindi, mi onora essere stato chiamato da un mio ex insegnante all'università di Grenoble, a un progetto europeo che vede coinvolti due compositori, una ballerina ed un nuovo software musicale per la composizione.

L'obiettivo è conciliare un metodo di composizione “tradizionale” sfruttando al massimo le possibilità date da un software in modo da ampliare moltissimo le possibilità del suono. Il progetto è ambizioso, a marzo sarà presentata una performance di questo percorso al museo di Briançon. Sarò presente sia come compositore che come esecutore. È da vedere e sentire!

So che c’è dell’altro che vale la pena di ricordare

Insieme a un bravo chitarrista e un’altrettanto brava cantante che conosci bene  stiamo prendendo in mano un repertorio di musica popolare. È un patrimonio da nobilizzare con schemi più ampi, con una ricerca del suono più articolata. È un progetto appena iniziato ma è già molto stimolante…


Quando Mario Valsania inizia a vuotare il sacco si scopre che è pieno di altro materiale, sia dal punto di vista artistico, quanto etico e progettuale, ma soprattutto umano; quando imbraccia il suo flauto tutto il resto non esiste più, è la musica che esce dall'anima, la più suadente medicina di tante traversie. Farebbe del bene ascoltarla a tantissima gente.

Riuscire a condensare altro in queste righe è impossibile. Quello che vuol portare a riflettere però, è che l'uomo, Mario, è un esempio di come vanno prese certe avversità. Mario non cammina, ma va a scuola di sci assistito, ha la muscolatura debole, le ossa da trattare con cura, ma va a scuola di vela. Mario Valsania ha un viso bello e sincero, è un uomo di successo, parla bene, piace e con lui si scherza volentieri.

Il mondo dell'invalidità è anche questo: scendere a patti con la malattia, accettarla non è possibile, ma imbrogliare le sue spietate pretese è un inno alla vita suonato per tutti.

L'intervista è finita tra sigarette e birra, sperando sia un buon esempio per chi legge, un punto d'appoggio per lottare, chinare mai la testa fosse l'ultima cosa che resta, e inseguire la propria dignità, il diritto, l'orgoglio! Speriamo entrambi che questo sia un messaggio di vita, di vitalità e azione! Ce n'è bisogno di questi tempi. Soprattutto a Roma, tra quei dis-abili là!

Referenze, riconoscimenti, concerti

http://www.eastn.eu/EASTNArtist/mario-valsania

http://www.comune.torino.it/pass/artecultura/mario-valsania

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Articolo pubblicato il 20/02/2015