Sessanta miliardi l'anno è la stima della corruzione in Italia

Ad ogni grande opera in Italia corrisponde una grande inchiesta, una maxitangente, una sfilza di favori

 È la storia della corruzione nel nostro paese che ammonterebbe a 60 miliardi di euro. La cifra è molto dibattuta e di non facile calcolo. Nessuno sa indicare con precisione quali sono i valori della corruzione. Secondo l’Unione Europea toccherebbe i 120 miliardi fra tutti i paesi del vecchio continente ma anche qui non vi sono riscontri ufficiali.

Cosa potrebbe fare lo Stato con questi soldi? Per esempio, si potrebbe dimezzare l’Iva su tutti i beni per avere consumi al massimo, tutti i beni costerebbero di meno a cominciare dalla benzina. E ancora, raddoppiare il fondo occupazione, assumere diecimila agenti di polizia, decuplicare il fondo per le scuole per rimetterle in sesto, per togliere l’amianto e così via, aumentare le pensioni minime a mille euro, triplicare i fondi per il trasporto pubblico locale venendo incontro per esempio anche ai pendolari, eliminare l’imposta sulla successione, i fondi per la giustizia, e oltre.

Comunque tante le cose fondamentali da fare.

Immettere nel mercato in questo momento questi soldi sarebbe una cosa straordinaria.

Tornando sull’Iva, questa è l’imposta che grava su tutti i cittadini, sui loro consumi, e senza neppure scaglioni di reddito. Dimezzare questa sì che farebbe ripartire l’economia,  altro che gli 80 euro di Renzi.

Sulla responsabilità poi della corruzione che è un male molto grave spesso si punta il dito più contro una parte politica che l’altra. Dalle cooperative di Ischia alle cooperative di Roma, alle cooperative che lavoravano al Mose di Venezia, sul mondo della cooperazione, visto che come si è detto spesso in alcuni casi, in questo paese, “non si poteva non sapere”, c’è un ministro del governo che ne è stato a capo fino a ieri l’altro, Poletti ex Presidente nazionale della LegaCoop dal 2002 al 2014. 

Vogliamo metterci un occhio in più, visto che oltretutto le cooperative pagano anche tasse diverse dagli altri cittadini? Ricordiamo poi gli esodati, ce li siamo scordati? Che hanno lavorato per quaranta anni, in un paese meraviglioso, con aziende un po’ da tutte le parti, che bene o male assumevano.

Ora è un oasi della desolazione, con esercizi commerciali che chiudono tutti i giorni, aziende che chiudono e crollano, e gente che cerca lavoro e che si accontenta di qualsiasi cosa le si possa offrire. La colpa di tutto questo sono le troppe tasse. Si può essere ottimisti solo se  la pressione fiscale diventa minore verso le aziende, verso i commercianti, verso tutti coloro che hanno voglia di lavorare e di far lavorare.

Se non si abbassano le tasse non può ripartire l’economia. I giovani continueranno a non trovare lavoro e dovranno continuare a vivere sulle spalle dei genitori. E questo purtroppo non è bello. Non è bello per un ragazzo appena uscito dalla scuola e in cerca di occupazione, non trovare nulla e chiedere i soldi ai genitori.

C’è poi una questione tutta italiana: una tassa viene presa dai cittadini per uno scopo e poi non viene mai utilizzata per quello. Un cittadino quindi non sa dove finiscono i propri soldi, mentre dovrebbe saperlo per una questione di democrazia.

Per esempio si prendono i soldi ai turisti e agli italiani per il turismo e poi questi soldi non vengono spesi per questo, per cui i turisti  non vengono nemmeno accolti per come dovrebbero essere.

E la cosa più difficile è quella di far vedere le bellezze delle nostre città, nascondendo le brutture e i disservizi che incombono, da quelli più evidenti a quelli meno (sporcizia, buche, servizi pubblici, sanitari e di sicurezza e così via).

Per esempio a Roma con la tassa di soggiorno sono stati presi 45 milioni, che dovrebbero servire per risistemare le cose utili per il turismo. Ma mai che questi soldi vadano ad essere utilizzati per quello scopo.  Poi è chiaro che i cittadini si distaccano dalla politica.

Sulla necessità che le tasse locali vadano a coprire i servizi e che di fatto i sindaci siano i responsabili di come utilizzano i loro soldi non ci piove, ma ancora oggi questo non è scontato.

Per cui si dovrà arrivare quanto prima possibile ad una forma di tassazione locale, che faccia anche da sintesi a tutte le altre. Questo farà sì che i cittadini possano più facilmente controllare l’operato dei sindaci.

Intanto come tasse locali, sarebbe stato opportuno non rimettere l’Imu, soprattutto quella agricola e per gli stabili commerciali. Si poteva evitare di tagliare fondi a comuni e regioni, non dando gli 80 euro e lasciando esentasse le prime case degli italiani che sono il primo bene rifugio di tutte le famiglie ed i conti dello stato molto probabilmente sarebbero anche tornati.

Però si è fatto diversamente e il ritorno sui consumi non c’è stato. Ci hanno guadagnato solo le persone che hanno preso gli 80 euro e tutto è finito lì. Il conto lo hanno pagato poi tutti e in special modo tutti gli altri che non li hanno presi.

A Milano ormai in molti posti gli italiani si sono arresi ai cinesi per tassazioni e questioni burocratiche. Vi sono addirittura dei cinesi che assumono del personale italiano.

In sintesi i commercianti ed i piccoli imprenditori, crepano per la pressione fiscale. Arrivano i cinesi e facilitati da una serie di infrazioni che commettono, avendo meno spese hanno più facilità a raccattare queste imprese che sono lì con l’acqua alla gola, comprandole a poco.

È stato introdotto il reato del falso in bilancio e le tasse si dovrebbero pagare in base ai bilanci. Ma in un paese dove per molte imprese non c’è il falso in bilancio, perché ormai non c’è più manco il bilancio. Oltretutto questo reato c’è sempre stato, davanti ad una querela di un socio o di un fornitore che non è stato pagato.

Nel nostro paese in verità, c’è solo bisogno della riduzione delle tasse, ma in maniera drastica e strutturale. Per fare questo c’è bisogno di tagliare in misura corrispondente la spesa pubblica. Il grosso problema che ha affrontato anche il governo attuale e che non è riuscito a risolvere. Negli ultimi 5 anni nonostante il rigore e l’austerità e la tanto sbandierata “spending review”,  la spesa pubblica al netto degli interessi è aumentata di 27 miliardi e mezzo. Con le misure a sostegno delle famiglie in difficoltà, di chi ha perso il posto di lavoro, sta di fatto che le tasse sono aumentate perché continuiamo a non riuscire a fermare la spesa pubblica.

Bisogna poi tagliare in modo intelligente, non come è stato fatto in questi ultimi anni, in maniera orizzontale, penalizzando soprattutto gli enti locali più virtuosi e non chi invece sperpera e spreca veramente.

Poi i comuni si sono inventate le tasse più strane: sull’ombra delle tende dei negozi, su una pedana per disabili per occupazione del suolo pubblico, su ogni forma di pubblicità esposta in vetrina, compresi i menù e gli adesivi delle carte di credito approfittando di chi lavora onestamente. Anche  i gestori delle funivie dovranno pagare l’Imu.

Di tasse strane se ne contano fino a circa cento, alcune da un secolo come quella della bonifica sui terreni paludosi. A Vigevano addirittura un commerciante si è beccato una multa per aver messo una ciotola d’acqua per i cani fuori dal suo negozio. 

Le tasse sono troppe e lo sono per tutti, per tutti coloro che sono in Italia, cinesi compresi. Come si può pensare di andare avanti così ?  

 

 

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Articolo pubblicato il 04/04/2015