Expo 2015: preservare è il vero progresso

A giorni inizia l'Esposizione Universale che in questa occasione avrà sede a Milano

L'Esposizione Universale è stata sin da metà dell'Ottocento un grande crocevia di proposte, invenzioni, laboratorio di idee e progetti volti a migliorare la vita dell'uomo.

Il telefono, la prima macchina a gasolio, la televisione, il cellulare, la macchina per cucire, lo pneumatico e molto altro ancora sono frutto di proposte, brevetti e quant'altro è stato presentato nelle precedenti edizioni.

Per molto tempo, l'Expo è stata dunque fucina di prodotti nati soprattutto sulla scia della Rivoluzione Industriale prima e del boom economico del Novecento poi.

A giorni, inizierà a Milano l'Expo 2015 il cui tema è "Nutrire il pianeta". L'idea di progresso come realizzazione di prodotti, beni di consumo nuovi, innovativi, tecnologici sembra quindi lasciare spazio a una filosofia nuova di progresso: l'idea di preservare, di distribuire più equamente ciò che già abbiamo e che rischiamo di perdere o sprecare, come il cibo e l'acqua.

Negli ultimi decenni, si è sentito parlare di Terra Madre, di fonti di energia rinnovabili, di distribuzione della ricchezza, di gestione di quanto già abbiamo ma spesso mal utilizziamo. Questa edizione dell'Esposizione Universale vuole, quindi, mettere al centro non necessariamente la grande invenzione, bensì il diritto al cibo, la lotta allo spreco, la tutela della biodiversità.

Dopo decenni di consumismo sfrenato, sembra dunque essere giunto il momento di una maggior consapevolezza del fatto che molto di cui già disponiamo lo utilizziamo male, non lo sfruttiamo al meglio, o spesso venga addirittura sprecato come l'acqua o ingenti quantità di cibo.

Questa edizione si presenta come un tavolo attorno al quale si incontrino idee e soluzioni condivise sul tema dell'alimentazione stimolando la creatività dei Paesi e promuovendo le innovazioni per un futuro sostenibile.

Oggi tutti ci confrontiamo col buco nell'ozono, con le carestie e la povertà di certi Paesi dell'Asia e dell'Africa, con la desertificazione e la cementificazione di molte zone diverse del pianeta e una etica del risparmio, della distribuzione più equa di ciò di cui disponiamo e di un maggiore equilibrio della ricchezza tra le varie popolazioni del globo rappresentano la vera sfida che attende l'umnità di questo nuovo millenio.

La speranza per il momento è che tutto vada per il meglio a iniziare dal completamento delle aree espositive che vedranno quasi 120 ettari di stand controllati da un centinaio di metal detector e con uno stanziamento di circa 600 militari per un'area che, visti gli ultimi episodi di violenza, potrebbe risultare nel mirino di terroristi e attentati.

A chi scrive, che quotidianemente si reca nel capoluogo lombardo per lavoro, è capitato ancora recentemente di osservare, dalle parti di Rho, scavatrici, cantieri e tutto ciò che lascia esterrefatti a pochi giorni dall'apertura dell'Expo quando il tutto sarebbe dovuto essere preventivato nei costi e nelle tempistiche già molti anni fa.

Putroppo anche questo è uno dei paradossi di questo nostro Paese dove la lentezza con cui vengono chiusi i cantieri stride con la velocità del freccia rossa che vi transita di fianco, ma tant'è ...

La speranza è che proprio dall'Italia che nel passato remoto e non solo ha rappresentato terra di grandi pensatori, di idee e di progresso, possa partire una nuova idea di sviluppo per preservare e allo stesso tempo far avanzare il pianeta che nell'acqua, nel cibo e nell'agricoltura vede i grandi pilastri per l'evoluzione delle generazioni future per un mondo con una popolazione che negli ultimi decenni è cresciuta in maniera espoenziale.

In merito al tema affrontato da questa edizione del'Expo mi sovviene un libro che lessi molti anni fa. Era Erewhon di Samuel Butler che immaginava un Paese ubicato in un luogo nascosto del pianeta in cui arrivati ormai a un grado troppo avanzato di progresso tecnologico, gli abitanti decidono di compiere un passo indietro nello sviluppo tecnologico accastando quanto inventato in un museo e tornando a una vita più naturale. Noi non dobbiamo arrivare a tanto, però avere la capacità di preservare l'energia della terra che abbiamo può essere una sfida molto più difficile e appassionante che inventare nuovi prodotti tecnologici.





Marco Pinzuti



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Articolo pubblicato il 29/04/2015