Kathmandu, Nepal, il giorno della Grande Scossa

A distanza di poco più di un mese dal sisma, Civico20 pubblica una galleria con le immagini degli istanti immediatamente successivi alla tragedia

Non sono solito scrivere in prima persona. Ci sono però occasioni in cui le vecchie abitudini vengono sostituite da nuove necessità. 

La mia vecchia abitudine viveva nell idea che la facoltà critica del lettore non debba essere influenzata da interpretazioni del redattore. I fatti, le notizie, dovrebbero quanto più possibile essere trasmesse in forma neutra. Talvolta però capita che il narratore, senza colpa e senza lode alcuna, si ritrovi in qualche modo protagonista, o vittima, degli eventi. Fino a che punto allora gli si può chiedere di rinunciare a se stesso in nome del oggettività della narrazione?

Ho riflettuto a lungo e ho cercato di trovare una risposta a questa domanda. Sono arrivato alla conclusione che ci siano occasioni in cui i fatti non sono la colonna portante di una notizia. Possono essere la base. La notizia in quel caso è il racconto in sè. Con le impressioni, le esperienze, l'interpretazione, l'angolo di visuale in cui il cronista si trova a vivere una piccola parte di storia.

Parlo di Nepal, parlo di Kathmandu, parlo di quel terremoto, 7.9 sulla scala Richter, che in una manciata di secondi ha rivoluzionato gli ultimi dieci o seicento anni di storia di un paese costantemente martoriato dalla guerra, dalla povertà e dalle catastrofi naturali. 

Quel venticinque aprile, in cui per qualcuno il mondo è crollato, mi trovavo nella Capitale, a pochi chilometri dal epicentro della prima grande scossa. Ho vissuto quegli istanti di terrore in cui una forza inconcepibile straccia le budella marchiando l essere umano come debole, inutile e vinto. Ho vissuto le prime ore dopo la catastrofe, con le mani e gli occhi e la gola piene di polvere e terra, con le lacrime incrostate e la confusione e l'adrenalina e il senso di impotenza e frustrazione nel cercare qualcuno sotto i mucchi di macerie, in cima ai gradoni dei templi crollati, con le scosse di assestamento che minacciavano i vivi che incuranti continuavano a cercare e scavare, sconfitti, con la forza della bestia moribonda che da il tutto per tutto, perché altro non si può fare. 

Ho dormito sui mucchi di sabbia, con i bambini spaventati e i genitori che cantavano canzoni popolari perché si addormentassero. Con le bombole del gas accanto ai giacigli improvvisati, con il riso secco perché altro non si può cucinare, con una borsa piccola e leggera piena di tutte le minuscole ricchezze che ciascuno possiede, piccola perché non si può scappare con una vita intera, e si deve scegliere. 

Ciascuno in quei momenti sceglie cosa davvero é importante. Gli uomini che fuggono con le capre in braccio, le donne che escono di corsa dai portoni abbracciate a televisori e servizi buoni  in ottone, bambini con archi di legno e pupazzi logori. La mia ricchezza, il mio unico valore in quei momenti era la mia macchina fotografica. Il mio scopo, l unica ragione di vita, era documentare. Raccontare. Far sapere al mondo che la tragedia, come tutto ciò che è importante, vive nelle sfumature e nei particolari. 

Gli abbracci tra madre e figlia che quel giorno avevano un significato diverso. GlI anziani in lacrime, accompagnati dai figli, che per l ultima volta chiedevano di poter vedere i luoghi della propria fede. I feriti portati in braccio verso gli ospedali saturi e le ambulanze vecchie di quaranta anni imbottigliate nel traffico e bloccate dai ruderi e dalle macerie. 

Le persone spente, vuote, con gli smartphone in mano, a fotografare i resti ammucchiati della propria casa e delle proprie cose. Non sono solito parlare in prima persona, ma in questo caso non ho saputo fare altro. 

Questa fotogallery è il racconto degli istanti immediatamente successivi alla prima grande scossa. Ci saranno altri articoli in cui racconterò nel dettaglio le storie, ma questo è il primo e più importante. Perché le immagini, talvolta, esprimono più di tutte le parole.

 

 

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Articolo pubblicato il 08/06/2015