L’onestà paga… l’obolo del parcheggio

Storia di salatissimi oboli una tantum per parcheggi pubblici

Sottopongo molto volentieri ai Lettori di “Civico20News” queste ulteriori considerazioni dell’amico Andrea Biscàro (m.j.).

 

Prosegue il nostro viaggio nelle derive fiscali di uno Stato fragile. Il politico francese Èmile de Girardin (1806-1881), scriveva che «la forza dei governi è inversamente proporzionale al peso delle imposte». Vien da sé che il nostro è un sistema debole.

Lo abbiamo verificato, dati alla mano, nell’inchiesta precedente, anch’essa pubblicata da «Civico20News» il 18 luglio scorso, dal titolo «L’onestà paga… soprattutto lo Stato – Storia di ordinario affanno causa tasse di una società in attivo».


Allora si era citato Svetonio: «Il buon pastore deve tosare le pecore, non scorticarle». Fatto è che le citazioni fan cascar le braccia: passano i secoli e gli atteggiamenti negativi rimangono sempre gli stessi, rendendole inossidabili, proprio come lo è questa, pronunciata dal filosofo Emmanuel Mounier (1905-1950): «la più grande virtù politica è non perdere il senso dell’insieme».


Claudia, la ristoratrice piemontese conosciuta il 18 luglio, ci confermerà come il «senso dell’insieme» si sia ormai perduto o non sia mai stato acquisito. Ascoltiamo il prosieguo della sua storia:


«Finalmente, come già spiegato, ottenute tutte le autorizzazioni dalla banca e dalla finanziaria della Regione Piemonte, il ristorante sembra essere sempre più a portata di mano. Con il sostegno dell’Associazione dei commercianti, Monica ed io prepariamo la SCIA da rilasciare al Comune per la richiesta della licenza. SCIA sta per Segnalazione Certificata di Inizio Attività, ossia la dichiarazione che consente alle imprese di iniziare un’attività senza dover più attendere i tempi e l’esecuzione di verifiche/controlli preliminari da parte degli enti competenti, in quanto già effettuati in precedenza. Veniamo così a conoscenza della legge regionale n. 56/1977 (“Tutela ed uso del suolo”) e degli “Indirizzi generali e criteri di programmazione urbanistica per l’insediamento del commercio al dettaglio in sede fissa” (entrati in vigore il 06/12/12) il cui art. 25 (che si rifà alla l.r. 56/1977) è inerente al “Fabbisogno di parcheggi e standard relativi ad insediamenti commerciali e ad altre attività presenti nell’area”. Ingenuamente ci domandiamo: “che significa fabbisogno di parcheggi? Proprio davanti al locale che sarà nostro, vi è un piccolo parcheggio; sicuramente a noi questa legge non tocca”. Per sicurezza chiediamo informazioni.


Ci troviamo di fronte a sindaco ed architetto del nostro Comune, i quali ci spiegano, in italiano – perché quello degli articoli di legge non sembra fatto per essere compreso da un italiano, poco importa il suo livello di istruzione – il senso della legge e degli Indirizzi generali: “essendo la nostra una nuova licenza e quindi una nuova attività all’interno del Comune, sicuramente porterà  un tot di persone in più e sarà fonte di aumento del traffico cittadino. Occorre pertanto realizzare nuovi parcheggi per tale affluenza”. E quindi, chiediamo noi?  “Quindi, a seconda della metratura del locale, sulla base di coefficienti e tabelle riportate nell’art. 25, bisognerà monetizzare al Comune tot parcheggi”. Tutto chiaro. Eravamo quasi contente perché sarebbe stato un valore aggiunto al nostro locale avere dei parcheggi riservati!


Riservati? – replicano con bonarietà – Ma no, ma che riservati”. Ciò che non avevamo colto era un passaggio: i soldi che avremmo dovuto pagare al Comune per la realizzazione di nuovi parcheggi, non sarebbero serviti per costruire dei parcheggi a noi riservati. Questa tassa sarebbe confluita in un fondo mirato alla realizzazione futura di eventuali parcheggi all’interno del territorio comunale. Altro che parcheggi riservati! Beata ingenuità…


Abbandonata l’isola che non c’è, si passa alle dolenti note: secondo le metrature dell’area di somministrazione, in base al calcolo delle famose tabelle, dobbiamo monetizzare al Comune ben 7 parcheggi. Cosa sarà mai? Un parcheggio è all’incirca 12 mq. Cosa potrà mai costare? Qui viene il bello. Ogni parcheggio è ufficialmente calcolato in 26 mq (in quanto bisogna conteggiare, oltre alla misura effettiva dello stesso, anche lo spazio di manovra!) con un costo di 3.016 € cadauno! Calcolatrice alla mano: 7 (parcheggi) x 3.016 € quanto fa? 21.112 €!!! Sarebbero 116 € a mq!!! Restiamo sbigottite anche perché la legge non indica alcun costo al mq. Ergo, ogni Comune applica la propria tariffa, presumibilmente in funzione dell’ubicazione del locale stesso.


Cerchiamo tutto quello che la legge ci consente per diminuire questa cifra per noi (e per il buonsenso) esorbitante. Una soluzione riusciamo a trovarla. La suddetta legge prevede di poter mettere a disposizione uso parcheggio un’area privata della proprietà stessa, diminuendo così l’importo della monetizzazione. Bene! Il nostro locale possiede un cortile. L’idea è semplice: facciamo parcheggiare i futuri clienti in cortile. Inghippo. Eh sì, perché i proprietari dell’immobile, secondo l’art. 21 della solita l.r. 56/1977, possono “computare ai fini dello standard anche le aree private assoggettate all’uso pubblico mediante apposita convenzione”. Tradotto: il cortile della proprietà sarebbe diventato non unicamente il parcheggio riservato al ristorante, bensì un parcheggio pubblico!


Tale convenzione avrebbe potuto essere revocata solo col cessare dell’attività, così venendo meno l’uso pubblico degli spazi a parcheggio. Inutile dire che il proprietario dell’immobile non ha accettato l’assurda proposta. Niente da fare: o paghiamo o ci andiamo a trovare un lavoro da dipendenti.


Inoltre, apprendiamo che questo salatissimo obolo non è rateizzabile o finanziabile. Va versato interamente su un apposito conto corrente e, con la relativa ricevuta, verrà rilasciata la tanto agognata licenza. Meno male che le licenze sono gratis…


Grazie all’obolo-capestro, il finanziamento chiesto alla Regione per arredare il locale non ci basta: abbiamo bisogno di una flessibilità di conto (vedi lo sconfinamento di conto a cui ho fatto cenno nello scorso articolo). I tempi dall’approvazione all’erogazione del finanziamento Regionale sono lunghi e finiamo in un cul-de-sac: i parcheggi vanno pagati, e subito; in caso contrario, niente licenza e senza licenza non avviene l’erogazione dei finanziamenti e quindi non si è in grado di acquistare cucina, bancone, tavoli, sedie. Nulla di nulla. Queste non sono tasse.  Questo è scambiare le persone per degli agrumi da spremitura!».


Mi ripeto, come nel pezzo precedente: che altro aggiungere alle parole di Claudia? 


Nulla. Si commentano da sole e molti ristoratori si riconosceranno in esse.


Non ho detto piccoli imprenditori perché un simile obolo viene pagato unicamente da chi richiede la licenza di somministrazione di alimenti e bevande. Se nella stessa piazzetta ove si affaccia il ristorante vi è, ad esempio, una merceria, quella, quando ha richiesto la licenza, non ha dovuto pagare l’obolo, presumibilmente per ragioni di breve permanenza dei clienti in loco.


Alcune considerazioni conclusive:


·                    la tassa ha una sua logica, condivisibile;

·                    la tassa non è alta, è semplicemente fuori scala, da delirio;

·                    la tassa (ricalcolata con criteri umani) avrebbe una sua logica se i parcheggi venissero realizzati di fronte al ristorante o nei pressi dello stesso. Pensare di utilizzare i 21.112 € delle due ristoratrici per eventuali, futuri parcheggi magari a 5 km dal ristorante, appare come una presa in giro nei confronti del loro lavoro – ancor peggio: un autentico colpo di forza – perché nessun loro cliente posteggerà così lontano. Perché dunque Claudia e Monica devono foraggiare la realizzazione di 7 parcheggi (ammesso che vengano mai predisposti) siti chissà dove rispetto alla loro attività?  


Ci troviamo di fronte ad un Paese letteralmente squinternato dove, pur di creare gettito, si arriverebbe persino a tassare l’ombra prodotta sul suolo dal pancione delle donne incinte.

Andrea Biscàro

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Articolo pubblicato il 02/08/2015