Esporre il Crocifisso in pubblico
Luigi Larizza e Nicola Russo

La Corte dei Diritti dell’Uomo lo ha considerato un valore a universale

In merito al recente fatto di cronaca avvenuto a  Empoli, dove un crocifisso al collo di un giovane italiano ha scatenato l’ira di un passante africano, abbiamo conversato con il giudice di pace Nicola Russo e don Luigi Larizza, componente della Consulta della Presidenza del Consiglio dei Ministri, sensibile al fenomeno dell’immigrazione.

Si parte da lontano, da quella che oggi si sta calpestando, la legge morale universale, che è poi la legge umana che si caratterizza proprio per la sua oggettività. Non è di parte, quindi né di destra, né di sinistra, né di centro e né è soggetta ai grandi poteri. Questa legge che regola la vita dell’uomo e l’umanità coincide con quella del Cristianesimo. Non è un caso che per esempio si dica “Guarda un po’ cosa sta facendo quel cristiano” identificando il termine cristiano con quello di persona. Quindi Cristianesimo significa anche la vita dell’uomo, nel senso ampio della parola. Questo è quello che si è opposto all’infanticidio nel mondo antico, alla schiavitù del paganesimo, ….al nazismo, al comunismo…e che quindi ha difeso le origini della natura umana su cui oggi c’è un malinteso.  

Tornando al crocifisso, la Corte dei Diritti dell’Uomo lo ha considerato un valore addirittura universale, checché se ne dica.

Quindi quando il tizio musulmano o islamico lamenta la presenza del crocifisso ha l’esigenza di tutelare la sua cultura ma deve tenere conto di quello che è la legge universale, la morale universale.

Inoltre come ben si sa, è stato fatto un Concordato tra lo Stato Italiano e la Chiesa, disciplinato dalla legge 121 dell’85, firmata da Bettino Craxi e Sandro Pertini.

Nell’articolo 2, si dice che la Repubblica riconosce alla Chiesa la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale tutelando le altre libertà religiose, e nell’articolo 9 nel secondo comma si legge che la Repubblica Italiana riconosce il valore della cultura religiosa e tiene conto dei principi del Cattolicesimo che fanno parte del patrimonio storico italiano. Ciò vuol dire che lo Stato Italiano con questo accordo che poi ha un carattere internazionale ha riconosciuto i valori del Cattolicesimo quindi quella che è l’identità culturale italiana data proprio dal Cattolicesimo.

Questi valori vengono riportati e applicati anche nell’ambito scolastico, perché sempre nell’art. 9 è scritto che la Repubblica Italiana continuerà ad assicurare nel quadro delle abilità della scuola l’insegnamento della religione cattolica, tutelando le altre libertà religiose e se c’è un soggetto che ritiene di non dover assistere all’ora di religione, lo stato assicura l’ora alternativa.

La stessa Corte Costituzionale, riconosce il Concordato. La sentenza n. 30 del 1971 lo riconosce come un vero diritto, quindi questo accordo ha valenza anche dal punto di vista giuridico e deve essere rispettato dal popolo italiano. Ma la stessa convenzione internazionale, il trattato di Amsterdam recita all’articolo 11 che l’Unione Europea rispetta e non pregiudica lo status previsto nelle legislazioni nazionali, nelle chiese e nelle associazioni e comunità religiose degli stati membri. Quindi contrariamente a quello che si dice, c’è anche una forma di tutela da parte dell’UE per gli status religiosi riconosciuti dalle legislazioni nazionali.

Ebbene, in merito al crocifisso, si sta falsando la storia, per esempio quando viene riferito che l’imposizione nelle scuole o negli enti pubblici è un atto che risale a Mussolini. Questo non è vero perché l’imposizione del crocifisso era stata già disposta nelle scuole pubbliche con la legge Lanza del 1857. Per quanto riguarda gli uffici pubblici c’era stata un’ordinanza ministeriale è c’è tutt’ora, quella dell’11 novembre del ’23 n. 250 che prevede l’apposizione del crocifisso negli uffici pubblici e in particolare in quelli giudiziari.

Quello che si vuole evidenziare è che vi sono 2 regolamenti tutt’ora in vigore che prevedono l’apposizione nelle scuole, l’art. 18 del Regio Decreto n. 965 del ’24 (scuola media) e l’Allegato C del Regio Decreto n. 1297 del ’28 (scuola elementare). C’è anche una circolare ministeriale dell’istruzione, la n. 367 del ’67 che prevede l’obbligo di apporre il crocifisso. Tutto ciò secondo la Corte dei Diritti dell’Uomo, non è stato riportato per il Concordato, che ha parlato sì di libertà di culto ma non ha trattato l’esposizione del crocifisso.

La Corte Costituzionale  ha riferito attualmente con l’ordinanza del 2006 n. 127, che i regolamenti che riguardano l’esposizione dei crocifissi nelle scuole e negli uffici pubblici sono validi. Lo stesso Consiglio di Stato già dal 1988 col parere n. 63, ma poi s’è ripetuto con altri pareri, ha confermato che le norme del Regio Decreto che prevedono l’esposizione non possono essere considerate implicitamente abrogate dalla nuova regolamentazione concordataria sull’insegnamento della religione cattolica (parere n. 63 del 1988).

Sempre per il Consiglio di Stato,  la croce oltre al significato per i credenti, è un valore universale indipendentemente da specifica confessione religiosa e le norme citate sono preesistenti i Patti Lateranensi e non si sono mai posti in contrasto con questi ultimi. Occorre anche poi considerare la Costituzione Repubblicana che pur assicurando pari libertà a tutte le convinzioni religiose non prescrive alcun divieto alla esposizione nei pubblici uffici di un simbolo come il crocifisso perché per i principi che evoca fa parte del patrimonio storico.

Anche lo stesso decreto legislativo 297 del ’94, art. 107 non ha abrogato quei due regolamenti, che rimangono tutt’ora validi e vanno applicati obbligatoriamente dalle istituzioni scolastiche e dagli enti pubblici. Poi ci sono stati altri pareri del Consiglio di Stato, come quello ulteriore del 15 febbraio 2006  che riconferma che il crocifisso costituisce anche un simbolo storico e culturale che rappresenta un segno di identificazione nazionale: esso rappresenta insieme ad altre forme di vita collettiva di pensiero, uno dei percorsi di formazione del nostro paese e in generale di gran parte dell’Europa, la cui cristianità e il cui cattolicesimo non possono essere cancellati innanzitutto come dato sociologico.

Va poi ricordato il principio di laicità al quale il Cristianesimo si accompagna come elemento di integrazione, di sviluppo e non certo di contrapposizione né tanto meno di discriminazione. Inoltre l’esposizione del crocifisso non  minaccia la libertà religiosa d’insegnamento, in quanto non incide sul programma scolastico o sulla libertà di insegnamento. La Corte dei Diritti dell’Uomo,  con la sentenza del 2011 del 18 marzo riconferma queste ultime cose in seguito ad un ricorso di un islamico per un crocifisso in aula, precisando che non può essere un soggetto a sindacare quella che è la cultura di un popolo.

In conclusione si ricorda la legge italiana n. 12 del 2006 che all’art. 1 recita che il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Governo  devono promuovere gli adempimenti di competenza governativa conseguenti alle pronunce della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo emanate nei confronti dello Stato Italiano, comunicando tempestivamente alle Camere le medesime pronunce, ciò che purtroppo non è avvenuto fino adesso.

Non solo ma c’è di più, per la Presidente della Camera bisogna insegnare nelle scuole l’Islamismo e così via. Quindi questa legge italiana impone che le sentenze della grande camera della Corte dei Diritti dell’Uomo, devono essere attuate nello Stato considerato e quindi è compito delle camere e quindi delle commissioni parlamentari di relazionare e di dare esecuzione a queste sentenze. Purtroppo ciò, nel nostro paese,  è stato ignorato completamente.

Quindi in definitiva, il crocifisso è legittimo per la Corte dei Diritti dell’Uomo, mentre ci troviamo paradossalmente e drammaticamente di fronte alla obiezione della Camera che rema contro questo riconoscimento, che al contrario dovrebbe tutelare e promuovere.

 

 

 

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Articolo pubblicato il 13/11/2015