Elezioni amministrative: Il suicidio politico del centro destra

A Torino la situazione più sconcertante

Da mesi procede, con passo incerto il tormentone delle candidature per le prossime elezioni amministrative. Nel centrodestra il panorama rimane nebuloso e si fa fatica a capire il senso di alcune decisioni, che sembrano paradossalmente fatte apposta per avvantaggiare gli avversari. 

Quella di Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega sembra una perfetta strategia per perdere, facendo finta di voler vincere.

 Nelle due principali città chiamate alle urne (Milano e Roma), dopo un’estenuante melina, la coalizione di Berlusconi, Meloni e Salvini ha scelto due tecnici, ma le due situazioni sono profondamente diverse.

A Milano il manager Stefano Parisi ha una popolarità di gran lunga inferiore a quella di Giuseppe Sala, designato dal “popolo delle primarie” candidato sindaco del centrosinistra. “Mister Expo” può, infatti, godere, in termini di immagine, dell’effetto trascinamento indotto dalla kermesse internazionale conclusasi il 31 ottobre, che lo ha visto sempre in prima fila nella delicata gestione di quel mega-evento.

 Ma a Roma il centrodestra rischia ancora di più, e cioè l’esclusione dal probabile ballottaggio. La discesa in campo di Guido Bertolaso, dall’immagine un po’ appannata (è fuori dalla politica da cinque anni, durante i quali si è occupato di volontariato in Africa ed ha avuto problemi giudiziari, peraltro ancora pendenti, in particolare per quanto riguarda i processi sul G8 della Maddalena e “Grandi Rischi bis” a L’Aquila), potrebbe spianare la strada a un ballottaggio tra il candidato del centrosinistra, che verrà scelto il primo week-end di marzo con le primarie, e il candidato del Movimento Cinque Stelle.

I consensi del centrodestra, già in partenza, si potrebbero disperdere in tre direzioni: Bertolaso, Storace, Marchini. Non si arriverà a tanto, perché Il colpo di scena si è  consumato nei giorni scorsi, quando Matteo Salvini ha bocciato senza appello la candidatura di Bertolaso, scatenando le ire di Meloni e Berlusconi. Così, il tavolo romano che avrebbe dovuto riunirsi martedì anche per definire il caso Torino, è saltato e non si formulano previsioni.

Ma ,mentre altrove i candidati, almeno potenziali esistono, a Torino stiamo rasentando il ridicolo.

Sin dall’autunno acuti osservatori avevano preconizzato la possibilità per il Centro destra, di arrivare al ballottaggio, con un candidato autorevole proveniente dalla società civile. Le speranze poggiavano sulla presenza di ben due liste a sinistra del PD che, considerando Piero Fassino un renziano, intendono sbarragli il passo e fargli mancare il sostegno, dimenticando che da 24 anni, i loro esponenti sono attovagliati con appetiti crescenti alla tavola dei sindaci PD.

Altro motivo  molto probabile deriva dalla pessima gestione della Sanità condotta dalla giunta Chiamparino. Il peggioramento dei servizi, la chiusura di strutture e l’aumento delle code,  non è certo favorevole a far confluire nuova linfa al PD.

Le vicende che si sono succedute sono ormai note. Scende in campo il notaio Morano, svolgendo una lucida analisi del degrado di Torino, ma Berlusconi non si degna neppure di conoscerlo. Alcuni notabili, provenienti dell’affarismo di Comunione e Liberazione ed esponenti storici del centro destra ormai lontani dalla stanza dei bottoni,  capeggiati da Enzo Ghigo e Michele Vietti, si prostrano e giurano appoggio e fedeltà a Piero Fassino, equamente divisi in una lista civica o sotto l’ombrello capace dei Moderati, prima ancora di conoscere gli esiti delle designazioni romane e delle improbabile fortuna del centrodestra.

Berlusconi, essendosi aggiudicato Torino, nella gara spartitoria con gli alleati, designa Osvaldo Napoli, un ex deputato di 72 anni, attuale sindaco di Valgioie, senza neppure tastare il polso ai suoi supporters di Torino.

Il Partito si spacca e scende in campo il consigliere regionale Gianluca Vignale che pretende d’indire le primarie in contrasto con le decisioni partorite dal tavolo romano che non sono minimamente espressione della città. Al che, dopo che in Forza Italia, si ammorbidiscono i primi ostracismi contro Vignale, piomba il silenzio.

Tutto tace e con un motivo ormai stantio al quale nessuno più crede, si ripropone la candidatura di Napoli. L’ultima bordata Berlusconiana è apparsa in un proclama aulico, grondante di retorica nel quale s’invitano i coordinatori regionali ad inserire nelle liste candidature forti, con curricula significativi ed espressione della società civile.

Intanto alcuni esponenti del Centro destra, capeggiati da Angelo Burzi, sostengono, bontà loro di non schierarsi con Fassino, in attesa della favorevole conclusione delle intese romane e di un candidato credibile del centrodestra in alternativa al “sistema Torino” di triste memoria

Mentre si consuma questo rito stantio e avulso rispetto ai problemi che devono affrontare i torinesi, si discute di teste e non di programmi e il tempo scorre.

Fassino si organizza e viene, al riparo dai riflettori, contattato da autorevoli esponenti della società civile, per capire quale priorità intenderà affrontare. Chiara Appendino, sindaca designata dal M5S, fa altrettanto, così, a rispettosa distanza, per contenuti e peso specifico, stanno facendo i due esponenti dell’ultra sinistra e Roberto Rosso per i centristi che stanno perdendo sostenitori, abbagliati dalle promesse di Fassino.

Chi sta pensando ai torinesi che non si riconoscono negli sfaceli compiuti dalla sinistra in questi anni? Mistero.

Se poi , qualora si addivenisse alla presentazione di un designato da parte del centrodestra, l’altra partita bollente sarà rappresentata dalla liste dei candidati al consiglio comunale. Forza Italia è divisa all’interno, come pure i FdI. Per non parlare della Lega Nord ove, oltre alle inevitabili ripercussioni del lacerante congresso nazionale che si è svolto domenica, pesa il diktat di Mattero Salvini nei confronti dei due consiglieri uscenti. Quale sarà il prossimo scenario?

Viene quindi il sospetto che il centrodestra voglia apparentemente dare battaglia al centrosinistra, ma in realtà abbia scelto di perdere, per non danneggiare Renzi. In questo momento per il centrodestra una caduta del governo sarebbe una sciagura.

Il rischio di elezioni anticipate sarebbe dietro l’angolo e al ballottaggio con l’Italicum arriverebbero di sicuro il centrosinistra e i grillini. Per Berlusconi suonerebbe la marginalizzazione politica definitiva. E allora meglio, per lui, e per molti dei suoi, continuare a giocare di sponda con l’esecutivo, facendo finta di contrastarlo. E alle amministrative è preferibile far vincere i candidati renziani, evitando al premier il “processo” che certamente l’opposizione dem non vede l’ora di fargli per togliergli la segreteria del partito e, se possibile, anche Palazzo Chigi.

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Articolo pubblicato il 20/02/2016