Giugno Stra-Kult: "Punto Zero"

Straordinario film "On the road" divenuto un cult correndo sulla scia di "Easy Rider"

Cambiando la formula de "I dimenticati" degli ultimi mesi, passiamo per questo Giugno a parlare di alcuni film di culto per la scorsa generazione che sono però (nella gioia e nel dolore) ancora attualissimi in quanto a problemi e tematiche affrontate per i nuovi figli della next-generation che vanno al cinema ai giorni nostri.

Come film "manifesto" di libertà d'espressione non potevamo scegliere esempio migliore di questo "Punto zero", on-the-road post "Easy Rider" divenuto ormai cult per la regia di Richard C. Sarafian, film idolatrato da registi come Spielberg e Tarantino che ha ormai quasi 50 anni sulle spalle e (come tutti i film culto) sembra non avvertirli minamente.


Sarafian era non solo un regista di classe, ma anche un ottimo attore caratterista apparso in diversi film come "Bound", esordio cinematografico dei fratelli Wachowski; oppure "Bugsy" di Barry Levinson, biografia romanzata di "Bugsy Siegel", criminale ormai leggendario a cui per primo venne l'idea di costruire la città di Las Vegas.

Punto Zero è un sogno ad occhi aperti su quello che l'America avrebbe davvero da offrire al mondo, oltre al suo imbarazzante colonialismo militare/industriale e la sua democrazia "esportata" a forza di truppe di Marines e McDonalds in giro per il mondo.


Incarnando tutta la forza della gioia di vivere e lo spirito libero della comunità hippie post-Woodstock degli anni '70, il vero protagonista di questo film è la "Dodge Challenger R/T" che sfreccia libera come una saetta bianca per le strade ed i deserti del Sud-Ovest americano.

Alla sua guida c'è l'intrepido e spavaldo Kowalski (nome di battesimo sconosciuto) "ultimo eroe americano" incarnato dallo sguardo simpatico e strafatto di benzedrina di Barry Newman.


Partendo dal Colorado, il film si snoda attreverso lo Utah e il Nevada per poi approdare in California; sempre con le forze dell'ordine alle calcagna senza tregua del nostro protagonista, incaricato di consegnare la preziosa Dodge a San Francisco entro due giorni.

Ma diamo uno sguardo più da vicino ai punti forti che rendono "Punto Zero" un film davvero unico e inimitabile.


L'AMERICA MIGLIORE DELLE FREEWAYS E GLI EMARGINATI
Ben lontano dalle pellicole grondanti patriottismo forzato da ogni orifizio ad ogni costo, il film è costellato di una serie di inquadrature da cartolina letteralmente mozzafiato in grado di farci letteralmente impazzire d'amore per gli Stati Uniti D'America.

Scenari bellissimi dove il regista immortala delle sequenze d'inseguimento spettacolari, lungo le strade e i passaggi a livello dei più rustici e misconosciuti paesini di frontiera alle infinite distese desertiche dove il protagonista si prende lunghe pause quasi "messianiche", incontrando personaggi ai margini della società che lo aiutano senza remore nella sua folle corsa verso San Francisco.


Da un simpatico vecchietto "cacciatore di serpenti" a un'allampata coppia di gay che tentano di rapinarlo, passando anche per una comunità di esaltati religiosi a una coppia al confine della California formata da un'incantevole nudista e il suo ragazzo motociclista, anima libera a cavallo di un chopper alla "Capitan America" del famoso "Easy rider".

Come poi ci proporrà 10 anni più tardi Walter Hill ne "I guerrieri della notte" (altro cult imperdibile) il lungo viaggio del protagonista è intercalato dalle intromissioni radiofoniche di un deejay, "Super-Anima", conduttore della stazione "K.O.W." (successivamente ribattezzata in K.O.W."alsky" in onore del eroe) il quale funge da guida e mentore al protagonista per tutta la durata del film.


Aiuto che ovviamente non resterà impunito, attirando le ire di una combriccola di cowboy bianchi che linciano senza pietà il povero deejay di colore.

Un ecosistema di personaggi "outsider" perfettamente in linea con la corsa della Dodge attraverso le strade più desolate e fuorimano degli states, scrivendo con le sue sgommate sull'asfalto l'ultima impresa del "perdente per definizione" ex-pilota ed ex-poliziotto Kowalski.


A TUTTO GAS CON IL ROCK & ROLL ANNI '70
A scandire il ritmo della lunghissima scampagnata di Kowalski da Denver a San Francisco, Sarafian sceglie una scoppiettante colonna sonora tutta rock come il precedente on-the-road (ripetiamo ancora, vista l'evidente ispirazione) che era stato "Easy Rider" solo 2 anni prima.

Ad esempio il gruppo pop "Delaney, Bonnie & Friends" recitarono nel ruolo di una music band cristiana, con tanto di Eric Clapton a strimpellare forsennatamente la sua chitarra.


Kim Carnes, cantautrice ancora lontana dal successo della sua futura "Bette Davis Eyes", scrisse i suoi primi pezzi proprio per questo film, compreso "Sing Out for Jesus", cantato però da Big Mama Thornton.

Non mancano poi altri pezzi più conosciuti come la divina "Mississippi Queen" dei Mountain oppure "Welcome to Nevada" di Jerry Reed; entusiasticamente passati alla radio "K.O.W." tra un incitamento e l'altro a proseguire la sua corsa dal suo amico deejay Super-Anima.


Deejay anarchico e rivoluzionario indigesto al sistema, figura al quale è poi ovviamente ispirata anche la canzone "Super Soul Theme", altro bellissimo brano country-rock musicato dai "The J.B. Pickers".


UN EROE CHE PARLA COL SUO MOTORE
Quasi completamente muto per gran parte del film, Kowalski non è tuttavia un personaggio senza background o personalità.

Attraverso pochi ma efficacissimi flashback, riusciamo infatti a capire il suo passato se non anche il perchè consideri forse questo suo viaggio come "l'ultima cavalcata verso l'orizzonte" della sua vita.


Una vita della quale si è ormai giocato ogni possibilità, come ex-corridore di auto e motociclette ritiratosi in seguito a due gravi incidenti; prima ancora che come ex-poliziotto disgustato dalla corruzione e l'amoralità dei suoi colleghi.

Intravediamo anche un passato romantico con una dolce bionda tragicamente portata via dalle onde durante una giornata di surf, fantasma di amore ed innocenza che rivede perpetuamente in alcune delle donne che incontra lungo la sua strada.

Ma pur essendo senza volerlo un eroe, Kowalski non è un uomo spietato e crudele; anzi quando un poliziotto in motocicletta e un altro soggetto che lo aveva "sfidato" ad una gara di velocità finiscono fuori strada, l'uomo si ferma per accertarsi che siano usciti indenni dagli incidenti.

Un eroe che non dorme mai, tenuto su dalla sua fidata benzedrina e dall'amore per la velocità della sua auto; moderno destriero d'acciaio su cui il valente cavaliere sfugge senza remore ai suoi implacabili inseguitori dalla parte della legge e dell'ordine; pur riconoscendo essi stessi che alla fine il nostro non ha violato alcuna legge se non quella di "eccesso di velocità" e "resistenza all'arresto".


Una crociata inutile quindi contro l'ultimo uomo libero americano, colpevole soltanto di amare scorrazzare a tutto gas lungo i meravigliosi panorami delle valli ed i deserti statunitensi.


SPERO DI AVERVI CONSIGLIATO BENE ANCORA OGGI, COME PROVO A FARE TUTTE LE DOMENICHE, RIGUARDO A UN FILM STRA-AMATO E STRA-CITATO DA REGISTI COME TARANTINO NEL SUO "DEATH PROOF" O POCHI ANNI DOPO DA SPIELBERG NEL SUO MAGNIFICO "DUEL", VERSIONE IN CHIAVE "THRILLER PSICOLOGICO" DI QUESTO FILM DI CHI VI HO PARLATO OGGI. UN FILM COME GIA' DETTO PIENO DI LIBERTA' E L'ANIMA "VERA" CHE CI HA SEMPRE AFFASCINATO DEGLI STATI UNITI, ANZICHE' IL BECERO PATRIOTTISMO A STELLE E STRISCIE PROPAGANDATO DA ALTRI REGISTI PER UN AMERICA "BELLA E BUONA" A CUI SINCERAMENTE ORMAI NON CREDE PIU' NESSUNO.

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Articolo pubblicato il 05/06/2016