Sciacalli reali, sciacalli edili e sciacalli politici.

Chi prova a guadagnarci dal terribile terremoto.

Gli sciacalli sono predatori di piccoli animali e, soprattutto, mangiatori di carogne.
Sono animali notturni, attivi prevalentemente all'alba e al tramonto.

Proprio per questa sua abitudine di cibarsi di animali morti, nel gergo, lo sciacallo è colui che, approfittando di una situazione di crisi-emergenza, trae profitto dalla stessa.
Il termine viene spesso utilizzato durante le fasi di calamità naturale quando questi esseri- perché definirli persone sarebbe eccessivo-  approfittando dello stato d’abbandono delle abitazioni, si aggirano furtivamente tra i calcinacci e ciò che resta delle costruzioni, arraffando beni e valori appartenuti fin poche ore prima ai legittimi proprietari.
Ad Arquata del Tronto e nei paraggi si sonno verificati i primi casi di sciacallaggio:  tre persone, tra cui un nomade, han forzato il divieto d’accesso posto dalle Forze dell’Ordine ai centri d’abitazione sfollati, provando a far man bassa di ciò che gli capitava a tiro.
Sono stati fermati e portati a giudizio.
Lo sciacallo, proprio per questo suo agire  in concomitanza con le disgrazie altrui, è quanto mai osteggiato dalla popolazione, e non sono rari i casi in cui alcuni farabutti, beccati mentre erano intenti a scavare tra le macerie, sono stati linciati dai presenti.

Tuttavia sarebbe riduttivo limitarsi a questa categoria di sciacalli: ce ne sono almeno altri due tipi, da cui, nelle prossime ore, sarà bene tenersi a giusta distanza: si tratta di esemplari meno appariscenti ma non per questo meno pericolosi. Sono più discreti ma muovono somme di denaro ben più elevate.

Abbiamo la sciacallo edile e lo sciacallo politico.
Il primo fa la sua comparsa nei periodi seguenti la catastrofe, quando, dopo la commozione e il cordoglio, spunta  l’urgenza di ricostruire le aree terremotate.
Lo sciacallo edile prova l’acquolina in bocca nel vedere le immagini di edifici distrutti e si nutre procacciando il maggior numero di appalti.
Come non ricordare la triste vicenda della ricostruzione dell’Aquila, dove l’imprenditore Carmelo Virga fu intercettato mentre rideva beato all’idea del lavoro che “ci sarebbe stato per i prossimi dieci anni”, spronando i colleghi a darsi una mossa prima che sull’affare si gettassero altre ditte concorrenti.

O il caso di Carlo Strassil, imprenditore che riuscì a vincere un appalto da 600 000 euro per la costruzione di una scuola il cui progetto, venne scoperto in seguito, fu lo stesso Strassil a ideare: un lavoro, secondo l’accusa, costato svariate volte più del dovuto, e finalizzato a far guadagnare la stessa ditta dell’imprenditore.

Lo sciacallo politico, infine, è quello che attraverso sparate per mezzo stampa e polemiche gratuite cerca in qualche modo di aumentare il proprio consenso.
Come al solito i nostri rappresentanti han dato anche questa volta un’ottima prova di quest’arte.
Prendiamo Giorgia Meloni, che porta avanti l’idea di devolvere il Jackpot del Superenalotto alla popolazione colpita dal terremoto.
Un’idea irrealizzabile, senza alcun senso, che però trova terreno fertile tra la gente “incazzata” e poco interessata ad approfondire la questione: 160 milioni da girare alla ricostruzione degli edifici e via.
Peccato che il SuperEnalotto sia un gioco di proprietà della Sisal, società privata da metà anni ’90 che non naviga neppure in buone acque.
Come se il governo obbligasse FCA a destinare il suo utile per ricostruire i paesi colpiti.
Surreale.

Altra polemica dal retrogusto amaro e vagamente razzista la cavalca il leader della Lega, Salvini, deciso a rilanciare una dichiarazione di Padre Cesare che afferma “Mettiamo gli sfollati nelle strutture e i migranti nelle tende”. La relazione tra la catastrofe e i migranti non si trova, la voglia di ottenere facile consenso, invece, c’è sempre.

Un altro leader che vede in questa situazione come un possibile rilancio è senz’altro Matteo Renzi: il Primo Ministro, dopo mesi di caduta libera tra gli indici di gradimento, decide di giocarsi tutte le sue carte attraverso ciò che gli riesce meglio: protagonismo e dichiarazioni roboanti.
Abbraccia con grande teatralità gli sfollati, e crea con la consueta prosopopea “Casa Italia”, ente in grado di mobilitare fondi pubblici e privati per la ricostruzione delle quattro regioni colpite.
Non si dimentica di citare Bergoglio, Renzi.
E’ ben conscio che la vittoria al referendum di ottobre passa, macabramente, anche da qui.

 

 

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Articolo pubblicato il 27/08/2016