La crisi infinita della Spagna, Rajoy verso una quasi certa bocciatura.

Il Paese rischia di doversi recare alle urne per la terza volta in un anno.

MADRID - Continua a essere lontana l'uscita dalla crisi politica infinita spagnola che ha lasciato il Paese senza un nuovo governo, dopo le politiche del 20 dicembre scorso, per i veti incrociati dei suoi leader politici. Il premier uscente e incaricato Mariano Rajoy si presenta oggi davanti al parlamento per un tentativo di investitura che con ogni probabilità si concluderà con una bocciatura. Il Paese rischia di tornare alle urne per la terza volta in un anno il 25 dicembre.

Eppure Rajoy è riuscito a riunire sul suo nome i voti di 170 deputati su 350, con il patto di investitura siglato con Ciudadanos (32 seggi) e Coalicion Canaria (1). Nel primo voto di investitura avrà l'appoggio di 33 onorevoli oltre ai 137 del Pp. Ma per arrivare alla maggioranza assoluta (176) ne mancano sei, che al momento sembra impossibile trovare. Podemos (71 deputati) e i 24 nazionalisti e indipendentisti baschi e catalani hanno annunciato il loro 'no'.

Il leader popolare ha fatto oggi un ultimo tentativo per spostare gli 85 socialisti dal 'no' all'astensione, in nome della governabilità del Paese, come auspicato da diversi 'baroni' Psoe come gli ex-premier Felipe Gonzalez e José Luis Zapatero. Ma il colloquio con Pedro Sanchez è andato a vuoto: il segretario socialista ha confermato il granitico 'no' al governo minoritario popolare che vuole formare Rajoy. "Siamo in una situazione eccezionale, sbloccarla non significa appoggiarmi ma semplicemente permettere al Paese di avere un governo" ha detto Rajoy al leader socialista. Senza successo.

Il primo voto del Congresso, quasi certamente negativo, farà scattare l'orologio verso le nuove elezioni. Se il 2 novembre la Spagna non avrà un nuovo premier il Paese voterà di nuovo (per la terza volta dopo il 20 dicembre e il 26 giugno) il giorno di Natale. Con il rischio, oltre che di una figuraccia internazionale e di una nuova spinta all'antipolitica, che il risultato sia per la terza volta quasi lo stesso.

Ma per il giovane leader socialista, la partita in corso mette in gioco la sua sopravvivenza politica. Sanchez ha già firmato, in dicembre e giugno, i due peggiori risultati elettori storici del suo partito. All'interno è minacciato dalla andalusa Susana Diaz, che potrebbe sostituirlo al congresso di ottobre, sulla sinistra da Podemos. Il suo margine di manovra appare molto limitato.

Le cose potrebbero cambiare però, secondo alcuni analisti, dopo le elezioni basche e galiziane del 25 settembre, che potrebbero segnare una nuova sconfitta dei socialisti, indebolendo ulteriormente Sanchez, e lasciare le mani più libere ai nazionalisti baschi del Pnv, ideologicamente non lontani da Rajoy, che potrebbe ritentare di presentarsi all'investitura in ottobre.

Il leader del Pp ha ribadito che intende battersi fino in fondo, "perché la Spagna ha bisogno di un governo": se si tornerà alle urne spera di fare pagare ai socialisti il prezzo politico della paralisi del Paese e del nuovo voto.

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Articolo pubblicato il 31/08/2016