L' Avvocato del diavolo

Vizi privati e pubbliche virtù italiche

In Italia pensioni o tensioni? ( absit iniuria verbis sui vitalizi)

In questi momenti si parla spesso delle condizioni dei pensionati che percepiscono la pensione minima in Italia, che è di circa 500 euro al mese, una cifra che non è adeguata a mantenere una singola persona fino alla fine del mese, e che equivale a nemmeno 17euro/ giorno.

Considerando il fatto che le pensioni minime non vengono aumentate da almeno 15 anni, mentre anche tutte le altre hanno subito un congelamento per l' inflazione bassa e per le leggi di stabilità, speciamente negli ultimi anni, è facile rilevare che i pensionati cosiddetti “ al minimo” in Italia vengono sistematicamente ignorati dai governi e che, probabilmente, si devono affidare alla cura parentale – per chi non è solo - per affrontare qualsiasi nuova ed improvvisa evenienza che possa sopraggiungere nel corso della tarda età, oltre al loro decente mantenimento consistente nel mero vitto ed alloggio.

Ultimamente si sente parlare spesso delle decisioni che dovrebbe prendere il governo in merito ai pensionati “ al minimo”, per le pensioni sociali ancora inferiori ( 448 euro/mese) e per circa 30.000 esodati, ma soltanto a sentire parlare di vitalizi tutti gli esponenti politici si ritraggono – sdegnati – perchè eventuali provvedimenti in merito li svantaggerebbe, come lo sarebbe il pollo che si mette da solo nella casseruola.

Uno dei refrain più è scontati e detestabili dall' Avvocato del diavolo è quello degli 80 euro/ mese, cifra che viene tirata in ballo - anche per le pensioni minime - ogni volta che bisogna mettere la mano in saccoccia per tirare fuori qualche spicciolo per aiutare alle fasce più povere della società, come quando sono stati dati 80 euro ai lavoratori che guadagnano sino a 1500 euro/mese. Ma questi famosi e ricorrenti 80 euro come, perchè e da chi sono stati definiti nella loro essenza?

In questo periodo, tuttavia, il governo si è deciso a mettere mano alle pensioni nel loro complesso, e le indiscrezioni più accreditate dicono che le pensioni minime verranno aumentate di "ben" 400 euro all' anno ( erano addirittura meglio gli 80 euro/mese, nonostante tutto).

Per le altre pensioni, si potrà andare in quiescenza con 63 anni d' età (* Per l' età di pensionamento vedere il rapporto in calce alla pagina), cioè per lavoratori che ne facciano richiesta, ai quali mancano tre anni e sette mesi alla pensione di vecchiaia, pagando una mini rata ventennale oscillante tra 50 e 60 euro/ mese per ogni anno di anticipo rispetto alla data del pensionamento canonica, a partire dal 1° gennaio 2017. L' accordo dovrebbe essere firmato il 21 settembre 2016.

Tornando ai soliti provvedimenti governativi che cadono " a pioggia", l' Avvocato del diavolo è portato a pensare che la cifra di 80 euro/mese è rimasta impressa nelle testa di chi ci governa quale imprescindibile reminiscenza giovanile, quando le 160.000 lire al mese circa, oggi 80 euro/mese, era la “ paghetta “ che la mamma gli dava ogni mese per pagarsi le sigarette, in quanto non ci sono motivi razionali – nonché spiegati a noi comuni mortali - per riproporre in ogni occasione questo discorso. Insomma, il solito infantilismo politico che non ci pone certo tra i Paesi con la legislazione sociale più avanzata, come nei Paesi del Nord Europa.

Confrontando l’importo delle pensioni medie erogate da Italia e Germania, i numeri denotano non poche differenze di trattamento tra i due Paesi presi ad esempio. In base a un rapporto INPS-ISTAT 2010, in Italia il 45,4% dei pensionati prende meno di mille euro al mese (1/10 meno di 500 euro). Secondo i dati 2011, la pensione tedesca  media è pari a 1.236 euro. In generale, secondo il rapporto Mercer 2014 il sistema pensionistico italiano è al 19esimo posto su una classifica a 25, quello tedesco è 11esimo. I due Paesi hanno risultati simili in termini di adeguatezza dei trattamenti ma il fattore che penalizza l’Italia è la sostenibilità del sistema.

(*) Dal rapporto sulle pensioni “ Documentazioni e ricerche” della Camera dei deputati del 20 luglio 2015, la situazione pensionistica per età e categorie in Italia è la seguente:

Lavoratori di sesso maschile del settore privato, lavoratori autonomi e para-subordinati: 66 anni e 3 mesi; Dipendenti pubblici (uomini e donne): 66 anni e 3 mesi; Lavoratrici del settore privato: 63 anni e 9 mesi; Lavoratrici autonome e para-subordinate: 64 anni e 9 mesi. 65 anni e 3 mesi per la concessione dell'assegno sociale . Il pensionamento viene gradualmente aumentato anche in base all'aumento della speranza di vita.

A partire dal gennaio 2021, l'età pensionabile non può essere inferiore a 67 anni (69 anni 9 mesi entro il 2050. Dal 1° gennaio 2016 si applicano i nuovi requisiti di accesso ai trattamenti pensionistici, adeguati anche all’incremento della speranza di vita (che, come disposto dal D.M. 16.12.2014, per il 2016 è pari a 4 mesi). Quindi, dal 1° gennaio 2016 si passerà: per le lavoratrici del settore privato, da 63 anni e 9 mesi a 65 anni e 7 mesi (fino al 31 dicembre 2017); per le lavoratrici autonome e para-subordinate, da 64 anni e 9 mesi a 66 anni e 1 mese (fino al 31 dicembre 2017); per i lavoratori di sesso maschile del settore privato, i lavoratori autonomi e para-subordinati, da 66 anni e 3 mesi a 66 anni e 7 mesi (fino al 31 dicembre 2018); per i dipendenti pubblici (uomini e donne), da 66 anni e 3 mesi a 66 anni e 7 mesi (fino al 31 dicembre 2018).

Sul punto, si precisa che, al fine di conseguire una convergenza verso un requisito uniforme per l’accesso al diritto al trattamento pensionistico, da gennaio 2012 la pensione di anzianità è stata sostituita dalla pensione di vecchiaia anticipata (pensione anticipata). Sulla base delle nuove disposizioni, l'accesso al suddetto trattamento pensionistico è consentito esclusivamente qualora risulti maturata un'anzianità contributiva (tenendo conto degli incrementi legati all'aumento dell'aspettativa di vita) di 42 anni e 6 mesi per gli uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne.

Per i soggetti che accedono alla pensione anticipata ad un’età inferiore a 62 anni si applica, sulla quota di trattamento pensionistico relativa al calcolo retributivo relativo alle anzianità contributive maturate al 31 dicembre 2011, una riduzione pari ad un punto percentuale per ogni anno di anticipo nell’accesso alla pensione rispetto all’età di 62 anni fino a 60 anni; tale percentuale annua è elevata a due punti percentuali per ogni anno ulteriore di anticipo rispetto ai 60 anni. Si ricorda che, con effetto sui trattamenti pensionistici decorrenti dal 1° gennaio 2015, le suddette penalizzazioni non trovano applicazione limitatamente ai soggetti che maturano il previsto requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017.

Le persone assicurate prima del 1° gennaio 1996 che hanno maturato una assicurazione di lavoro di almeno 20 anni, possono andare in pensione all'età di 63 anni e 3 mesi a condizione che l'importo della pensione sia almeno pari a 2,8 volte l'assegno sociale (448,52 € nel 2015). Dal gennaio 2012 le differenze fra uomini e donne nel settore privato e quelle fra lavoratori dipendenti e autonomi saranno progressivamente eliminate, con meccanismi che porteranno alla completa equiparazione a partire dal 1° gennaio 2018 (ex articolo 24, comma 6, del D.L. 201/2011).

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Articolo pubblicato il 18/09/2016