Canton Ticino, vince il sì al referendum contro i frontalieri

Consultazione promossa da «Prima i Nostri»: priorità ai residenti per l'accesso al mercato del lavoro. Necessaria una modifica della Costituzione, ma l'ultima parola spetta al parlamento di Berna. L'Ue avverte la Svizzera: «La libertà di circolazione dei lavoratori è fondamentale»

Il Canton Ticino ha detto sì ai limiti per i lavoratori frontalieri, provocando l'ira dell'Italia e un avvertimento dall'Unione europea. 

Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha paventato conseguenze nei rapporti tra l'Ue e la Svizzera, se il diritto alla libera circolazione delle persone in futuro non dovesse essere rispettato. E il portavoce della Commissione, Margaritis Schinas, dopo aver ricordato come «il presidente Juncker abbia più volte chiarito che le quattro libertà fondamentali del mercato unico sono inseparabili, cosa che nel contesto svizzero significa che la libertà di circolazione dei lavoratori è fondamentale», ha sottolineato che l'esito della consultazione in Ticino «non renderà più facili i negoziati» già in corso, per affrontare le conseguenze del referendum nazionale che nel 2014 ha chiesto limiti all'ingresso dei lavoratori europei. 

MISURA CONTRO GLI ITALIANI.
Gli elettori del Cantone hanno approvato a larga maggioranza l'iniziativa popolare «Prima i nostri», per frenare il flusso degli oltre 60 mila frontalieri italiani che ogni giorno attraversano il confine per recarsi a lavorare in Ticino. Al termine di un'accesa campagna, condotta all'ombra di manifesti con una mela rossocrociata, il referendum è stato approvato dai ticinesi con più del 58% di voti favorevoli.

REFERENDUM PROMOSSO DALLA DESTRA.
Il testo, promosso dal partito di destra Udc e sostenuto dalla Lega dei Ticinesi, punta a modificare la Costituzione per introdurre la «preferenza indigena» al momento dell'assunzione, chiedendo alle autorità del Cantone di garantire che sul mercato del lavoro ticinese «venga privilegiato a pari qualifiche professionali chi vive sul territorio».

MESSAGGIO POLITICO AL GOVERNO FEDERALE.
Il risultato delle urne non giunge a sorpresa. Per molti aspetti, il testo approvato ricorda infatti l'iniziativa, questa volta nazionale e intitolata «Contro l'immigrazione di massa», approvata il 9 febbraio 2014 dalla maggioranza degli svizzeri con il 50,3% dei voti: in Ticino aveva incassato il 68,2 % di sì. Date le difficoltà del governo svizzero a trovare un compromesso interno e con l'Unione europea in materia, quel referendum non è stato ancora applicato. Ma per i promotori di «Prima i nostri», che parlano di «vittoria storica», il trionfo rappresenta un chiaro messaggio al governo e al parlamento federali. «I ticinesi», ha detto il presidente della sezione ticinese dell'Udc, Piero Marchesi, citato dalla Radio della Svizzera italiana, «non vogliono farsi intimorire dall'Unione europea».

A DECIDERE SARÀ BERNA.
Prima di essere resa effettiva, la modifica costituzionale approvata in Ticino dovrà essere avallata dall'Assemblea federale di Berna, a cui spetta valutare la sua conformità al diritto nazionale. Prendendo atto della vittoria dell'iniziativa, il Consiglio di Stato ticinese - l'esecutivo cantonale che aveva proposto un controprogetto bocciato dalle urne - ha ricordato i problemi di applicazione di «Prima i nostri», ma ha annunciato che verrà «costituito un gruppo di lavoro per elaborare un testo di legge che applichi il nuovo articolo costituzionale».


L'Italia reagisce e Maroni annuncia «contromisure»
Immediate le reazioni in Italia e in particolare in Lombardia. Il presidente della Regione, Roberto Maroni, ha annunciato che a partire da lunedì 26 settembre la Regione «predisporrà le adeguate contromisure per difendere i diritti dei nostri concittadini lavoratori». Il segretario regionale Pd Alessandro Alfieri ha invece puntato il dito contro l'amicizia fra il Carroccio e la Lega dei Ticinesi, mentre l'europarlamentare Lara Comi di Forza Italia ha annunciato di aver scritto alla commissaria Ue Marianne Thyssem per chiedere di «poter avviare urgentemente la sospensione di tutti gli accordi ad oggi in essere tra Svizzera ed Europa».

DELLA VEDOVA: «IDEOLOGIA DI CHIUSURA».
Il referendum anti-frontalieri non ha per ora effetti pratici, ma senza la libera circolazione delle persone «i rapporti tra la Svizzera e l'Ue sono a rischio», ha detto anche il titolare della Farnesina, Paolo Gentiloni. Mentre il sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova ha commentato la «scelta (di fatto) anti-italiana» del Ticino affermando che «non risponde ad una motivazione razionale, ma emotiva ed ideologica, l'ideologia della chiusura nazionalista, dei muri contro lo straniero».

IL RISULTATO NON STUPISCE I FRONTALIERI.
Preoccupato ma per niente sorpreso dai risultati Eros Sebastiani, presidente dell'Associazione Frontalieri Ticino, che ha sottolineato il «clima di malessere oltreconfine». Seppur votato, l'esito del referendum sarà di difficile applicazione e «non cambierà l'orientamento del mercato del lavoro cantonale», ha detto invece Sergio Aureli, responsabile frontalieri del sindacato svizzero Unia.
Come da tradizione, il voto in Ticino ha coinciso con altri referendum a livello nazionale. Chiamati alle urne, gli svizzeri hanno hanno bocciato un'iniziativa popolare che proponeva un rincaro del 10% delle pensioni e respinto la proposta del Partito ecologista «Per un'economia verde». Approvata invece la nuova legge federale sulle attività informative, che mira a dotare gli 007 elvetici di maggiori misure per lottare contro il terrorismo.

BERNASCONI: «SENZA ITALIANI SI CHIUDE».
«Dietro il risultato di questo referendum c'è sicuramente la mancanza di conoscenza delle regole basilari dell'economia. Senza italiani qui chiudiamo. I frontalieri sono indispensabili», ha detto al
Corriere della Sera l'ex pm antimafia svizzero Paolo Bernasconi, commentando l'esito. «Le imprese ticinesi chiamano ogni giorno dall'Italia 62 mila lavoratori, senza i quali il sistema manifatturiero, la sanità, il commercio chiuderebbero dalla sera alla mattina». Ecco perché quindi si tratta di una questione «strettamente politica, un gioco di potere. L'Udc, la Lega dei Ticinesi stanno tentando di scalzare le élite economiche rappresentate dai partiti storici, e allora devono inventarsi qualcosa. Che cosa? La paura, la paura da scaricare su un nemico a portata di mano. E a questo scopo sono venuti buoni i lavoratori italiani».

TARPINI: «ALLA POLITICA SI È SOSTITUITA LA PROPAGANDA».
Per Alessandro Tarpini, responsabile nazionale dei frontalieri della Cgil, intervistato da
la Repubblica, la tesi secondo cui gli italiani sottraggono lavoro ai locali non ha fondamento: «Gli inoccupati di tutto il Canton Ticino sono circa 11 mila. I lavoratori che arrivano da Como e Varese 65 mila. Se domani dovessero bloccare le dogane, si fermerebbe l'economia perché i frontalieri sono impegnati nell'edilizia e nell'industria. Quasi tutti occupano posti per lavori che i locali non vogliono fare». Ad ogni modo, spiega Tarpini, «la consultazione indica un orientamento di difficile applicabilità, perché metterebbe in discussione gli accordi bilaterali tra Unione europea e la Confederazione svizzera». Al netto delle conseguenze pratiche i lavoratori italiani sono comunque preoccupati, soprattutto «per il clima che si respira. Un pezzo dell'opinione pubblica del Cantone considera i lavoratori frontalieri la causa di tutti i loro problemi. Purtroppo, da un po' di anni, alla politica si è sostituita la propaganda».

Fonte: Lettera 43

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Articolo pubblicato il 27/09/2016