Milan Games Week 2016, il gran bazar dei videogiochi

La febbre & il business dei videgiochi e un po' di filosofia spicciola spicciola

Da venerdì 14 ottobre a domenica 16 ottobre 2016, alla fiera di Milano si è svolto l'appuntamento annuale con il Milan Games Week 2016, la nuova edizione dell’evento ufficiale che rappresenta l’industria dei videogiochi. Un festival show atteso dai videogiocatori appassionati di un genere sempre più globale e dalle famiglie in cerca di distrazione. È la nuova frontiera dello spasso fatto di tecnologia sempre più miniaturizzata, di mondi virtuali, di droni, di robot e tutte le anteprima dei videogiochi più attesi.  

Per i visitatori,  non sono mancati incontri con gli sviluppatoridei dei videogiochi, competizioni e tornei per i più esperti e, per finire, tanti eventi dedicati a videoludici con numerose celebrity pronte a mettersi alla prova con i titoli più nuovi e divertenti.  

Il mercato delle illusioni è un'immensa industria che non conosce limiti, forse è giusto che sia così, che ci si debba infilare un casco in testa ed entrare in altri mondi dove accade tutto ciò che prima non esisteva e che mente umana è riuscita a inventare in qualche laboratorio, dandole vita.  

Luoghi da altre dimensioni dove si ha a disposizione più di una vita da sperperare, dove si spara più veloci di Ringo quasi senza mirare e piste dove si corre più veloce di Rossi, ma senza cadere davvero, e mondi da scoprire dove si sale di livello per andare chissà dove. Questo è il progresso che va, questo è oggi e domani sarà già archeologia, poiché lo sviluppo è esponenziale e il futuro che è già qui, non è un tipo paziente, è sempre in movimento.  

Tecnologia dunque, avanti tutta! Mentre la dura realtà planetaria non promette niente di buono, il mondo virtuale sembra presentare un luogo migliore in cui andare a far soggiornare il sogno, il gioco, la più bella fantasia. E mentre scrivo e penso che la scienza è l'anticristo che ci distruggerà, mi ricordo che neppure troppo tempo fa sono stato un bambino.  

Ci si faceva i giocattoli da soli negli anni 60, si imparava a manipolare la materia grezza e per star bene assieme bastavano un pallone, una pietra piatta da lanciare, il pacco delle figurine, le biglie di coccio o quelle con le foto dei ciclisti.  

Se non c'era tutto questo ci si inventava altro e una bicicletta senza il cambio era un sogno solo per pochi. E mentre scrivo tutto questo mi ricordo che si giocava comunque alla guerra, in qualche modo ci si sparava lo stesso, si veniva alle mani per poco nella piazza di periferia e poi, con l'andar del tempo, giocare a scacchi o a Risiko in fondo non era altro che un medesimo bisogno di confronto e di prevaricazione intrinseco dell'animo umano.

Dunque, tentando di concludere questo ragionare un po' fine a se stesso con un pensiero che vada al di là di una sterile morale: la storia dell'uomo non è altro che un continuo progredire nell’inventarsi da una parte la mazza e dall'altra la corazza, tentando sempre di costruire qualcosa di meglio per sopraffare e non farsi male. Che sia sul serio o soltanto in un mondo virtuale in fondo grande differenza non fa.


È l'intenzione che conta, tutto il resto, prima o poi accadrà anche se Dio non lo vorrà. Tecnologicamente appare un po' datato, nei videogiochi è poco contemplato e da qualche parte del creato me lo immagino a porsi una domanda: "ma perché nessuno vuole più giocare con me? Sono connesso, a Milano ci sono pure andato, ho un grosso video e una consolle penultimo modello con la quale, in poco tempo, quand'ero tutto solo e un po' annoiato, ho giocato ad inventarmi l'uomo e il mondo!"

 

 

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Articolo pubblicato il 17/10/2016