Globalizzazione : un bene o un male ?

Se si migliorano gli aspetti organizzativi i vantaggi potrebbero essere molto rilevanti

Al giorno d'oggi, gli avversari della globalizzazione sembrano sempre essere sempre in opposizione, ed a tutti i costi, con i suoi difensori. Perseguendo questa strada, l'ordine internazionale post-seconda guerra mondiale - che mirava, spesso con successo, a promuovere la pace e la prosperità attraverso lo scambio e il collegamento - potrebbe crollare. Ma allora questa interazione tra popoli e la liberalizzazione degli scambi commerciali – ma anche turistici e culturali - può essere salvata dai suoi oppositori?

A prima vista, la prospettiva appare cupa. Ogni aspetto della globalizzazione - il libero scambio, la libera circolazione dei capitali, e le migrazioni internazionali - è sotto attacco. A guidare la carica sono forze antagoniste, dai partiti politici populisti di gruppi separatisti alle organizzazioni terroristiche, le cui azioni tendono a concentrarsi maggiormente su ciò a cui si oppongono rispetto a ciò che sostengono.

In Russia e in Asia, gruppi anti-occidentali sono in prima linea nella campagna contro la globalizzazione. In Europa, i partiti populisti hanno sottolineato la loro avversione all' integrazione europea, come anche quelli di estrema destra, spesso anche condannando l'immigrazione, mentre la sinistra denuncia crescente disuguaglianza economica. In America Latina, il nemico sembra essere l' aspetto delle interferenze straniere di qualsiasi tipo. In Africa, i separatisti tribali si oppongono a chiunque voglia unificare alcuni grandi Paesi. E in Medio Oriente, lo Stato Islamico (ISIS) rigetta violentemente la modernità, e gli obiettivi di sviluppo sociale delle società sulle quali insiste.

Nonostante le loro differenze, questi gruppi hanno una cosa in comune: una profonda ostilità verso le strutture e le interconnessioni internazionali (anche se, naturalmente, un gruppo criminale come ISIS è in una categoria molto diversa dai movimenti populisti). A loro non importa che l'ordine internazionale che vogliono abbattere abbia permesso la rapida crescita economica dopo il 1945, tale da avere liberato miliardi di cittadini dalle condizioni di sottosviluppo e dalle minacce di un ulteriore impoverimento. Tutto ciò che vedono sono enormi differenze di censo, le istituzioni finanziarie inflessibili e le disuguaglianze intollerabili di ricchezza e di reddito, e danno la colpa della globalizzazione.

Ad onor del vero, c'è una parte di sacrosanta verità in questi argomenti. Il mondo è un posto molto disuguale, e la disuguaglianza all'interno delle società si è allargato notevolmente negli ultimi decenni. Ma questo non è a causa del commercio o di movimenti di persone internazionale; dopo tutto, il commercio e la migrazione transfrontaliera sono fenomeni in atto da migliaia di anni.

La soluzione proposta dai movimenti anti-globalizzazione, cioè la chiusura dei confini nazionali al commercio, alle persone, o qualsiasi altra barriera, ha quindi poco senso. In effetti, un tale approccio nuocerebbe a tutti, non solo alle élite ricche che hanno beneficiato maggiormente dai mercati globalizzati.

Un aspetto centrale della globalizzazione è l'attenta documentazione degli strumenti di conoscenza e giuridici necessari per combinare i diritti di proprietà di attività apparentemente inutili singolarmente (parti elettroniche, diritti legali per la produzione, e così via) in insiemi complessi (un iPhone), e il plusvalore che generano. L' accesso ai documenti che descrivono fedelmente non solo chi controlla cosa e dove, ma anche le norme relative alle potenziali combinazioni - come componenti, produttori, e diritti di proprietà - sono vitali affinchè il sistema funzioni.

Il problema è che le attività di ben cinque miliardi di persone in tutto il mondo non sono documentate in libri mastri nazionali, o a qualcosa che si avvicini ad un' organizzazione di controllo nazionale. Invece, i loro talenti imprenditoriali ed i diritti legali di attività sono registrati in centinaia di hard disk diffusi e non rintracciabili, e attraverso sistemi di norme molto diverse tra i vari Paesi, rendendoli inaccessibili a livello internazionale.

In queste condizioni è impossibile, per la maggior parte dell'umanità, partecipare effettivamente alle loro economie nazionali. Senza alcun mezzo per partecipare al processo di produrre combinazioni efficienti, le persone non hanno alcuna possibilità di cogliere alcuni dei plusvalori di ogni singolo Paese.

Quindi si tratta di una mancanza di conoscenza consolidata e documentata – non il libero commercio - che sta alimentando la disuguaglianza in tutto il mondo. Ma affrontare questo problema non sarà facile. Proprio per determinare quante persone sono escluse dal processo di integrazione coordinata e legale, l' Istituto per la Libertà e la Democrazia(ILD), ha dedicato due decenni di lavoro sul campo, con uno studio condotto da più di 1.000 ricercatori in circa 20 paesi.

Il problema principale è stato quello legale. Gli avvocati e le élite aziendali che redigono e attuano le disposizioni legislative e regolamentari che potrebbero beneficiare della globalizzazione sono scollegati da quelli che dovrebbero attuare le politiche a livello locale. In altre parole, la catena legale manca decisamente di link cruciali.

L'esperienza in Giappone, negli Stati Uniti, e in Europa dimostra che un approccio legale diretto a garantire pari diritti e opportunità può richiedere un secolo o più. Ma c'è un modo più veloce per farlo: trattare i collegamenti mancanti come una pausa, non in una catena legale, ma in una catena della conoscenza.

L'anno scorso, ILD ha iniziato, con il supporto da parte di imprese della Silicon Valley, a stabilire se le tecnologie dell'informazione, e in particolare il blockchain (libro mastro in linea trasparente, sicura e decentralizzata che sta alla base Bitcoin), potrebbe consentire a molta più parte della popolazione del mondo di entrare in globalizzazione. Il risultato è stato molto più positivo di quanto si poteva supporre all' inizio dello studio.

Traducendo il linguaggio della catena legale in un linguaggio digitale - un risultato che ha richiesto di sviluppare una serie di 21 tipologie – è stato creato un sistema in grado di individuare e catturare i dati di qualsiasi libro mastro nel mondo e renderlo pubblico. Inoltre, è stato possibile comprimere in 34 indicatori binari le domande che i computer devono chiedere ai dati dei libri mastri per determinare quali disposizioni devono essere inserite nei contratti intelligenti blockchain tra imprese globalizzate e quelli non globalizzati.

La tecnologia dell'informazione ha democratizzato tanti elementi della nostra vita. Rendendo più chiare le leggi di cooperazione internazionali, forse si può salvare la globalizzazione e, di conseguenza, il plusvalore internazionale.

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 20/10/2016