Killing Zoe

Atipico e originale film di rapina dalla mente e la regia di Roger Avary, braccio destro e co-sceneggiatore di Quentin Tarantino

Le rapine a mano armata sono un genere di cui c'è sempre stata abbondanza nel mondo del cinema.

Dal geniale (ma flop ai botteghini) "Rapina a mano armata" di Kubrick, prototipo di un film di rapina finalmente incentrato più sui personaggi e i loro intrecci piuttosto che sul mero lato "organizzativo" e action della rapina in sè; il genere si è poi evoluto negli anni sviluppando e ampliando gli orizzonti aperti da questa pellicola datata l'anno 1957, ma ancora oggi più che attuale.


Da Kubrick potremmo infatti passare a "Quel pomeriggio di un giorno da cani", cult del 1975 di Sidney Lumet con più "umanità" che "criminalità" nei personaggi di Al Pacino e John Cazale, addirittura osannati e incoraggiati a non mollare dalla folla che circonda la polizia con l'iconico "Attica! Attica!" urlato a squarciagola da Pacino alla richiesta di arrendersi e rilasciare gli ostaggi.


Per non parlare poi dell'ottimo "Le iene" del 1992 di Quentin Tarantino, film dove la rapina non si vede neppure ma ne seguiamo anzi gli antefatti e il seguito del furto già avvenuto, sempre attraverso gli occhi di personaggi duri e scafati dal crimine ma ben differenziati l'uno dall'altro e ognuno con qualcosa da dire e da apportare all'amalgama vincente che fece poi il grande successo del film.


Film che Tarantino aveva poi scritto a due mani assieme all'amico di vecchia data Roger Avary, regista del film di cui andremo a parlare oggi, "Killing Zoe".

C'è molto di Tarantino nei film di Avary ma c'è altrettanto molto di Avary nei film di Tarantino, che per lui aveva scritto interamente l'episodio "L'orologio d'oro" di Pulp Fiction (oltre che aiutarlo anche negli altri) nel quale non per caso torna un personaggio di nome "Zed".

Quello che in Pulp Fiction però era un poliziotto sadico stupratore omosessuale, nel film di Avary è l'elegante e professionale "scassinatore" di casseforti interpretato da Eric Stoltz, attore che a sua volta ritroveremo in Pulp Fiction come spacciatore di fiducia per John Travolta.


Un film che nonostante l'enorme debito a Tarantino (di cui è anche produttore) in termini di personaggi e immaginario criminale, riesce a scavarsi la sua nicchia differenziandosi non poco dai precedenti prima elencati esempi di film di rapina.

Oltre che poi differenziarsi ancora più da tanti altri come ad esempio il successivo "Heat - La sfida" di Michael Mann o il precedente "Johnny il Bello" di Walter Hill, senza contare poi tutta una serie di divertenti epigoni sul genere tipo gli spassosi "Ocean's Eleven" di Steven Soderbergh o le rocambolesche rapine di "Point Break" di Kathryn Bigelow.


Genere che continua e continuerà sempre a insistere sull'argomento e a volte riuscendoci più che dignitosamente come l'ottimo "Inside man" di Spike Lee (forse primo film di "genere puro" per il regista) o anche i vari e divertenti "The italian job" del 2006, "La rapina" del 2001 o ancora infine per esempio "Codice Swordfish", una volta tanto film azzeccato per il regista Dominic Sena che ammicca spudoratamente al capolavoro di Lumet prima citato riproponendolo in "salsa hacker" grazie all'ottimo trio d'attori Hugh Jackman, Halle Berry e John Travolta.

Ma andiamo ora ad analizzare più nel dettaglio questo "Killing Zoe" e cosa lo rende davvero degno di essere visto.


NEOREALISMO PULP A MANO ARMATA
Partendo dalla semplice premessa di un criminale arrivato a Parigi per unirsi a una banda in procinto di rapinare una banca, Avary costruisce un bellissimo mosaico con pochi mezzi e pochi personaggi a disposizione.

Ambientato nella notte prima e poi il giorno dei festeggiamenti per la presa della Bastiglia, si inserisce a cavallo dei due la storia d'amore lampo che si crea tra il protagonista e una bella prostituta, la "Zoe" del titolo appunto (una incantevole Julie Delpy), nella sua camera d'albergo durante i bagordi della notte prima del grande colpo.


Prostituta che il criminale poi si ritroverà nella stessa banca durante la rapina, rapina in cui ovviamente dove tutto quello che potrà andare storto andrà storto grazie all'inettitudine del gruppo e la ferocia animale del leader, ottimamente interpretato da Jean-Hugues Anglade.

Se da una parte i richiami a "Le iene" sono evidenti, dall'altra il regista mette da parte tutto il divertimento e gli ammiccamenti alla cultura pop da parte di Tarantino e prosegue in dialoghi dallo stile asciutto, volgare ed essenziale.

Niente rimuginamenti quindi su "Like a virgin" di Madonna o dialoghi infiniti su hamburgher e massaggi ai piedi come in Pulp Fiction; qui la banda è composta da gretti e reietti che passano il tempo a parlare di sesso e droga e poco altro, come il suddetto capo della banda completamente amorale e animale malato di AIDS e dedito ad iniettarsi ogni droga che trova e sodomizzare ogni essere che respira a questo mondo.

Nonostante ciò lo stile di regia è molto "pratico" ad altezza d'uomo, pochi virtuosismi e colori smorti in ambientazioni scialbe e fredde, animate solo dalla violenta follia della banda nei momenti splatter o dal calore della storia d'amore tra Zoe e Zed.


Non ha caso la scena d'amore tra i due è inframmezzate dal rosso in cui è immersa la camera a scene in tv prese direttamente dal "Nosferatu" di Murnau degli anni '20, come a dire che dove c'è il sangue c'è anche la vita, che sia un film di vampiri o una rapina in banca dove il sangue scorre a fiumi quando i rapinatori perdono la testa nel mefistofelico massacro finale della vicenda.


ZOE & ZED - YIN E YANG CRIMINALI
Interessante (seppur breve nella durata della storia) il confronto tra i due personaggi innamorati, entrambi criminali in trappola che cercano una via di fuga da un mondo a cui non appartengono e da cui sono nauseati.

Lei focosa prostituta di notte e noiosa impiegata di giorno, un personaggio già ambiguo e polivalente per fatto suo quindi, passando da squallide e anonime camere d'albergo all'austera serietà senz'anima dei muri di marmo della banca.


Lui è invece educato e professionale, pur essendo un rapinatore e forse unico "serio" professionista della banda di spiantati, drogati e falliti che lo ha reclutato per mettere a segno il grande "colpo grosso" all'unica banca di Parigi aperta in giorno di festa.

I due si incontrano, si amano e si lasciano per poi ritrovarsi soltanto poche ore più tardi durante la rapina.

Rapina nella quella il nostro Zed rischia la vita a causa della donna, la quale però è proprio la stessa a salvarlo nella follia totale della sparatoria con la polizia e tra gli stessi rapinatori, ormai allo sbando, nel finale dove dovrà finalmente affrontare il suo "socio/nemesi" intepretato Jean-Hugues Anglade.


Abbastanza palese quindi il parallelo tra sesso e sangue, violenza e vita; di contro alla spenta e fredda "impotenza" che attanaglia lo spettatore e i rapinatori dentro la banca, dapprima crudeli carnefici dei propri ostaggi e poi vittime falciate altrettanto spietatamente da parte della polizia.


STILE E REGIA AL SERVIZIO DELLA FOLLIA
Se da un lato abbiamo detto che l'influenza Tarantiniana viene inevitabilmente fuori, dall'altro invece lo stile "senza fronzoli" con inquadrature fisse a larghi tratti e una fotografia più fredda e umana riportano al cinema di altri tempi, quello neorealistico italiano come anche l'avanguardia francese di "Bande à part" di Jean-Luc Godard.


Non a caso il film francese è stato la base per il nome della casa di produzione "A BAND APART" di cui hanno fatto parte, oltre ovviamente Quentin Tarantino, anche altri registi eccellenti come John Landis, Robert Rodriguez, John Woo e Tim Burton.

Grande spazio all'introduzione dei personaggi e delle location della scena, come la lunga sequenza iniziale che precede e anticipa la folgorante esplosione action/splatter della rapina in banca, più che degna di film sanguinolenti come il cinema di Eli Roth, altro storico membro dell'entourage Tarantiniano.


Fase iniziale e centrale a tratti lenta ma non noiosa nè inutile, assolutamente non fine a sè stessa o inserita per "far figo" con riferimenti ai grandi classici come i già citati Godard o Murnau.

Al contrario un biglietto da visita che poi è il cuore del film stesso, centrato sui caratteri dei rapinatori anzichè sulla rapina stessa come il film di Kubrick di cui parlavamo all'inizio.

Rapinatori visti come figure umane in tutta la loro debolezza, lascivia e ignoranza; ben diversi dai preparatissimi professionisti infallibili alla "Ocean's Eleven" ma più vicini alla povertà culturale e intellettuale de "I soliti ignoti" di Monicelli, sostituendo al mitico scassinatore interpretato da Totò questo Eric Stoltz che è l'unico "non violento" del gruppo, l'unico per il cui mestiere è richiesta più l'astuzia e l'esperienza che i modi brutali e spietati dei rapinatori.


Un film forse non molto conosciuto o ricordato ai giorni nostri che comunque per il sottoscritto è invece un altro piccolo cult, da autori di quel gruppo che ancora cerca di portare avanti il cinema americano al di là dei soliti squallidi remake o l'ennesimo film sull'ennesimo super-eroe Marvel di turno.

Un film con tanto amore per il cinema dentro e tanta rabbia da vecchio film action fuori, imperdibile quindi per i vecchi fans dei VERI film anni 80/90 degni DAVVERO di essere ricordati.


SPERO COME AL SOLITO DI AVERVI CONSIGLIATO BENE, NEL MIO CERCARE DI PARLARE DI FILM DIMENTICATI ORMAI DA UN PEZZO O FORSE TROPPO SNOBBATI E SOTTOVALUTATI ALLA LORO USCITA. CERTO E' CHE PERSONALMENTE MI PIACE TROVARE FILM CHE SI SCAVINO UNA PICCOLA NICCHIA GRAZIE ALLA LORO PARTICOLARITA' O ORIGINALITA', NICCHIA CHE PERO' MOLTO SPESSO DIVENTA UNA FOSSA CON TANTO DI LAPIDE ONORATA SOLO DA POCHI AMANTI DEL GENERE QUALI AD ESEMPIO IL SOTTOSCRITTO, AHIME' ANCORA CHE ASPETTA UN FILM DI AVARY DOPO TANTO E TANTISSIMO TEMPO DAL SUO ULTIMO "LE REGOLE DELL' ATTRAZIONE", ALTRA COMMEDIA NERA CON PROTAGONISTA IL VECCHIO FACCIONE MAI DIMENTICATO DI JAMES VAN DER BEEK, EX-PROTAGONISTA AMATO DALLE TEENEGER DI TUTTO IL MONDO PER IL SUO "DAWSON" NELLA SERIE "DAWSON'S CREEK".

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Articolo pubblicato il 23/10/2016