I giornali non ci azzeccano più: che cantonata!

Per mesi ci hanno raccontato ancora una volta una realtà totalmente diversa da quella verificatasi.

Dopo Hillary Clinton i grandi sconfitti sono loro, i media di tutto il mondo che, salvo rare eccezioni, per tutta la campagna elettorale ci hanno propinato una realtà in totale disaccordo con quella poi fotografata dal voto dello scorso 9 novembre in Usa; errori grossolani figli dell’incapacità o bugie raccontate di proposito per distorcere il voto americano?

Difficile dirlo, anche perché ci sono una serie di fattori che hanno influenzato chi scrive sui giornali e di cui è giusto far menzione, a partire dai sondaggisti, che ormai sembra non azzecchino più nemmeno che giorno sarà domani, e che han dato per mesi la vittoria di Clinton come per un fatto ovvio: anche durante i duelli televisivi hanno registrato un secco 3-0 per la candidata democratica. Elementare Watson.
Poi c’è il mondo culturale dei salotti buoni, quello chiamato ironicamente “radical chic”, col cuore a sinistra ma il portafoglio a destra, da sempre schierato con il mondo democratico, che ha tessuto le lodi di Obama prima ancora che mettesse piede alla Casa Bianca e gli ha permesso di portare a casa un Nobel più per l’atteggiamento da “yes, we can” che per le azioni intraprese durante i suoi otto anni, tutt’altro che pacifiche.

C’è stata poi la  parata di stelle del mondo dello spettacolo, sbilanciata in modo clamoroso a favore della Clinton, tra cui spiccava Madonna, che a un certo punto prometteva pomp** a chiunque votasse Hillary, o Cher che aveva giurato di lasciare l’America in caso di vittoria repubblicana (ha già fatto le valigie?) o De Niro che prima a ha minacciato di prendere a pugni Trump, poi, saputo del risultato, non ha escluso una sua emigrazione in Italia (vieni pure che qui sei il benvenuto!). E non cito Lady Gaga, Beyonce, e molti altri, tutti accodati a tessere le lodi della Clinton.
Endorsement che, a posteriori, hanno creato più danni che altro al candidato democratico, che si è dovuta proteggere solo da Clint Eastwood, unica star a sventolare con orgoglio la bandiera dell’elefantino.

I maliziosi potrebbero addirittura trovare una spiegazione di fronte a questo sballamento delle previsioni: si potrebbe pensare che molti abbiano provato ad adottare una tecnica vecchia come il mondo, cioè quella di dar per scontate elezioni che non lo sono affatto. Addirittura l’Uffinghton post targato stelle e strisce il 6 novembre dava la vittoria per la Clinton al 98% delle possibilità: un comportamento, questo, che avrebbe potuto spaventare l’elettorato e convincerlo dell’inutilità di un voto pro Trump.
Cosa che poi non si è verificata.

Anche la stampa nostrana si è comportata in modo partigiano nei confronti della Clinton, dipingendo la campagna elettorale di Trump come una continua e incessante serie di gaffes, con l’ultima, quella delle dichiarazioni sessiste rivangate nel suo passato e tirate fuori ad hoc, che avrebbe potuto (dovuto?) fargli fare addirittura un passo indietro.

Risvegliatesi dallo choc del voto, inoltre, molte testate giornalistiche non han voluto smentirsi, parlando di tragedia Trump, montando casi di proteste che attraverserebbero tutto il Paese e sbeffeggiando il voto americano.
Alcuni hanno addirittura messo in discussione il concetto di democrazia.
Su riviste come Internazionale si parla di “rivincita dell’uomo bianco” come se l’America fosse di fronte a un’apocalittica svolta misogina e razzista, in Spagna El Periodico titola “che Dio perdoni l’America” e il New York Daily News, che per mesi aveva criticato Trump, titola “House of horrors" (la casa degli orrori) con la bandiera statunitense capovolta..

Il democratico Saviano, in libreria con “La paranza dei bambini”, ha definito Trump come il simbolo dell’America cafona, tracotante e ignorante e la cantante Katy Perry , dall’alto delle sue ville e dei conti correnti milionari ha urlato al mondo intero “Noi resistiamo!”,manco stesse combattendo in trincea.

Il punto, però, è un altro: i giornali, o meglio, gran parte della stampa, non è più in grado di raccogliere e raccontare informazioni corrette e reali, che sia in buona o cattiva fede. Vive in una realtà parallela che nulla ha a che fare con la nostra: il caso più lampante fu la Brexit, dove tutti gli esperti si erano considerati convinti della sua bocciatura salvo poi svegliarsi con gli incubi e doversi inventare qualche articolo su Theresa May e sui contadini bifolchi che avevano votato per l’uscita, come se la Gran Bretagna fosse costituita per oltre la metà da loro.

Vogliamo restare in casa? L’elezione del sindaco di Torino, Chiara Appendino, considerata dai più improbabile se non impossibile, e pronosticando una facile riconferma di Fassino.
Niente da fare, risultato capovolto e altre scuse da accampare.

E il 4 dicembre? La data si avvicina e i sondaggi danno avanti di qualche punto il No. Tuttavia fossi la stampa dedicherei la prima pagina del giorno prima all’influenza stagionale o alla festività che si celebrerà il 25 del mese: due eventi sicuri su cui è impossibile prendere cantonate.

 

 

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Articolo pubblicato il 12/11/2016