E adesso i campioni del SÌ emigrassero tutti all’estero con il cuoco Bottura. Il primo deve essere Benigni.

“Civico20” ospita un articolo di Laura Tecce.

I vippetti che tanto si sono spesi per il SÌ al referendum costituzionale venissero caricati sull’ Air Force Renzi ed espatriassero pure. Ma lontano, non ne sentiremo la mancanza.

Una delle tragicommedie, o meglio  tragicomiche, di questo nostro tempo è l’autoreferenzialità estrema e narcisistica di tutta una serie di categorie mediaticamente spendibili, dai vippetti o presunti tali, miracolati da un passaggio in un reality di serie B o da un’ospitata in un salotto ad uso e consumo di telemorenti lobotomizzati alle grandi firme del giornalismo, dai cosiddetti intellettuali impegnati che si illudono di poter orientare l’opinione pubblica agli artisti schierati che pensano di pontificare dall’alto del loro status di privilegiati.

Ne avevamo appena avuto un’ampia ed esaustiva dimostrazione nella campagna elettorale americana durante la quale le “celebreties” schierate in massa per Hillary Clinton non solo non hanno spostato un voto ma con le loro dichiarazioni al limite del ridicolo (vedi la patetica Madonna) hanno sortito l’effetto contrario. Nonostante questo i morti di fama nostrani non hanno capito la lezione e in preda ad un egocentrismo esasperato hanno dovuto sbatterci la testa e dimostrare ancora una volta tutta la loro inutilità esponenosi in prima persona.
Non hanno proprio compreso che il concetto di “Very Important Person” è ormai tramontato, insieme al jet set, agli “influencer” che non influenzano manco i parenti stretti, alla “gauche caviar”e ai fighetti degli aperitivi al Salotto 42 (locale al centro di Roma frequentato da renziani rampanti come Ernesto “Ciaone” Carbone e il tesoriere del Pd Francesco Bonifazi ex della Boschi e da uomini per tutte le stagioni come Chicco Testa, ndr).

Degli illuminati endorsement e dichiarazioni di voto da parte di cantanti, scrittori o pseudo tali, editorialisti prezzolati, attrici, registi, sportivi, nani ballerine e circensi ovviamente non frega nulla a nessuno: così come non è fregato nulla all’agricoltore del Kansas e all’impiegato del Vermont non vedo come potesse minimamente interessare all’artigiano molisano, al giovane disoccupato siciliano o all’operaio veneto.

E’ dunque pura retorica chiedersi se le intenzioni di voto dei vip o presunti tali sposti o meno preferenze ma d’altro canto un appello, un tweet, un post su Facebook un video messaggio e una firmetta non si negano a nessuno. E la cosa triste è che questi personaggi in cerca d’ autore pensano davvero di avere un qualsiasi tipo di influenza.
Quella che un tempo era ammirazione per uomini e donne di successo, oggi è diventata indifferenza o addirittura fastidio verso coloro che si esprimono su problemi che in fondo non li riguardano affatto. Fanno un po’ sorridere le divette che parlano con orgoglio del loro improbabile passato da adolescenti ribelli che passavano i pomeriggi nei centri sociali mentre adesso non vedono l’ora di farsi immortalare su un red carpet griffate da capo a piedi; ma ancora peggio sono gli appelli dei cosiddetti intellettuali.

La verità è che la nostra società non produce più intellettuali degni di questo nome: al limite esiste una casta che prende il nome di “industria culturale” ma che in realtà è parassitaria, velleitaria e più che altro molto abile ad autoriprodursi e ad autoalimentarsi in virtù di legami politici sbandierati – appunto- e consolidati.
Per non parlare dello scollamento tra la realtà di chi fa parte dell’élite e di chi invece ne è tagliato fuori e attende invano da anni riforme che siano davvero utili ad un’emancipazione, in senso meritocratico, dal potere politico, dalle sue logiche e dalle sue clientele.

Ma veramente gente come il re dei balletti trash in tacchi a spillo Gianluca Vacchi, l’aristo radical chic neo leopoldo Costantino della Gherardesca e l’immancabile Vladimiro Guadagno in arte Luxuria che si sono sperticati ad annunciarci il loro SÌ pensavano che il popolo fremesse per l’ attesa, bramasse un loro cenno, implorasse un loro gesto?

Ma davvero il cuoco Massimo Bottura, di cui onestamente fino a pochi giorni fa ignoravo l’esistenza, e non credo di essere l’unica, poteva pensare che dichiarando «Se vince il “No”, mi viene voglia di mollare tutto e andare all’estero: ringrazio il mio Paese che mi ha dato moltissimo, chiudo e riapro a New York» avrebbe contribuito alla causa?
Ma pensava forse il giullare Roberto Benigni che il suo triplo salto carpiato – da cantore appassionato della “Costituzione più bella del mondo ” a sponsor del duo Renzi – Boschi, che quella stessa Costituzione la volevano rottamare, sarebbe passato in cavalleria?

Ma questi credono forse che gli italiani abbiano l’anello al naso? Ma chi glielo ha fatto fare a gente che pur eccelle nella propria arte – l’étoile Roberto Bolle piuttosto che il regista premio Oscar Sorrentino – di esporsi? A che pro? Degli illuminati endorsement e dichiarazioni di voto da parte di cantanti, scrittori o pseudo tali, editorialisti prezzolati, attrici, registi, sportivi, nani ballerine e circensi ovviamente non frega nulla a nessuno: così come non è fregato nulla all’agricoltore del Kansas e all’impiegato del Vermont non vedo come potesse minimamente interessare all’artigiano molisano, al giovane disoccupato siciliano o all’operaio veneto.

E’ dunque pura retorica chiedersi se le intenzioni di voto dei vip o presunti tali spostino o meno preferenze ma d’altro canto un appello, un tweet, un post, un video messaggio e una firmetta al giorno d’oggi non si negano a nessuno.

Consiglio ai divi nostrani, se proprio devono, di non prendere come esempio Madonna e Beyoncé bensì Bruce Willis e Antonio Banderas. Che sono sicuramente più credibili a sventolare in aria uno smartphone alla ricerca di campo o a impastare biscotti e focaccine davanti a una gallina robot piuttosto che nello sbandierare al popolo le proprie intenzioni di voto.

ilgiornale.it

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Articolo pubblicato il 06/12/2016