Regione Piemonte. La svolta tragica della Sanità Piemontese

Nostra intervista con il dottor Roberto Ceresa

Abbiamo chiuso l’anno con la pubblicazione integrale di una lettera inviata dall’assessore Saitta ai giornali piemontesi. Era il libro dei sogni che, sorvolando su disfunzioni, disagi, chiusura inopportuna di ospedali e reparti già avvenuti o programmati, illustrava la nuova pagina della sanità Piemontese del 2017.

L’anno è iniziato da pochi giorni e i giornali riportano a titoli cubitali lo stato infimo e vergognoso in cui versano gli ospedali torinesi.

“L’inferno al Pronto soccorso: Pazienti lasciati in barella con l’incubo del contagio”.

“Sembra d’ essere in guerra. Ospedali in tilt”.” Appello alle cliniche”.

“Al Giovanni Bosco, occorrono 6 giorni per un ricovero”. Ecc.

Ci siamo recati nei locali d’attesa ed accettazione e nei corridoi con le barelle quasi accatastate di tre strutture ospedaliere.

C’è parso d’essere entrati in degradate bolge dantesche, con il dolore ed il disagio fisico che invocavano pietà e contestualmente esprimevano collera .

Abbiamo ascoltato  pronunciare all’indirizzo dell’assessore Saitta, un indefinito numero di giaculatorie malauguranti.  Considerata la sua origine sicula, e un po’ di superstizione insita, potremo  consigliargli l’adozione di riti espiativi e propiziatori, altrimenti sarà lui a rischiare di rivolgersi in un reparto di malati incurabili.

Siamo rimasti poi colpiti nell’apprendere che a un utente che si era rivolto in un pronto soccorso cittadino con i valori pressori 110/200 è stata data un’indicazione di attesa di ben 7 ore.

Qualcuno dirà che  ogni anno si registra  il picco delle influenze e dei mali di stagione. Ma è ormai sotto gli occhi di tutti che i tagli indiscriminati dell’ultimo anno stanno rendendo ingestibile l’assistenza sanitaria.

Al colmo non so se definire  un’altra iniziativa tra il grottesco o il ridicolo. In questi giorni Saitta ha trovato l’uovo di colombo nel ridurre le liste d’attesa per le visite specialistiche, con la istituzione di una task force di giovani medici appena specializzati e disoccupati per gestire, pagandoli a gettone, le visite specialistiche.

Proposta che sta scatenando l’ira del medici che si sentono strumentalizzati e lo sgomento dei pazienti che vorrebbero ricevere il parere di un medico esperto e non di un novellino.

Pur avendo stigmatizzato molte scelte del duetto Chiamparino – Saitta, riteniamo che per comprendere e giudicare, si debba partire da lontano per conoscere cause e concause.

Ne abbiamo parlato in proposito con il dottor Roberto Ceresa, biologo e gran conoscitore dell’Organizzazione Sanitaria anche a livello Internazionale. Ceresa, tra l’atro ha seguito le vicende della sanità regionale sin dalle giunte presiedute da Enzo Ghigo in veste di coordinatore  del settore Sanità della Lega Nord Piemonte.

- Dottor Ceresa, lei ha potuto seguire anche queste ultimissime vicende, come giudica i risultati del riordino delle attività ospedaliere presentato dalla Giunta Chiamparino?

Ci troviamo di fronte a vera e propria macelleria sociale.

La giunta Chiamparino, in assenza di una strategia sanitaria orientata al soddisfacimento dei bisogni dei pazienti, non ha trovato altra soluzione, a fronte di una riduzione dei trasferimenti per la sanità da parte di un governo centralista, che ridurre servizi prestazioni e strutture.

– I politici  si palleggiano d’abitudine le responsabilità. Le gestioni degli ultimi 20 anni che hanno introdotto e sviluppato la trapiantistica, la medicina d’urgenza e molte eccellenze nel campo interventistico e ricostruttivo, hanno anche contribuito a creare le prime cause di questo sfacelo?

Fino a qualche anno fa la sanità piemontese era un riferimento per tutti i servizi sanitari regionali del nostro paese. Lo sviluppo e l’implementazione delle eccellenze che ci contraddistinguevano e l’universalità dell’offerta sanitaria, in alcuni casi, ha generato sovrapposizioni e ridondanze dovute anche a situazioni di natura clientelare e tutto questo ha portato alla situazione drammatica odierna.

Tuttavia, preso atto degli errori del passato, mi sembra folle demolire ciò che si è costruito negli ultimi 20 anni buttando il bambino insieme all’acqua sporca.

- Dov’è iniziato a suo parere il punto di non ritorno?

E’ difficile stabilire con precisione una data, tuttavia l’inizio della fine è coinciso con il prevalere della logica economica sull’inalienabile diritto alla salute.

Le giunte che hanno ridotto servizi essenziali in nome della sacralità del pareggio di bilancio hanno contribuito a creare un comodo scivolo che le giunte successive hanno imboccato senza porsi troppe domande su cosa sarebbe poi successo a chi di questi servizi aveva necessità e diritto, ovvero tutti noi.

- A suo giudizio quali sarebbero i rimedi efficaci per uscire da questo stato d’emergenza, tenendo sempre l’occhio vigile ai conti?

Tornare alla territorializzazione dei servizi sulla base delle necessità dei pazienti.

Il medico di medicina generale deve essere il perno della sanità, la sua funzione è fondamentale per la corretta fruizione  dei servizi sanitari. Il paziente deve essere messo nelle condizioni di essere seguito anche a livello domiciliare e in post acuzie o, se del caso, in strutture apposite diffuse sul territorio, come avviene in Inghilterra con i Country Hospitals.

Le strutture ospedaliere sarebbero così alleggerite da un a massa di prestazioni che oggi vengono fornite impropriamente e che ingolfano i flussi organizzativi.

Un discorso a parte deve essere fatto per quelle strutture di eccellenza, mi riferisco per esempio all’Oftamico, che dovrebbero essere potenziate e sviluppate e non smembrate a causa di chissà quali inconfessabili interessi.

- Il futuro così come lo concepisce Saitta e con la realtà che si presenta dinanzi a noi, come si potrà evolvere?

Temo che il libro dei sogni di Chiamparino e Saitta altro non sia che propaganda.   Il malato piemontese andrà incontro a ulteriori riduzioni di servizi e prestazioni sino al limite dell’ insostenibilità sociale. A quel punto, purtroppo, la rete della sanità piemontese sarà irrimediabilmente compromessa e ci vorranno decenni per tornare a livelli sanitari accettabili.

- Cosa ne pensa dottor Ceresa degli specializzati a cottimo?

E’ un vero e proprio crimine commesso, in primo luogo nei confronti dei pazienti, in secondo luogo nei confronti dei medici specialisti e, infine nei confronti dei neo specializzati utilizzati come carne da cannone e gettati allo sbaraglio per sopperire alla incapacità e incompetenza di Saitta e Chiamparino.

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Articolo pubblicato il 06/01/2017