NAPOLI, realtà e invenzione, nelle parole dello scrittore Maurizio De Giovanni.
‘Pane per I bastardi di Pizzofalcone’, é l’ultimo libro scritto da Maurizio De Giovanni e che risulta tra i primi in classifica.
‘Va meglio il libro che la sua squadra!’- ci dice, Luca Beatrice, presidente del Circolo dei lettori di via Bogino 9, a Torino, il 13 dic. scorso, mentre, insieme a Massimo Vincenzi, nuovo vice direttore de ‘La Stampa’, intrattiene al circolo, lo scrittore, in una simpatica presentazione del suo libro.
M. DE GiOVANNI: ‘Sono stato già qui al circolo dei lettori, qualche mese fa, per i festeggiamenti dei suoi dieci anni, in una serata magica. C’era tantissima gente affezionata a questo luogo.
In passato abbiamo avuto grandissime straordinarie individualità ma mai un movimento di scrittori, invece oggi, in ogni Regione, ci sono molti scrittori di romanzi noir che collaborano perfino tra di loro, con libri pubblicati anche all’estero e fortemente amati dagli editori, come Camilleri, Lucarelli, Carofiglio, Costantini, Malvaldi, Vichi, Recami, Morchio, Pandiani. Questa è una cosa bellissima!
Spesso i romanzi sono confinati all’interno degli appartamenti, parlano di amori, di sensibilità personali, delle famiglie, la strada invece, verso la quale io ho rivolto la mia attenzione narrativa, è un mondo che fa paura, sempre più paura, perché proprio lì il crimine è figlio della necessità, della miseria.’
M. VINCENZI: ‘Perché nel tuo libro si parla del pane?’
M. DE GiOVANNI: ‘Questo libro fa riferimento al pane perché è il protagonista, più del panettiere che viene trovato morto e che da inizio al libro.
Il protagonista è il pane perché è uno di quegli oggetti di uso comune, uno di quegli alimenti base al quale non si fa caso ma è qualcosa che c’è sempre stato e allora rappresenta il simbolo, la tradizione, l’innovazione anche se non è sempre espressione di un miglioramento: non sempre il progresso coincide con l’innovazione, così come per il pane: la tradizione del pane con il lievito madre comporta un processo di lievitazione più costoso e di questo tipo di pane, se ne fa un terzo, in quantità, con lo stesso personale e le stesse macchine ma, dopo 4 giorni, è ancora fresco , mentre l'altro, con altri lieviti, fatto al mattino, la sera stessa, è immangiabile.
Il pane, fatto con lievito madre è contrario alle strategie di marketing, perché chi lo compra, non torna dal fornaio per giorni. Io volevo creare questo corto circuito, tra la tradizione che resiste suo malgrado e l’innovazione che ci imprigiona, costringendoci al consumo quotidiano.’
M. VINCENZI: ‘Sappiamo tutti come è nato Ricciardi. Esiste davvero al ‘Capriccio’ un tavolo riservato a Ricciardi. Io non ci credevo, pensavo che fosse metafisica partenopea, invece mi ci hai portato.
Questo tavolo esiste ed è guardato dai turisti con un misto di curiosità incredula. Un’altra bella esperienza che ho fatto con te per intervistarti,è stato passeggiare tra le colline di Pizzofalcone.
Mancavano solo bambini da baciare e per il resto, posso confermare che tutte le esperienze mistiche le abbiamo provate. Come ti è venuto in mente di chiamarli i bastardi?’
M. DE GIOVANNI: ‘Andai incautamente a una presentazione su Ricciardi, dove a intervistarmi era uno scrittore di esoterismo e una scrittrice di horror. Avrei dovuto evitarli, perché, i saggisti sono convinti che tutto il mondo debba essere sospeso, nell’attesa dello loro prossimo libro e non si spiegano perché, scrivendo 1800 pagine, nemmeno la madre riesce a leggerle e poi, gli scrittori di horror scrivono le stesse cose di Stephen King ma soffrono molto, perché lui vende milioni di copie e loro no.
Quindi, quando un malcapitato vende otto, nove volte più di loro, viene rappresentato, guardato, con un rigore quasi antisemita, per cui questi due, con molta circospezione e aria di sufficienza, mi chiesero perché io mi rifugiavo negli anni trenta. Questo mi fece pensare, riflettere e rivolgere uno sguardo alla realtà odierna, così cercai l’approvazione del mio editore.
Lui mi disse: ’ Si, ma per ora, scrivi un altro Ricciardi’. Disse una volta un piccolo editore: ‘Meglio vendere libri che si fanno, che libri che si vendono’( sorride De Giovanni, sarcastico e divertito). Volevo scrivere una storia contemporanea e allora presi la storia più incredibile, quella del borghese piccolo-piccolo di Cerami, dove un vecchietto attraversa Roma in 500 e si vendica. La sua, è la vendetta perfetta, perché un vecchietto in 500 è invisibile.
Lo immaginavo così e scrissi il libro ‘il metodo del coccodrillo’. Vinse il premio Scerbanenco: prima di me era stato vinto solo da scrittori provenienti da Roma in su. Io sono stato il primo straniero (dice sorridendo).
A seguito di questo, inventai questo personaggio che rimase sospeso, perché, le favole finiscono ma i romanzi hanno sempre un'altra pagina, quella che scrive il lettore che immagina cosa accadrà dopo, così scrissi un altro libro, in cui Loiacono, che sarebbe diventato, nella fiction di RAI 1, Alessandro Gassmann, venne da me inserito in una Squadra di poliziotti che sono diventati, i bastardi di Pizzofalcone.
Tutti i personaggi dei bastardi, hanno una dimensione propria, non c’è un personaggio principale. Quando hanno costruito la serie TV, invece, la Rai mi ha detto che serviva un protagonista che è stato individuato in Loiacono ma, nel mio libro, i bastardi sono tutti quanti allo stesso livello. Non c’è un personaggio più importante dell’altro.’
L. BEATRICE: ’Nel tuo libro non c’è la classica dedica a figli, mogli ma allo scrittore Ed McBain, nome d’arte di Evan Hunter, definito da te ‘ il migliore di tutti ’, perché?’
M. DE GIOVANNI: ‘McBain, è stato il più grande giallista esistito, per me è più di un idolo. Quando è morto, sono rimasto in silenzio per tre, quattro giorni. Non riuscivo ad accettare l’idea che non avrei letto più I suoi libri. Purtroppo in Italia, ne sono stati pubblicati pochissimi, circa una decina sui Gialli Mondadori.
Era italiano, lucano di seconda generazione, il suo nome italiano era Salvatore Albert Rombino e dal 62 al 2005, scrisse 55 romanzi straordinari, tutti ambientati nell’ 87° Distretto. Immaginate questo Distretto, all’interno di Manhattan. Una squadra di poliziotti, rappresentanti di tutte le minoranze di New York: il nero, l’ebreo, l’irlandese, l’italiano.
Tutti lavorano in maniera trasversale, in quartieri diversi della città. Nei suoi libri, mi ci sono riconosciuto, perché ho la fortuna narrativa di raccontare un ambiente in cui, in 400 mq, ci sono 4 città differenti, realtà sociali diversissime tra di loro, cosa impossibile in altre città.
Per esempio a Torino partendo da Piazza Carlo Felice, per vedere una periferia degradata, bisogna attraversare almeno due aree, con Commissariati diversi, cosi avviene anche a Roma, in piazza di Spagna e a Milano, in piazza del Duomo. A Napoli, invece, in centro, come dicevo, abbiamo 4 città,in evidente conflitto tra di loro e questo, narrativamente parlando, è fantastico.'
M. VINCENZI: ‘ Come costruisci i tuoi personaggi, c’è un livello di preparazione?
Il personaggio principale ti viene incontro? Dove trovi l’ispirazione? Che rapporto hai con lui?’
M. DE GIOVANNI: ‘Bisogna capire come si vive il personaggio. I personaggi non sono né di carta, né attori a cui si da un copione da recitare. I personaggi sono vivi. Uno li costruisce a seconda di certe caratteristiche.
Scrive un primo passaggio di espressione algebrica e, in quel momento, sei creativo, puoi fare quello che vuoi: inserisci una condizione economica, un aspetto fisico, uno stato di salute, un’età ma, dal momento in cui hai finito il primo passaggio, inserisci un uguale (=) e per sapere il risultato, devi svolgere quell’espressione algebrica ma, l’unico modo che hai, è quello di averla creata, non ne puoi determinare il risultato, in nessun modo. I personaggi vivono, hanno un sistema gravitazionale, in cui ognuno risente dell’ordine degli altri e quindi, cambia l’atteggiamento, cambia il modo di fare.
Se tu pensi di poter costringere il personaggio a fare certe cose, quel personaggio ti suonerà falso come una banconota da due euro. Non ha proprio senso costruirsi un personaggio e poi costringerlo a fare delle cose. Il personaggio va creato, inserito in un contesto e poi, bisogna stare a vedere cosa fa, comunque sempre sopra le righe, qualsiasi cosa faccia.
Questa è la parte divertente, stare a vedere i personaggi nei loro movimenti e guardare che cosa faranno. Io, in questo romanzo, per esempio, sono rimasto molto sorpreso dai comportamenti di almeno tre protagonisti che si sono comportati in maniera radicalmente opposta a quella che pensavo avrebbero fatto.
I personaggi femminili vivono nel futuro mentre, quelli maschili, nel presente.
I personaggi maschili vogliono vedere la partita e sono terrorizzati dalla frase ultimativa, per loro atroce, del: ‘Dobbiamo parlare ’ - perché loro, quando arrivano alla fine di un’intera giornata, desidererebbero essere altrove. Il mio amico Diego de Silva, dice sempre che ciò avviene quando si vieni sottoposti ad un processo e a una condanna, in nostra assenza.
I personaggi femminili vanno visti in una particolare prospettiva, vivono facendo programmi, anche a breve termine, i personaggi maschili, normalmente no.
Il personaggio femminile di Erminia ad es., vuole un compagno per il futuro, Enrica, vuole un marito e padre dei suoi figli e Ricciardi, non ha idea di tutto questo, quindi, si muove inconsapevole tra queste forze primigenie che lo aggrediscono da tutti i lati. A Loiacono succede la stessa cosa.’
L. BEATRICE: 'Ma l’immagine del personaggio cinematografico o televisivo come viene scelta?’
M.DE GIOVANNI: ‘Vi informo ufficialmente che la funzione dello scrittore conta quanto il due di coppe nella briscola classica, ossia pari a zero. Anzi, ho il sospetto che i registi ti chiedano il parere, per fare poi tutto il contrario.
La loro domanda potrebbe essere: ‘ Tu come lo vedresti? Perfetto, facciamo tutto il contrario! ‘- ‘Comunque, sono molto contento del team di attori di questo film televisivo. Gli attori sono fantastici, considerato poi che a Napoli, gli attori sono come il ghiaccio in Alaska, facilmente reperibili anche per strada e anche quelli che non pensano di esserlo.
Tutto questo ha aiutato molto il regista nella scelta degli attori. Mi ritengo fortunato, perché Alessandro Gassmann è bravissimo, anche se non è il Loiacono che io immaginavo.
Sono tutti personaggi particolari: un Loiacono che decide insanamente di fare il poliziotto, una Laura Piras (Carolina Crescentini) che non è certo il tipo di magistrato classico, però, senza dubbio, Tosca D’ Aquino, Gianfelice Imparato, Antonio Brunetti, Simona Tabasco, sono molto bravi e in particolare, una menzione d‘onore, la darei a Gianfelice Imparato.
Aragona è un personaggio un po’ naif. Io, lo immaginavo un po’ strano, particolare, come quei brutti che si sentono belli. L’ attore che interpreta Aragona, invece, è un bel ragazzo e allora il bel ragazzo che si sente bello, diventa antipatico, così la sua sceneggiatura è stata modificata, ammorbidita.
E’ stato comunque divertente vedere girare alcune scene anche se, durante le riprese, alcuni attori, cercavano di cambiare le performance dei loro personaggi. Vi racconto un aneddoto: Alex, nel libro, è una poliziotta gay, una ragazza che vive male la sua condizione e che viene interpretata da Simona Tabasco la quale, invece, è molto etero. Simona, la seconda volta che è andata sul set, mi ha preso sottobraccio e mi ha detto:
’Scusa Maurizio, io devo lavorare con Alessandro Gassmann e altri bei ragazzi che, tra l’altro, si cambiano e girano mezzi nudi, avanti e indietro sul set, mentre io devo fare una poliziotta gay. Puoi fare in modo che, una volta, il mio personaggio decida di provarci con un uomo? Puoi scrivere una scena cosi?’
Io, ho recepito l’istanza e mi sono messo nei suoi panni, ma non ho potuto fare nulla’. - (ridono tutti in sala)
L. BEATRICE: ‘Quando comincia la fiction? L ‘amore c’ è sempre nei tuoi romanzi? ‘
M. DE GIOVANNI: ’ Il 9 gennaio prossimo. Io sono interessato ai delitti passionali, quindi tutti i miei romanzi, sia quelli con Ricciardi che quelli con i bastardi, sono basati sui delitti passionali. Non mi interessano i delitti finanziari. Sono interessato agli articoli in cui si racconta che uno si è svegliato la mattina e, dopo 40 anni di matrimonio, ha ammazzato la moglie con 16 coltellate e poi, si è seduto al tavolo della cucina, aspettando che lo vadano a prendere.
Credo che il momento della scrittura, inizi da quando si comincia a volere uccidere,quanti anni prima e chi ha cominciato questa deviazione che ha comportato, poi, l’esplosione di rabbia ma, soprattutto, si poteva impedire? Che significato ha avuto per l’assassino l’altra parte? Per es. una madre che uccide il figlio. Ricordo che una sera, si parlava del delitto di Cogne.
Ero a cena insieme a Franco Roberti, il Procuratore nazionale antimafia, mio amico e lui ridacchiava, così gli chiesi: ‘Perché ridi?’- E lui – ‘ Tu sai quante sono le mamme che all’anno uccidono i figli in questo Paese. Sono oltre 60, 60 madri che uccidono i loro figli. I casi della Panarello a Ragusa e della Franzoni a Cogne, sono solo esempi.
Queste donne uccidono nelle maniere più atroci, solo che, nei loro omicidi, non c’è suspance: spesso si drogano, per cui le loro storie si capisce bene che non fanno notizia, mentre il caso di Loris si, perché lei nega tutto e questo, fa si che il lettore si appassioni, perché cerca di capire se è, o non è, stata lei. Io sono interessato a questo, alla perversione dell’amore, sono interessato a capire quando l’amore cambia le cose, quando quel flusso si inclina e da quando si inclina, voglio rappresentare il momento dell’esplosione e del cosa succede dopo.
Siamo di fronte a sentimenti che conosciamo già, emozioni che viviamo tutti, ma ci fermiamo prima. Qui, invece, c’è chi non si ferma e crea delle circostanze tragiche che io voglio raccontare.’
L. BEATRICE: ‘ Vorrei parlarti un po’ di Napoli. Io penso che Napoli, e lo penso da torinese, da un po’ di anni a questa parte, sia diventata una città molto, molto diversa, tanto perché non se ne parla più come della peggiore città d’ Italia e questo mi conforta, ma soprattutto perché ci sono realtà importanti, scrittori, personaggi importanti nel mondo artistico, come Paolo Sorrentino.
Siccome la tua Napoli non è mai una Napoli da cartolina ma una Napoli, in cui piove spesso, cosa che, di fatto, accade poco, allora ti chiedo: ‘Quanto pensi che in questi ultimi anni sia davvero cambiata e quanto, in realtà, questo cambiamento si vede all’interno dei tuoi romanzi, quelli contemporanei?’
M. DE GIOVANNI: ’Ti ringrazio per la domanda che è molto, molto complessa. Io sono contro le frasi ad effetto che sono poco esaustive. Napoli non può essere conclusa, non può essere raccontata da un unico punto di vista.
In realtà, è un’area metropolitana di un milione e mezzo di abitanti, unica area metropolitana in una Regione che ha un PIL inferiore a quello greco.
Se consideriamo solo l’Italia meridionale, possiamo dire che è un’Italia poverissima, probabilmente la più povera d’Europa e che può essere fatalmente accostata ad Atene o a Istanbul, non invece a Roma o Verona e Mantova. E’ una città che ha una configurazione diversa e quindi, al suo interno, ha tutto e il contrario di tutto.
Validamente interpretata da Roberto Saviano che fa riferimento a determinati gruppi sociali e a determinati quartieri, altrettanto validamente raccontata da La Capria che parlava dell’armonia e della bella giornata. Se poi, e non a caso, ci sono tanti scrittori che parlano di Napoli e pubblicano, vendono anche all‘estero - nessuna città ne ha tanti - questo non può che essere un fatto significativo, perché chi racconta storie, racconta le differenze di potenziale, come nell’amore che va da un punto all’ altro e Napoli, offre queste prospettive.
Napoli, in questo momento, è la citta d’ Italia più visitata dai turisti, più di Roma, più di Venezia, più di Firenze, un motivo ci deve pur essere! Napoli sempre in lotta, è aiutata dalla globalità, perché si ha la cognizione del suo stato, grazie all’accessibilità dei media.
Napoli è molto sola, perché ha deciso di auto-amministrarsi, ha deciso di non fare riferimento a una forza politica nazionale, affidando due mandati consecutivi al sindaco de Magistris. Io sono testimone di un cambiamento, di un movimento imperante, reso ancora più evidente, per esempio, dal degrado di Roma che, in questi tempi, ha fatto notare un contrasto ancora più evidente.
Trovo che Napoli, sia messa molto meglio di quanto io, in 58 anni di vita, abbia avuto modo di vedere. Certo, In questo momento, sarebbe molto meglio ammettere di stare male e lavorare per il miglioramento ma così vuole l’amministrazione. Il fatto dell‘accoglienza e del turismo, è una cosa che incide sulla città.
Se io apro un negozio di telefonini, non mi interessa molto di come è trattato il marciapiede, ma se apro un bar con i tavolini fuori, allora si che mi interessa, perché il turismo richiama un miglioramento esplicito della città che richiama un miglior governo, quindi, si innesca un processo virtuoso che, allo stato delle cose, mi sembra si stia verificando.’
M. VINCENZI: ‘Tu dici che le storie a Napoli ti vengono addosso e Saviano più o meno dice la stessa cosa, dice che vengono dai contrasti, ora il bello di Pizzofalcone, è che in 400 mq ci sono 4 mondi, 4 continenti che vanno a sbattere, perché a Torino, a Milano, è difficile immaginare una diversità di questo genere. Che mondi sono quelli di Napoli e che tipo di contrasti generano?’
M.DE GIOVANNI: ‘ Innanzi tutto, ci sono confini , come ho detto prima, in cui, a distanza di un metro, c’è un altro mondo: ci sono appartamenti che hanno, da una parte, il balcone che si affaccia su quartieri griffati, dove si sono stanziate le Banche, gli uffici finanziari, i bei negozi, dall’altro lato dello stesso appartamento, in un’altro balcone, ci si affaccia su un mondo in cui si parla un'altra lingua, in cui ci sono immigrati che vivono e mantengono la loro cultura, i loro contesti, senza nessuna alterazione, dove si esercita la prostituzione, dove la polizia non entra.
C’è via Chiaia, luogo della borghesia commerciale e impiegatizia che sta subendo una forte crisi, in cui molti negozi si impoveriscono , chiudono, Piazza dei Martiri, dove c’ è la sede della Confindustria e della borghesia finanziaria che, invece, si arricchisce e poi, ancora il lungo mare, con l‘aristocrazia, chiusa in salotti senza finestre che non prende coscienza della realtà.
Questi quartieri, così differenti e confinanti, riescono comunque a convivere, uno sull’ altro. Tu sei venuto a trovarmi a Napoli per l‘intervista e noi abbiamo attraversato, in un quarto d ‘ora, queste parti della città. Ti ho mostrato queste 4 città e sono assolutamente conviventi: si sceglie che cosa mangiare, si possono parlare linguaggi differenti, usare parole diverse e tutto questo, coesiste tranquillamente.
Capite che dal punto di vista narrativo, queste realtà offrono contrasti costanti e interessanti. Un ragazzo che vive nei Quartieri Spagnoli, può incontrare una ragazza di piazza Martiri, a 20 metri da lui: potrebbero andare a scuola insieme e il loro rapporto potrebbe generare situazioni assolutamente non prevedibili negli effetti.
Se tu ti metti a raccontare una storia così, il racconto è già fatto e, in questo modo, io potrei non avere grandi meriti nella mia narrazione. E’ impossibile non acchiappare storie, è impossibile evitarle. Anche il calcio, con i suoi striscioni, ci dice molto di Napoli, vi faccio un esempio: due giorni prima del referendum, nei Quartieri Spagnoli, è stato esposto uno striscione, un lenzuolo bianco con la scritta in rosso: ’HIGUAIN VOTA SI ‘ - questo è un classico esempio di sponsor subliminale, d’indicazione di voto’ (ridono tutti in sala).
Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini
Articolo pubblicato il 10/01/2017