I due volti di Torino

Il turismo che non porta ridistribuzione della ricchezza

Da anni ormai Torino ostenta giustamente una grande vocazione turistica che ha cambiato decisamente il volto e la fama della città da industriale a turistica.

Molto si è speso per il restyling del centro, con pedonalizzazone, la pulizia di molti palazzi storici, i nuovi allestimenti per il Polo Reale, l’incremento delle mostre temporanee, la riapertura dopo vent’anni del museo civico di Palazzo Madama, la realizzazione della Metropolitana, e, anche se non direttamente di competenza della città, la riapertura della Reggia di Venaria.

Di solo turismo, per il quarto capoluogo italiano per numero di abitanti, quasi un milione, purtroppo non si vive ed è quindi necessario fare sicuramente di più per creare nuove opportunità di lavoro, attraendo capitali e aziende.

Negli ultimi anni, il capoluogo piemontese ha continuato ad avere il record, oltre che di turisti, anche di ore di cassa integrazione, di un incremento del PIL tra i più bassi, sotto la media nazionale, la maggior percentuale di giovani che hanno deciso di andare a far fortuna all’estero, di aziende pronte a chiudere o a trasferirsi in Lombardia, come probabilmente avverrà anche per l’ex Seat Pagine Gialle pronta a trasferirsi ad Assago.

A Torino, il tasso di disoccupazione giovanile è molto elevato, il reddito procapite in costante diminuzione, una quantità di pendolari (verso Milano) sulla linea alta velocità che non ha eguali in Italia (circa 1600), una mobilità sociale pressoché inesistente e, se parliamo di qualità della vita, un tasso di inquinamento tra i più alti d’Europa, a cui si è pensato di rimediare bloccando la circolazione di qualche diesel per qualche giorno all’anno.

Torino, con la sua continua emorragia di giovani laureati che vanno all’estero (perdita di enorme capitale umano) e importazione di immigrati (nella maggior parte dei casi di bassa specializzazione), rischia di consegnarsi alle generazioni future come una città bella esteriormente ma con un pessimo bilancio di capitale umano e di skill di alto profilo, oggigiorno più che mai necessari per la società postindustriale che richiede profili professionali altamente specializzati.

Anche lo stesso tessuto del commercio, quello piccolo che tanto il sindaco Appendino si era detto di voler tutelare, si ritrova a dover fronteggiare un crescente aumento dei grossi centri commerciali, ancor più avvantaggiati dal fatto di poter disporre di ampi parcheggi gratuiti, mentre i piccoli commercianti debbono confrontarsi con le zone blu a pagamento anche prima di Natale che certo non attirano i consumatori, in una città in cui la Tari per gli esercenti è la più cara di Italia.

Ci sono poi le aziende a rischio chiusura o pronte a trasferirsi. Seat Pagine Gialle, prossima a trasferirsi in Lombardia, ha già inviato 300 lettere ad altrettanti suoi dipendenti per metterli in cassa integrazione a zero ore; 190 persone di Eurofidi rischiano di perdere il posto; 124 licenziamenti per la Sandretto; La Reggia di Venaria che fa il pieno di turisti, sesta più visitata d’Italia con un milione di visitatori, e i dipendenti della ditta che gestisce i servizi pagati sempre meno, causa un appalto da fame; circa 3 negozi al giorno che chiudono i battenti.

Con l’ultima iniziativa dell’attuale giunta di tagliare l’accordo per Sistema Teatro con cui si dava un aiuto alle piccole compagnie teatrali e la soppressione della Fondazione per la Cultura, aumenta anche il rischio che l’offerta turistico-culturale possa subire leggeri contraccolpi, che già comunque si avranno con la perdita o il ridimensionamento di alcuni appuntamenti come il Salone del Libro e la mostra su Monet di cui si è appropriata Milano.

C’è poi da ricordare che anche per le aziende che non prevedono licenziamenti o cassa integrazione, vi sono realtà per così dire “al ribasso” nei confronti dei propri dipendenti. Basti pensare a Careffour che, per aprire 24 ore su 24, porta, a sentire i sindacati, condizioni di lavoro poco dignitose e una certa precarizzazione per via dell’utilizzo massivo dei voucher oppure le varie proteste dei dipendenti della Tim che rischiano di vedersi cancellare o ridurre fortemente il contratto di secondo livello.

Sino ad ora, il neosindaco di Torino ha parlato di aumentare le multe per chi parcheggia in doppia fila, ridurre i costi degli staff nella pubblica amministrazione, dare nuovi finanziamenti alle circoscrizioni per la manutenzione ordinaria e straordinaria delle periferie; ma c’è da domandarsi se per questa giunta ci sia una vision precisa sulla occupazione, il lavoro, l’attrazione di capitali e l’arresto di emorragia di aziende, negozi e giovani che purtroppo stanno segnando la città.



Marco Pinzuti


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Articolo pubblicato il 18/01/2017