Stipendio d'oro in Poste senza firmare un atto Scoppia il caso Alfano jr.

La Corte dei conti indaga sull'assunzione del fratello del ministro. M5S: Angelino dimettiti.

«Uno che tende a bruciare le tappe» ha scritto di se stesso, nel suo curriculum, Alessandro Alfano, fratello minore di Angelino, politico che ha bruciato davvero le tappe (ministro della Giustizia, poi dell'Interno, ora degli Esteri).

Alfano jr, con in mano una laurea triennale conseguita a 34 anni, nel 2013 è riuscito a conquistare un posto d'oro alle Poste, da dirigente, senza concorso. Trampolino per una carriera fulminante, in tre anni è passato da Direttore Business Development di PosteCom, poi Direttore Soluzioni Offerta e Post Vendita di Poste Tributi, quindi dirigente nella capogruppo Poste Italiane (attuale inquadramento come risulta dal suo profilo Linkedin), con aumenti che ne hanno fatto lievitare lo stipendio da 160mila a 200mila euro.

Una carriera veloce, forse troppo, visto che a fronte di un incarico dirigenziale ottimamente retribuito, in quattro anni Alessandro Alfano non ha firmato neppure un atto. Incongruenze che sono finite in un rapporto della Guardia di finanza, e in un'indagine della Corte dei conti sulle modalità dell'assunzione di Alfano Jr, e delle successive promozioni, alle Poste. E il fratello del ministro rischia grosso, perché se fosse accertato un danno erariale sarebbe chiamato a restituire gli stipendi incassati in questi anni.

Le anomalie riscontrate dalla Gdf sono diverse. Innanzitutto sulla chiamata di Alfano jr. Nelle carte si riporta che l'allora consigliere del Cda di Poste Antonio Mondardo «aveva manifestato la propria perplessità all'allora ad Massimo Sarmi circa le motivazioni che avevano portato all'assunzione di Alessandro Alfano, senza che il cda fosse portato a conoscenza dell'esigenza di dover ricoprire tale ruolo, e che per tale carica fosse prevista l'assunzione del citato dirigente».

Il profilo di Alfano jr era stato selezionato come? A rispondere agli inquirenti è stato l'ex capo del Personale di Poste, Claudio Picucci. «Chi aveva presentato il cv di Alessandro Alfano? Ritengo (l'allora, ndr) l'ad di Poste, Sarmi», informato del fatto che non fosse un Alfano qualsiasi, ma proprio il fratello del ministro Alfano («il nome era altisonante», racconta Picucci). Sarmi, a sua volta, ha spiegato che serviva qualcuno che avesse «una buona conoscenza del territorio del Sud Italia». Peccato che poi Alfano jr sia stato assunto a Roma, non in una sede meridionale di Poste.

Ma non basta. Dalle indagini del nucleo valutario della Gdf emerge che, oltre a non esserci stato un concorso, non c'è stato neppure un colloquio prima di assumere Alessandro Alfano. Preso e assunto così, sulla fiducia. «Alessando Alfano non era neppure stato annoverato nella rosa dei primi cinque candidati individuati nel 2013 - si legge nel rapporto delle Fiamme gialle - e, neppure quando si è deciso di accantonare tali nominativi e di procedere alla ricerca del candidato con il profilo più adatto sul profilo Linkedin, inserendo le caratteristiche richieste, il suo nominativo è apparso».

Quindi, visto che non si riusciva a far combaciare le caratteristiche richieste dalla posizione, con i titoli di Alfano jr, «hanno cercato direttamente sul portale Linkedin il nominativo di Alessandro Alfano, di cui è apparsa la schermata». Insomma, come se si dovesse assumere proprio lui. In attesa che la Corte dei conti concluda l'indagine, a farsi sentire per ora è solo il M5S: «Alfano, c'è Poste per te: dimettiti!» scrive il blog di Grillo.

ilgiornale.it

 

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Articolo pubblicato il 20/01/2017