L'EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS Francesco Rossa: Donald è arrivato e lancia la sfida

In attesa delle prime mosse del Presidente

I mercati finanziari apriranno domani e nel medio periodo potremo verificare gli effetti del ciclone Trump sulla nostra economia e sul livello delle nostre esportazioni.

Questa presidenza appena iniziata sta scatenando allarmi, anatemi ed euforie, Se dalle piazze ieri ci fossimo introdotti nei palazzi, almeno in Europa, a  cosa avremo assistito?

Calde lacrime a Berlino sulle guance imbronciate di Angela Merkel, mentre a Bruxelles Juncker  affonda nel solito bicchiere le sue pene e le pulsioni sessuali della nevrotica  Christine Lagarde appaiono ormai incontrollabili.

A Parigi Hollande, ormai fuori gioco, se ne frega, perché è consapevole che il suo parere non conta nulla. A Roma l’imbarazzato Gentiloni affida all’inutile Alfano le sorti della nostra misera politica estera, tra l’indifferenza e l’ilarità generale.

Negli Stati Uniti, alla faccia di anarchici e contestatori abituali, Trump sta scatenando la gioia di milioni di elettori americani impoveriti dalle miopi politiche delle élites e offesi dai santoni del “politicamente corretto”: i “miserabili”, quel popolo tanto odiato e disprezzato da Hillary Clinton, la menzognera ormai rottamata, cerca ora di alzare il capo.

Dalla prima dichiarazioni rilasciate in Italia, Giulio Tremonti ha paragonato il 9 novembre 2016 al 9 novembre 1989.” Due svolte epocali. Ieri le macerie del muro di Berlino seppellivano il comunismo, oggi le schede elettorali archiviano i gruppi dominanti, corrotti e avidi, che della globalizzazione hanno fatto una bandiera e un investimento”.

Per  Alain de Benoist, : «Non è il personaggio Trump ad essere importante, è il fenomeno Trump. Un fenomeno, che come la Brexit, ma con una forza ancora superiore, illustra in maniera spettacolare l’irresistibile avanzata del populismo nel mondo».

Un’onda lunga su cui scivolano con temeraria abilità Marine Le Pen, l’FPO in Austria, ma anche Orbàn in Ungheria e Kaczynski a Varsavia, che stanno scaldando i muscoli in vista delle competizioni elettorali che nel corrente anno potrebbero cambiare il volto politico dell’Europa e minare il lento declino delle istituzioni comunitarie.

Come negli USA, i movimenti populisti riempiono lo spazio aperto dal fallimento pieno delle sinistre socialdemocratiche o liberal. Quali saranno le sfide e le difficoltà sulle quali si dovrà cimentare Trump?

La più rilevante sta nei difficili conti nazionali. Ronald Reagan, che resta per Trump un modello di fondo, quasi triplicò il debito pubblico portandolo a 4 mila miliardi riducendo subito le tasse e aumentando le spese, salvo poi stringere di nuovo i freni fiscali quando ormai era tardi. Con Bush figlio il debito arrivò a una cifra più che doppia rispetto al lascito di Bill Clinton, toccando i 10 mila. Con Obama ci siamo avvicinati ai 20 mila.

L’ottimismo reaganiano presupponeva più debito. Non è più replicabile la partita giocata da Reagan. Eppure è quanto Trump sembra pronto a fare: meno tasse e più spese.

Nei rapporti con l’estero, Trump conferma nel discorso inaugurale la sua missione isolazionista: “Non cercheremo di imporre a nessuno il nostro modello di vita, ma lo faremo brillare quale esempio da seguire per chiunque. Rafforzeremo le vecchie alleanze e ne forgeremo di nuove, uniremo il mondo civilizzato contro il terrorismo dei radicali islamici, che sradicheremo completamente dalla faccia della terra”.

In quanto europei, saremo interessati prima di tutto alla politica estera, strategica ed economica.  Il nuovo presidente da buon nazionalista non ama le entità a più voci come l'Ue (chi davvero parla a nome della Ue?) e non è propenso a farsi legare le mani dalla Storia. Ma nella sua politica estera l’Europa dovrà svolgere un ruolo centrale, che lui voglia o no.

L’altra incognita di non poco conto è la NATO.  Trump ritiene l’Europa - così almeno in campagna elettorale - un insieme di alleati troppo tiepidi, più pronti a farsi concorrenza che a pagare per la propria difesa: con lui dovranno spendere molto di più.

La Nato tuttavia è già stata con Obama di fatto declassata. Ormai le truppe americane in Europa, su due brigate, sono a quota 30 mila uomini. Oggi un’Europa disarmata confronta una Russia armata, e l’equilibrio è garantito dalla promessa americana di accorrere in forze, se necessario.

Questo non potrà durare in eterno e sarà anche normale che un giorno non ce ne siano più, di reparti americani in Europa o pronti per l’Europa. Ma quel giorno ci vorrà un’Europa credibile quanto a volontà di esistere come tale, credibile come deterrenza e difesa, e una Russia credibile come partner pacifico.

Dopo la deleteria politica estera di Obama, il nuovo presidente dovrà intervenire in parecchi scenari, in primis stabilendo rapporti con la Russia.

A breve, nell’ipotesi probabile che l’alleanza anti-Isis si faccia, si pone il problema di che cosa Vladimir Putin chiederà in cambio. Lo si sa già: la fine delle sanzioni ovviamente, e la revisione degli attuali equilibri in Europa. In cambio dell’alleanza anti-Isis sul fronte Sud di quella che ancora è l’Alleanza atlantica, e cioè sulla linea Mediterraneo-Medio Oriente-Golfo Persico.

La Russia vorrà riportare più a Ovest le sfere di influenza sul fronte Nord, dal Baltico ai Balcani. In fondo gli accordi di Yalta non prevedevano Lituania, Polonia e Romania nella Nato, e Mosca non accetterà mai che i non molti carri armati Nato arrivino oggi a meno di 1.000 chilometri di distanza, mentre prima del 1989-1991 le prime, più temibili divisioni americane erano ben più arretrate, a 2 mila chilometri e oltre.

America First! Sono le due parole che riecheggiano nelle orecchie di tutti e che riassumono bene tutto il senso del discorso presidenziale e del suo impegno.

In un’epoca in cui vanno di moda i concetti della post-nazione, del post-cristianesimo, della post-modernità e chissà quanti altri “post”, il nuovo presidente ha lasciato tutti di stucco. Gli anarchici sfasciano Washington, i big del cinema e della musica si radunano a New York per una sorta di contro-cerimonia.

Donald Trump ha subito finora un tentativo di delegittimazione che non ha precedenti e ha accettato la lotta, senza compromessi. La storia lo giudicherà.
 

Francesco Rossa
Direttore Editoriale
Civico20News.it

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Articolo pubblicato il 22/01/2017