Bologna FC vs Torino FC 2-0

ESSER GRANATA VUOL DIRE FEDE E AMORE: brutta sconfitta del Toro al Dall'Ara che chiude (quasi) definitivamente la corsa all'Europa.

A freddo (citazione di “Meg”): anche quest’anno andiamo in Europa l’anno prossimo.

 

La partita di ieri a Bologna, forse la più brutta della stagione, ha evidenziato due elementi statistici agghiaccianti, che sanno di verdetto quasi definitivo:  una vittoria nelle ultime sette gare e otto punti dall’ultimo treno disponibile per i preliminari di Europa League.

Un ruolo di marcia vergognoso e una distanza ormai incolmabile.

Salvo miracoli. Si, ma quali?

 

Se il Mister stesso dice: Con questo distacco parlare di Europa non ha senso. Da qui a fine stagione dobbiamo fare più punti possibile, non perdere l’entusiasmo e giocare come sappiamo e vincere”, allora cosa andiamo a fare allo stadio, che senso ha continuare a sostenere la squadra, o meglio, questa squadra? Che senso ha, scusate la domanda retorica, vincere?

 

Ennesima stagione buttata alle ortiche, per non dire peggio, ennesimo campionato che “poteva essere”e non è stato, e forse, a questo punto, non lo sarà mai..

Non parlo per pudore di “processo di crescita”, non mi sembra il caso, ma credo che ogni effetto abbia una causa, sarà lapalissiano, ma è così: la partita di ieri ha evidenziato per la milionesima volta le pecche e le manchevolezze della squadra, ovvero la fragilità della difesa, la coperta corta a centrocampo e l’attacco Belotti-dipendente.

Certo, è la società a muoversi in certi meandri, ma ne parlerò più avanti.

 

Nel corso degli ultimi due anni abbiamo visto partire, da destra a sinistra: Bruno Peres, Maksimovic, Glik e Darmian. Difesa che, schierata secondo il modulo di Mihajlovic, sarebbe una delle più forti d’ Europa.

Per contro sono arrivati: De Silvestri, Rossettini, Castan, Ajeti e Carlao, più il desaparecido Avelar.

Il lancio di Barreca, a questo punto unica nota positiva dell’annata, è dovuto a circostanze contingenti.

Moretti, grazie comunque, è ormai a fine carriera.

Risultato: difesa colabrodo, statica e perforabile sulle palle alte e soprattutto inattive.

A questo punto, viste le parole del tecnico, tanto vale provare come centrali Ajeti e Carlao (uno destro, l’altro, a quanto pare, mancino) che peggio di quanto visto fin’ora, non possono proprio fare.

 

Il centrocampo è stata e rimane la nota dolente da anni: leggero, poco tecnico e poco muscoloso.

Rimpiango Basha, personalmente.

Gli interventi di mercato sarebbero graditi e necessari, ma anche in questo caso: “mi serve quello ma compro quell’altro, anzi preferisco prenderlo in prestito, ma no, prendo ancora quell’altro che non costa niente”.

Risultato: centrocampo che rimane quello che è, e ci tocca rimpiangere Acquah, che sta giocando la Coppa D’Africa con la propria nazionale.

E poi, abituati a Conticchio e Tricarico, con Benassi e Valdifiori siamo nel lusso, si fa per dire.

 

Per l’attacco vale più o meno il discorso fatto per la difesa: ho sognato a lungo un tridente Cerci-Belotti-Immobile, da leccarsi le orecchie in Italia e in Europa, e anche questo sogno poteva tranquillamente trasformarsi in realtà, ma la voglia di misurarsi col calcio che conta, il ritorno a casa, fatto solo per la convocazione in Nazionale, hanno messo lo zampino, con i risultati che tutti sappiamo.

A parte questo, la partita di ieri, ancora una volta, ha dimostrato che senza il “Gallo” non si segna, e che quindi una alternativa valida ed affidabile al nostro #9 è quanto meno necessaria.

 

A tutto questo aggiungiamo un allenatore in confusione totale: si, è vero, sta cercando di trasmettere un minimo di "tremendismo" e con i giocatori che ha a disposizione non è facile, ha voglia di vincere, di dimostrare, ma certe volte, con certi cambi, rischia, anzi, cade nel ridicolo (cinque punte in campo non servono a una beata mazza)

 

Comunque, scelte tecniche a parte, è la società che deve muoversi.

Già, e qui casca l’asino.

Urbano Cairo è sicuramente un grande imprenditore, un cervello fino della finanza e degli affari, questo è ormai risaputo.

Urbano Cairo, fiutato il business del calcio, ha comprato il Toro a parametro zero, per i suoi fini extra calcistici, risaputo anche questo.

Urbano Cairo non ha intenzione di reinvestire tutte le plus valenze per fare grande il Toro, questa è una certezza.

 

Possiamo incazzarci fino a farci venire la bile o peggio, ma la sostanza rimane tale.

Possiamo contestare fino allo sfinimento, ma il Presidente non molla (mica scemo).

Possiamo sperare in un tycoon asiatico con tanti soldi o in un magnate russo del petrolio, forse allora il buon Urbano venderebbe la società, ma anche in questo caso, nessuno ha la bacchetta magica, e la storia recente dell’Inter e del Milan lo dimostra.

Tra l’altro, chissà perchè, ai tempi di Cimminelli, i compratori erano all’ordine del giorno e da quando Cairo è presidente si è visto all’orizzonte solo Ciuccariello.

Misteri del business.

 

Conclusione: siamo alla canna del gas.

Siamo ridotti ad aspettare la fine della stagione per viverne una nuova, che, viste le premesse, sarà uguale a quella in corso: comincio a girare il rubinetto.

Siamo qui a litigare tra tifosi, orfani del vate e sostenitori di Miha, fra accontentisti e buonisti, fra tifosi della cairese e tifosi del Toro.

 

Che brutta cosa.

Rimane la maglia, il colore granata. Il motivo per cui si continua ad andare allo stadio. 

 

F V <3 G 

 

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Articolo pubblicato il 23/01/2017