Corruzione – Politica e giustizia.

Non bastano nuovi reati, occorre riformare la prescrizione!

 

La prescrizione va riformata per prevenire e reprimere la corruzione e, le recenti critiche  sollevate  dall’Associazione Nazionale Magistrati e dai Giudici di Cassazione, ne confermano la necessità.  

Il Presidente dell’A.N.M., Davigo, durante un’intervista domenicale, su  RAI3, così si esprimeva: ’ Per un magistrato la prescrizione è il miglior istituto  che ci possa  essere, perché  gli pulisce  il tavolo senza lavorare.

Se noi discutiamo del decorso del termine, non è perché vogliamo lavorare meno ma  perché  vogliamo  fare giustizia che è un’altra cosa.’  

Il Presidente della Corte D’Appello di Napoli, ha denunciato la mancata esecuzione di migliaia di sentenze, nel  distretto  partenopeo. Le   statistiche dicono che, ad oggi,  permangono.  50.000 sentenze ineseguite.  e   12.000   persone   condannate a  piede   libero.  Occorrono  procedure trasparenti per gli appalti, sanzioni penali e pecuniarie adeguate, certezza della pena. A  questo si aggiunge la carenza di  personale,   nelle cancellerie e.  nelle aule   di giustizia, che dovrebbe essere risolto, si spera, con una copertura di organico di 4.500 persone. 

Fin dal 2013, la politica ha presentato  un   pacchetto di   misure,   come il DASPO (interdizione perpetua da  incarichi pubblici e di contrattazione con la P.A.)   per politici,   funzionari,   imprenditori corrotti,   ha introdotto.   la figura  del whistleblower, ha riformato il 416 ter sul voto di scambio politico-mafioso   con il sequestro e la   confisca dei beni dei responsabili di   tangenti,   il potenziamento   della lotta all’evasione e  il recupero dei   capitali    detenuti   all’estero, attraverso  l’introduzione del reato di autoriciclaggio  e il Codice etico per gli eletti e i canditi ma non  ci   sono  ancora soddisfacenti segnali di una decisa risposta a tutto questo.  

Il Presidente   dell’A.N.M., durante   l’intervista,   ha effettuato una acuta e brillante analisi   che induce a   una   seria valutazione sulle problematiche, sulle soluzioni che investono la corruzione, facendo riferimento anche alle Banche.

Le Banche, come l’imprenditoria, la politica, la pubblica.  amministrazione, le associazioni malavitose,   sono state più volte coinvolte   in fenomeni corruttivi.   Come abbiamo avuto modo di osservare e,   in futuro,   accerteremo    con la conclusione dei processi, le Banche, hanno   rischiato di fallire, perché i loro     dirigenti    hanno usato  il denaro   dei correntisti per uso personale. La classe   politica non  ha fornito risposte adeguate al problema,     perché   continua a intervenire con decreti salva Banche, utilizzando fondi pubblici. In questo modo, non si   può   dichiarare   lo stato   di insolvenza e non si possono applicare i reati fallimentari. Non    si possono   accertare le colpe e applicare le pene,   al massimo, l’amministratore corrotto, risponderà per reati minori, illeciti civili, insomma rischierà poco.  

Se compariamo i reati di strada con quelli applicati ai colletti bianchi, possiamo osservare una disparità di trattamento a fronte di una superiore, pericolosità sociale dell’amministratore   corrotto    che può   mietere un  numero  di vittime incommensurabilmente superiore a quelle del ladro di strada. Non si può fare a meno di ricordare il processo Parmalat per aggiotaggio, con 45.000 parti civili e 45.000 vittime. 

Quanto deve impiegare uno scippatore per mietere tutte queste vittime? Deve   essere stata un gran fatica,   durante le udienze, fare l’appello al mattino, per verificare la presenza in aula, di 45.000 parti civili e parti offese.   Le sanzioni contro i colletti bianchi, sono più basse. Per il ladro di strada la pena prevista è quella del furto e della rapina, mentre per il corrotto c’è l’appropriazione indebita. La pena base, in entrambi i casi, è la stessa, solo che il furto semplice non si configura mai, è sempre aggravato e ciò comporta comunque l’arresto, mentre l’appropriazione indebita,    può non essere aggravata e non prevede, quindi, l’arresto: questo non può che essere recepito dal corrotto, come un  segnale, un  incentivo a delinquere.  

Se osserviamo il processo a carico di Bernard Madoff,   per anni ai vertici della finanza americana,    condannato,   nel 2009, a 150 anni per una colossale truffa finanziaria e, invece,  vediamo cosa  accade in Italia,   in cui i   processi    si prescrivono, dovremmo  fare   una   profonda    riflessione. Una    recente statistica, ha considerato    che gli  indici di corruzione non sono chiari, perché dovrebbero essere basati sulla percezione e non su dati numerici, ossia sul numero di condanne. 

In base al numero di condanne, infatti, siamo equiparati   alla Finlandia che è il Paese meno   corrotto  al  mondo  ma questo dato non è reale,  perché,  in verità,  i corrotti    o non   li arrestiamo, o non  li    processiamo,   perché  scatta la prescrizione. In un tempo abbastanza recente, non si faceva nulla per la   corruzione se non   cercare di contenere i processi con leggi inadeguate sulla falsità contabile, con rogatorie internazionali complicate, leggi ad personam. 

La legge Severino, con   la   minuziosa   disciplina   sugli appalti e  il   Codice degli Appalti, riformato a seguito di una direttiva dell’Unione Europea, non risultano efficaci, perché gli imprenditori si alleano, creando cartelli che   escludono le imprese perbene. 

Le norme sugli appalti,   troppo   stringenti,    finiscono   per   dare fastidio solo alle imprese perbene, lasciando libero movimento alle imprese corrotte che formano catene di complicità lunghe e potenti, consentendo loro,  di spostarsi in quella parte del territorio in cui possono operare meglio con elusioni ed evasioni. In Italia, si tende a classificare  tutto ma serve a poco. La legge antimafia, utilissima per la   confisca   dei beni e che aveva creato  il   certificato antimafia, viene sistematicamente elusa, perché nessun mafioso si intesta l’impresa. La legge   Severino ha introdotto il reato di traffico d’influenza ma non ha sortito i risultati sperati se non complicarli. Il millantato credito,   infatti,   è condannato con pene fino a sei anni, mentre il traffico d’influenza, con pene fino a tre anni.  

Avere l’influenza è forse meno grave che far  finta   di   averla? Le conseguenze   sono che,  per il traffico  d’influenza, non si possono  chiedere   intercettazioni e non  è consentita la   custodia in    carcere,   con il rischio d’inquinamento probatorio. Tornando alla prescrizione, in realtà, è un segno di civiltà, perché è giusto che un imputato sappia  quanto tempo  durerà,  al   massimo,  il suo processo e poi,  perché  più  tempo passa, dalla commissione del reato,  e  più è difficile acquisire le prove.  

Queste motivazioni sono, senza dubbio, valide ma solo fino a quando non sono  state  acquisite tutte le prove perché, una volta acquisite al giudizio di primo grado, per quale ragione dovrebbe continuare a decorrere la prescrizione?

Se si è assolti e  appellante  è il P.M., si   può  comprendere la prescrizione, perché è lo Stato  che vuole   rivedere  la vicenda, ma se appellante è il condannato che decide di ricorrere, avverso la sentenza di primo grado,   perché  deve beneficiare della prescrizione?

sc

 

 

 

 

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 08/02/2017