Conservazione delle cellule staminali del cordone ombelicale: come è fatta una biobanca?

Antonella Lobraico per Civico20News

Il sangue del cordone è ricco di cellule staminali, già oggi molto importanti dal punto di vista clinico. Il Ministero della Salute infatti ne riconosce l'utilità, elencando più di ottanta malattie trattabili con queste cellule¹. Il potenziale terapeutico delle staminali cordonali può essere preservato nel tempo conservandole in biobanche.

Come avviene la conservazione cellule staminali?  

Innanzitutto è bene precisare che per una corretta conservazione, la biobanca debba operare nel rispetto di stringenti standard di qualità. È dunque importante che la biobanca possieda le opportune certificazioni (ad es. GMP).

All’arrivo in biobanca, i campioni di sangue cordonale viene sottoposto a diversi passaggi.

La sacca che contiene il sangue viene portata al laboratorio di ricezione per essere registrata: nome donatore, data di arrivo e volume del campione vengono inseriti nel database anche con l'uso del codice a barre.

Poi il campione è consegnato al laboratorio di ematologia il quale accerterà la qualità del sangue con un test su una piccola parte del campione. Si verificherà la presenza di marker infettivologici (epatite B, C), il gruppo sanguigno del bimbo, e il conteggio delle cellule nucleate (staminali comprese).

Il sangue cordonale subisce altri test di qualità in una stanza sterile, e infine viene trasferito in una sacca adatta alla crioconservazione, poiché dotata di una sostanza che protegge le cellule dal congelamento.

Superati i controlli di qualità, i campioni vengono conservati in appositi biocontainers. La conservazione avviene a -196°C, temperatura ottenuta tramite azoto. Un campione di staminali può essere conservato per più di 24 anni senza che le capacità di proliferazione e di differenziazione delle cellule siano alterate.

 

                  Antonella Lobraico

 

 

 

 

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 21/02/2017