Giustizia tributaria – riformare il sistema – giudici tributari specializzati.

Non si può più tollerare che chi giudica su importi, anche elevati, lo faccia per passatempo e per compensi bassi e inadeguati alla funzione.

 

La legge delega sulla  riforma  tributaria,  da qualche  tempo,  sulle aule parlamentari, a firma dell’on.  Ermini ed altri (atto n. 3734), riaccende il dibattito sul rapporto FISCO –  CONTRIBUENTI.  La proposta  di legge  delega   di  riforma della giustizia tributaria, prevede la soppressione dei giudici tributari e l’attribuzione delle loro funzioni alle Sezioni del Tribunale ordinario con l’attribuzione al CSM, delle funzioni del Consiglio di Presidenza.  

I dubbi maggiori comunque restano, soprattutto perché, comunque, le commissioni tributarie garantiscono  snellezza processuale, mentre la magistratura civile, sarebbe  aggravata  ulteriormente  da  questi processi:  già   sull’orlo   del collasso, arriverebbe a una paralisi.   La  spinosa  questione  dei  giudici  tributari,  resta  difficile    da    dipanare ma necessaria, soprattutto per la debolezza della loro figura, spesso soggetta a pericoli di corruttibilità per  considerevoli tangenti, come si  legge  sempre  più  spesso  sui giornali che ci informano di   indagini  che  li  riguardano,  come  le inchieste giudiziarie di Milano, Roma, Foggia. 

Le Commissioni Tributarie, giudici competenti alla risoluzione del contenzioso tributario, costituiscono    tutt’oggi  un problema serio, perché si continua a trattare, secondo autorevoli voci, con leggerezza una materia vasta e complessa quale è  quella   fiscale. E’   stato   più   volte   sottolineato   dagli   organi     d’informazione e   anche   dalla   stessa dottrina, l’inadeguatezza dei  giudici tributari, attualmente   giudici onorari,   non   a tempo pieno,   professionisti che spesso svolgono contestualmente a questa attività giudicante, altre attività.  

A tutt’oggi la normativa prevede solo per la commissione regionale che. sia   composta per due terzi,   da   magistrati ordinari, amministrativi, contabili, militari,   da procuratori e avvocati,   negli altri   casi,   ossia   per la   commissione provinciale, non è richiesto questo tipo di professionalità ma solo il   titolo universitario    (laurea in giurisprudenza  o economia). 

La materia   tributaria   oggi, è   particolarmente intrecciata   a numerosi e più articolati moduli   procedurali degli atti impugnabili, per cui si richiederebbe una competenza molto più ampia e  non   certo   quella   prevista   negli anni 80, periodo della sostanziale riforma sulla giustizia tributaria e in cui il  giudizio  era  delineato  in   modo  particolarmente semplificato, per le problematiche di allora che ora sono molto più complesse.

Gli stessi  strumenti  per  una  giustizia  più   uniforme, come   i   processi litisconsortili che dovrebbero scongiurare la difformità di giudizi su una pluralità di ricorsi con identità di oggetto e di titolo, non vengono adottati, per la diffidenza verso questa procedura o, se vogliamo, per l’incapacità di applicarla; il tutto a discapito della garanzia  del principio di uguaglianza. Siamo di fronte a  giudici   minus   valentes, come   osserva  spesso la  dottrina  più     raffinata   che  si auspica che si metta al più presto mano alla riforma  per  salvaguardare la terzietà,   indipendenza e  imparzialità  del giudice tributario. 

Le commissioni tributarie provinciali (in primo grado) e le regionali (in secondo grado) sono formate,      come è stato spesso espresso, da volontari, in maggioranza privati, avvocati, commercialisti, funzionari in pensione. Su un totale di 3.419 componenti, i magistrati professionisti, sono solo 1543 gli altri 1.876 sono privati   che  fanno  i  giudici   come secondo lavoro,    nei   ritagli di tempo, con retribuzioni bassissime, in   media tra  200 e 400 euro   al mese.  Eppure, davanti alle commissioni tributarie, pendono più di 570   mila processi,   per un   valore totale di  gestione di cause, di 52,6 miliardi di euro.  

Questi giudici, hanno il potere di giudicare cause milionarie e di affidarsi a perizie lautamente remunerate. Gli evasori ricchi, si possono permettere di pagare avvocati competenti che sono in grado di vincere   facilmente  le resistenze di giudizio, dovute alla discutibile preparazione di questi giudici e cosi lo Stato perde i ricorsi, invece,  il cittadino povero e onesto, di fronte ad un errore del FISCO, preferisce pagare, non potendosi permettersi una adeguata difesa. 

Quindi il fisco, bisogna dirlo, in alcuni casi, si dimostra debole con i forti e forte con i deboli. La riforma,    nonostante ciò, non è da tutti auspicata. Mario Cavallaro, capo  del   Consiglio  di Presidenza della Giustizia tributaria,    ha detto, senza tanti giri di parole, polemizzando con Giovanni Canzio, Presidente  della Cassazione che,  invece, si   auspica un contenzioso fiscale sotto i giudici ordinari, che la riforma sarebbe un errore, perché    le   udienze di   milioni di  cause  arretrate  del penale e del civile, slitterebbero  almeno al 2020.

E’ pur vero che, a volte, l’Agenzia delle entrate, richiede tasse inique, dovute a   grossolani errori di   calcolo e il ruolo dei giudici tributari, in questi casi, risulta prezioso, annullando la sanzione tributaria    erronea   ed è   vero anche che pagare le tasse è un inderogabile dovere costituzionale che vale più della privacy dei presunti evasori,     per questo è stato proposto da autorevoli personaggi della magistratura che si potrebbero applicare a tutti, le   leggi  antimafia che permetterebbero così  di confiscare ricchezze    sproporzionate   rispetto ai   redditi    dichiarati,   favorendo in questo modo,  la massima deterrenza della legge.  Ma,   intanto,   si dovrebbe  anche  valutare  dove alleggerire la pressione fiscale.

Oggi l’Italia ha una pressione fiscale stimata al 70%, elevatissima   quindi, che non può che spingere all’emigrazione dell’imprenditoria locale e allo scoraggiamento della costituzione nei nostri territori, di quella straniera.   Solo un buon rilancio economico e un alleggerimento fiscale, potrebbe risolvere il problema e per le ricette bisogna chiedere sempre alla politica, ad una buona.  

Per i giudici tributari, intanto,  si auspica  un rafforzamento   della   professionalità e  una   adeguata specializzazione, perché non si può più tollerare che    chi   giudica   su   importi anche   molto elevati,   lo faccia per passatempo e per compensi risibili, anche se bisognerà fare i conti con  la legge delega che   richiede  che ogni cambiamento, avvenga a bilancio pubblico, quindi, occorrerà decidere e si spera al più presto,  su   questo  argomento di prioritaria importanza, tagliando su altre inessenziali e, per il momento, superflue voci di bilancio.

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Articolo pubblicato il 24/02/2017