Economia in crescita: illusione o barlume di speranza?

Come poter interpretare i segnali in apparenza positivi

La notizia ha colto di sorpresa gli addetti ai lavori, come gli analisti, ma anche l’intera opinione pubblica: l’economia italiana starebbe ripartendo. Nessuno avrebbe potuto immaginare una chiusura del 2016, così positiva, della produzione industriale come confermato dai dati dell’Istat, comunicati all’inizio di febbraio, che hanno registrato infatti a dicembre un aumento del 6,6%.

Non si vedeva un incremento così sostanzioso, il quinto progresso tendenziale consecutivo, dall’agosto 2011. La crescita complessiva è aumentata, nel 2016, all’1,6%, raggiungendo così un altro record positivo, da parte del nostro Paese, che non si ricordava dal 2010.

I dati, che hanno determinato questa condizione favorevole, hanno riguardato soprattutto la produzione del  settore energetico, che è aumentata dell’11,9%, così come quella dei beni intermedi e strumentali che si è attestata ad un ottimo 7%.

Tutto ciò è stato possibile grazie anche ai maggiori investimenti a medio - lungo termine. Gli effetti, di tale circuito virtuoso, si sono riversati anche sul calcolo complessivo del Pil che è aumentato nel 2016 in termini grezzi, secondo quanto riferito dall’Istat a metà di questo mese, dello 0,9% (lo 0,1% in più rispetto alle previsioni del Governo).

Tali notizie sono state lette, dal mondo politico, in modo differente. L’Esecutivo ha sottolineato, per voce del Premier Paolo Gentiloni e del Ministro dell’Economia Piercarlo Padoan, i successi delle riforme approvate negli ultimi mesi e una profonda attenzione nei confronti della riduzione della spesa pubblica.

Le opposizioni hanno evidenziato, invece, come la nostra economia continui a rimanere il fanalino di coda dell’Unione Europea.

Bisogna considerare sicuramente che la rappresentazione positiva, proposta agli italiani, si scontra con un clima prevalente di opinione piuttosto negativo, dal momento che il numero dei disoccupati, delle persone che vivono sotto la soglia di povertà e degli scoraggiati, ovvero coloro che non lavorano e non studiano, continua a essere elevato.

C’è però un elemento che potrebbe dare un barlume di speranza: l’aumento degli investimenti. Questi ultimi rappresentano infatti, come sostiene anche DAI Impresa, la base per una rinascita di un mondo imprenditoriale lacerato da una stretta sul credito causata da un clima di sfiducia senza precedenti. La presenza di una maggiore liquidità sul mercato, unita alla necessità di rispetto dei vincoli di bilancio europei e a una seria lotta contro gli sprechi nella Pubblica Amministrazione, potrebbe generare una diminuzione dell’elevato debito pubblico insieme a un incremento della produzione e dunque del reddito disponibile per le famiglie.

Questa spirale positiva, che potrebbe richiamarsi per un certo senso a quella stessa logica keynesiana che ha sancito la fine della crisi economica mondiale degli anni Trenta, incentiverebbe anche gli altri fattori che compongono il Prodotto Interno Lordo italiano: i consumi e le esportazioni che sono già molto forti (il 2016 si è concluso, secondo l’Istat, con un saldo positivo, ai massimi storici, pari a 417 miliardi di euro).

L’economia del nostro Paese potrebbe riacquistare, solo così, quella salute ormai persa da molti anni e garantire un futuro dignitoso, che sembra al momento un’utopia, alle giovani generazioni.

Marco Paganelli

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Articolo pubblicato il 22/02/2017