I jeans, un capo “made in Italy” che ha fatto storia

Da Chieri, attraverso Genova per arrivare negli States

Il jeans è solo uno dei tanti prodotti di uso comune nati in Italia, ma la cui storia è misconosciuta ai più. Sotto questo aspetto il Comune di Chieri cerca di far luce sull’origine nostrana di tale iconico capo, festeggiandolo ogni anno con la manifestazione Settembre in jeans.

Tanti sono i capi d’abbigliamento, e relativi brand italiani, che, insieme ai giovani e la loro continua spinta ribellistica, hanno fatto la storia della moda e a volte non solo quella. In tale panorama il più importante è sicuramente il pantalone di tela blu, chiamato comunemente “jeans”, di origine chierese, provincia di Torino.

La città di in questione, già a partire dal XV secolo, produceva un tipo di fustagno di colore blu, che veniva venduto ai marinai del porto di Genova. Inizialmente lo si utilizzava per coprire le merci che imbarcavano sulle navi. Poi per confezionare pantaloni e tute da lavoro indistruttibili.

Proprio da Genova (Jannes in francese antico) questo tipo di materiale fu spedito in America, dove nel 1871 venne inventato il primo jeans moderno, che apparve per la prima volta sulla copertina di Vogue nel 1937.

Dagli anni Quaranta i jeans sono stati simbolo della moda e della ribellione: li hanno indossati icone come Marlon Brando e James Dean. Erano il capo simbolo di tutte le star del rock e furono la divisa dei movimenti hippie e punk.

Nell’Italia del Sessantotto, i giovani contestatori di sinistra indossavano jeans sdruciti, maglioni e le immancabili Clark: era simbolo di “opposizione al sistema” e di fiera contrasto alla studiata eleganza dei ragazzi riconducibili alla destra.

A partire dagli anni ’70, le aziende produttrici iniziarono a pubblicizzare il prodotto e rimuovere l’associazione negativa tra i jeans e il mondo eversivo delle culture giovanili, che li rendevano non accettabili da altre fasce di consumatori. Le griffe iniziano a produrre una propria linea, come vuole la tendenza yuppie, facendolo diventare un oggetto di lusso.

Nel 1980 a Milano la scena era calcata dai cosiddetti Paninari, a Roma dai Tozzi e a Napoli dai Chiattilli. Si tratta dello stesso “movimento giovanile”, ossessionato dalla griffe nell’abbigliamento, che si ispirava ai modelli del cinema statunitense e dei programmi televisivi italiani dell’epoca. La divisa era costituita principalmente dai jeans e tante erano infatti le aziende italiane che ne producevano. Il tutto accompagnato dalla famosa giacca a vento Moncler, gli scarponcini Timberland e occhiali da sole Ray-Ban.

Oggi accanto ai Roy-Rogers (i più famosi jeans italiani) vi sono decine di marchi, ma soprattutto molti stilisti, che li hanno trasformati in capi importanti e costosi con gioielli incastonati, toppe di tweed e stoffa pregiata e addirittura buchi e squarci fatti ad arte.


Giada Speziale

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Articolo pubblicato il 24/02/2017