THE TREE GEES, the night fever is stayin’alive

iTRIBUTE: Toni Campa & Luciana De Biase fanno rivivere, insieme alla band romana, l’atmosfera dei “favolosi anni’70”

Ricordo come fosse adesso, la prima volta che vidi sul grande schermo “La febbre del sabato sera”: cinema “Lux”, galleria San Federico, aprile 1977.

Sedicenne, ci andai con la pivellina che credevo l’amore eterno e assai poco convinto, forse perchè lei aveva occhi solo per John Travolta, del quale mi fece una testa così per tutto il tragitto in tram. 

Il film, lì per lì, non mi parve un granchè (solo anni dopo, rivedendolo e rivedendolo, ne avrei compreso il messaggio), e più che dalle scene di ballo, rimasi colpito dalla musica: all’epoca vivevo di progressive, rock-sinfonico e hard-rock.

Ascoltando la colonna sonora (Bee Gees, Tavares, KC & the Sunshine Band, eccetera) mi resi conto che esisteva un “altro” genere di musica: chiamatela disco-music o come meglio credete, un tipo di musica che serviva per ballare, stare insieme e divertirsi.

Visto che nel ballo sono sempre stato una chiavica, decisi proprio quel pomeriggio che sarei diventato un dee-jay.

Infatti pochi giorni dopo bussavo alla porta di Domenico Salis (r.i.p.), fondatore di Radio Veronica One e da quel buco in via Santa Teresa prendeva il via la mia “carriera” di speaker radiofonico e disk-jockey.

 

Ricordi che sono tornati quanto mai vividi, durante il concerto dei Tree Gees al Le Roi:Toni Campa e Luciana De Biase sono riusciti per una sera, e chissà che la magìa non si ripeta attraverso altre iniziative (loro e solo loro ne sono capaci), a trasformare il music-hall di via Stradella nel “2001 Odissey” ed a trasportare idealmente il loro locale a Brooklyn: si è creata un’atmosfera secondo me mai vista, bellissima, una cosa incredibile che ha fatto dire allo stesso Toni:”...abbiamo ballato come da tempo non ricordavamo...”.

Si, è davvero così: merito di Alex, Paolo, Franz e Ezio, The Tree Gees appunto, che ci hanno regalato un’ora abbondante di pura magìa. 

 

Canzoni come “You should be dancing”, “Stayin’ alive”, “How deep is your love”, “Tragedy”, “Massachussets”, ma anche “Boogie Shoes” e “Disco Inferno”, suonate e cantate magistralmente, per altro, sono riuscite a far tornare giovani, anzi giovanissimi, chi come me lo era in quel periodo.

 

Credo che tutti, ma proprio tutti i presenti, almeno per un attimo, sentendo le prime note di “Night fever”, brano d’apertura dello show, abbiano ripensato alla primavera del 1977, a cosa facevano e con chi erano allora, probabilmente con un briciolo di tenerezza e un groppetto in gola, che poi si è magicamente sciolto, perchè tutti, ma proprio tutti i presenti, hanno cominciato a ballare.

 

Magìa, dicevo poco sopra.

Essere Tribute band è un compito molto arduo poichè non si tratta solo di riprorre un determinato repertorio di un determinato artista o band, ma si tratta di saper offrire uno spettacolo più vicino possibile, in parole, opere e omissioni, all’originale. La mia esperienza personale mi ha portato ad ascoltare innumerevoli tribute band e posso dire che ad oggi sono davvero tanti quelli che ci provano, pochi quelli che ci riescono.


Nel caso dei Bee Gees il livello da raggiungere è sinceramente alto: innanzitutto sono tre voci, cori perfettamente in sincro, atmosfere particolari dal flow unico, ma soprattutto falsetti melodiosi che hanno una timbrica talmente sofisticata e fine che ogni sbavatura rischia di diventare un miagolio fastidioso e una ridicola macchietta ad un’opera d’arte della natura, quale è la voce di Robin o di Barry Gibb. 

Pochi sono coloro che hanno trovato il successo con questa tecnica vocale: Farinelli, i Bee Gees ed i New Trolls.

Quindi una bella sfida per chi vuole cimentarsi in un tributo degno di tal nome.

Ma non per i ragazzi che ho sentito Venerdì sera.

 

Musicisti di mestiere, con un curriculum lungo chilometri, un’esperienza provata sul campo e tanto, tanto talento.  

 

Perfetta la scelta dei brani, perfetta l’esecuzione musicale e canora, perfetta la presenza scenica, perfetta la loro

presenza al Le Roi.

 

Mi stupisco e sono sicuro che vi state stupendo anche voi del mio giudizio sempre critico e pungente, ma credetemi, standing ovation per questi quattro ragazzi:


Alex Sammarini (chitarra e voce solista), voce incredibile e grande presenza scenica, un Barry Gibb più giovane o, come ha detto qualcuna in platea, un clone più bello di Jim Morrison, Paolo Amati (basso e voce), una macchina ritmica, un groove preciso e originale che ha fatto tremare il pavimento del Le Roi, Franz Bancalari (tastiere e voce), il fulcro di tutti i suoni, un vero direttore d’orchestra, tastierista virtuoso e di gran classe ed Ezio Zaccagnini (batteria), un martello pneumatico, che ha arrangiato la ritmica dei brani in chiave decisamente roccheggiante, rendendoli ancora più godibili.

 

Nota di merito anche per l’abbigliamento:

perfettamente in linea con il periodo e molto ma molto simile a quello indossato dagli “originals” (guardatevi qualche video dei “bros” e capirete); magari qualcuno tra i più giovani, può sorridere vedendo le camicie a fiori, ma preferisco di gran lunga quelle, ai pantaloni super aderenti che lasciano la caviglia nuda… 

 

Sono riusciti, cosa molto difficile per una tribute-band, a creare, o per meglio dire, ri-creare, l’atmosfera che ruotava attorno a quelle canzoni, l’atmosfera tipica di quel periodo, l’atmosfera di quelli che vengono, giustamente, definiti i “favolosi anni ‘70”. 

 

Di questo ed altro abbiamo parlato con Alex ed Ezio, poco prima del concerto.

 

Ragazzi, un po’ di storia del gruppo.

(Alex)Guarda, è una storia abbastanza comune. Un gruppo di amici, di musicisti, che lavorano insieme in determinate situazioni e che da una situazione ne fanno uscire un altra.

 Eravamo in tour con Gianni Morandi, e questa idea è venuta fuori durante i sound-check, dentro i camerini, tra un falsetto e l’altro (sorride, ndr), e alla fine ci siamo detti...perchè non facciamo ‘sta storia? Poi abbiamo cominciato a provare, per vedere come andava e abbiamo visto che andava bene. Tieni conto che stiamo parlando di quindici anni fa, dove le tribute non erano neanche una realtà così radicate come adesso. Per noi era un modo per portare un repertorio pazzesco alla luce, se possiamo dire così. Dico...alla luce...si! In realtà la musica dei Bee Gees è molto più vasta di quella che il grande pubblico generalmente conosce. Prima e dopo “Saturday night fever” c’è stato moltissimo. Comunque, dopo aver appurato che eravamo in grado di fare questa cosa, siamo partiti. I primi anni lo facevamo proprio nei buchi lasciati dalla nostra attività, perchè eravamo spesso in tour. Pian piano siamo cresciuti, ora facciamo un’ottantina di concerti all’anno: siamo passati dai localini alle feste di piazza, ai concerti in giro per l’Europa, abbiamo in programma un giro in Sudamerica, insomma da una cosina giocosa...

...ci metterei anche la parte

cipazione al capodanno di RAI1...

 

(Alex) Si, una bella soddisfazione. Anche perchè siamo riusciti a proporci per come siamo. Sai, in televisione si rischia molto, soprattutto un gruppo come il nostro, una tribute-band, che in TV può diventare una macchietta. Invece, almeno credo, la nostra esibizione è stata parecchio identificativa di quello che siamo in realtà .

Certo, e la conferma viene anche dalle visualizzazioni su You tube. Ma perchè proprio i Bee Gees?

(Ezio) Sicuramente perchè Alex, con il suo back-ground conosceva tanto, non dico tutto, ma tanto, dei Bee Gees. Poi perchè, dopo i Beatles, sono quelli che hanno scritto più canzoni che poi hanno cantato tantissimi altri artisti. Per questo ci è piaciuto e ci piace fare tanto altro, oltre ai pezzi della “Febbre del Sabato Sera”. Noi proponiamo uno spettacolo che va dagli anni ’60 agli anni ’90.Come si dice, le cose accadono. Non è stato un progetto nato a tavolino, è stato un gioco che poi, essendo noi dei professionisti, abbiamo reso un lavoro vero proprio.


Curiosità...avete mai avuto a che fare con i fratelli Gibb in carne e ossa? O se preferite, sanno che esistete?

(Alex) No, di persona, no. Saperlo...forse si...forse no (ride, ndr). Allaccio un nuovo discorso. L’unico sopravvissuto (Barry, ndr), sappiamo che sa della nostra esistenza. Perchè noi, un paio di anni fa, abbiamo messo in rete un brano originale, scritto da noi. Con diversi stratagemmi abbiamo fatto credere che fossero i Bee Gees stessi ad averlo inciso. Ce la siamo “arrischiata”, per dire. Questa cosa è andata molto bene: tutte le comunità dei fans dei Bee Gees, si sono, come dire, arrovellate, chiedendosi da dove venisse fuori questo brano...dagli anni ’70...dagli anni ’80...poi alla fine siamo usciti fuori noi, abbiamo fatto un video della canzone. Ti dico anche che il management di Barry Gibb ha dovuto smentire che fossero stati gli originali a fare la canzone...


...che si intitola?...

(Alex) ...si intitola “Sweet embrace”...c’è il video che ruota su You Tube da un po’ di tempo. 

La fate stasera?

(Alex) In realtà non è in programma. Sai, siamo sempre un pochino restii a farla...anche perchè c’è un certo progetto che stiamo portando a termine...

(Ezio) Anche perchè stasera siamo stati chiamati per fare canzoni dei Bee Gees quindi...

...quindi parlatemi di questo progetto...

(Ezio) E’ una operazione musicale,se mi passi il temine. Sono dei bellissimi brani, con il sound tipico della fine degli anni ’70, e molto probabilmente stamperemo anche la versione in vinile, il vecchio e amato long playing. Questo perchè abbiamo notato che c’è un ritorno al’’uso di questo supporto. Fra un paio di mesi uscirà l’album, sempre con lo stile Bee Gees, con un sound creato ad hoc da Paolo Amati, il nostro bassista. Una cosa molto interessante,anomala se vuoi, perchè non appartiene al tributo classico, che rifà il brano del gruppo o del solista. Ci crediamo, ci è piaciuto farlo: sappiamo bene della crisi del disco, ma proprio perchè c’è crisi, bisogna continuare a farne, di dischi, proponendo qualcosa di diverso. Quel qualcosa che proporremo anche in concerto, oltre al tributo ai fratelli Gibb.

Sulla base della vostra grande esperienza di musicisti e compositori, è ancora tempo, secondo voi, per la musica dei Bee Gees? O se preferite, sono ancora attuali?

(Ezio) La bellezza non ha mai età, non ha mai limite (ride, ndr).

(Alex) Secondo me stiamo parlando di musica classica. Come i Beatles. Classico, cioè qualcosa che rimane a prescindere dal tempo. Credo che i Bee Gees siano da catalogare nello stesso ambito. Hanno un repertorio sconfinato, e se pensi al loro periodo di maggior splendore, fine anni ’70, ti accorgi che, rispetto a tutti gli altri avevano una marcia in più. Un talento compositivo mostruoso che si fondeva con le sonorità di quel momento. Secondo me dopo Lennon-Mc Cartney, loro vengono immediatamente dopo.  Quindi...dopo tutte ‘ste parole...la risposta è si! La qualità e la bellezza delle canzoni và oltre. “Let il be” non è collocata nel tempo. Quindi anche “Stayin’ alive”.

Ragazzi, grazie del tempo che mi avete dedicato, buon concerto, tanta musica e mi auguro di ascoltare presto il vostro nuovo LP, e sottolineo...ellepì!

(Alex, Ezio) Grazie a te! 


Many thanks to Tina Rossi Photographer per i bellissimi click.


Stay always tuned !!! 

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Articolo pubblicato il 28/02/2017