Brexit: La Scozia è pronta a un nuovo referendum.

La scelta del Regno Unito di uscire dall’Unione potrebbe aver rimesso tutto in discussione

Il Regno Unito non è mai stato tanto diviso.
Questo viene da pensare leggendo la nota del premier dell’autonomo governo scozzese Nicola Sturgeon, la quale precisa che la scelta da parte del Regno Unito di abbandonare l’Unione Europea avrebbe cambiato le carte in tavola, rendendo necessaria una nuova consultazione: “Due anni e mezzo fa non sapevamo che restare parte del Regno Unito avrebbe significato uscire dall’Unione Europea".

Che la vittoria dei Leave il 23 giugno 2016 non fosse andata giù alla popolazione scozzese lo si era intuito sin da subito, prima ancora che dalle dichiarazioni dei portavoce indipendentisti, bastava leggere il voto dalle parti di Glasgow, decisamente in controtendenza rispetto al resto della popolazione britannica e a favore della permanenza (solo il 38% aveva votato per uscire dall’Unione).

La scelta di ricorrere a un nuovo referendum, si legge, è anche da attribuire alla testardaggine di Londra nel non voler riconoscere un’autonomia negoziale alla Scozia "Il governo britannico rifiuta ogni compromesso che ci consenta di rimanere almeno dentro il mercato comune europeo, non ci resta altra strada che decidere da soli il nostro futuro",ha chiosato la Sturgeon.

La data a cui puntano gli indipendentisti scozzesi è compresa tra l’autunno 2018 e la primavera 2019, un periodo ideale in cui il Regno Unito non sarà ancora formalmente fuori dalla Ue ma saranno già definiti tutti gli accordi che legheranno Sua Maestà a Bruxelles. Un bel modo per poter scegliere all’ultimo se scappare dalla nave che affonda, o restare e vedere se c’è vita oltre l’Europa.
La paura che maggiormente attanaglia i leader indipendentisti è quella di riuscire ad uscire dal Regno Unito solo una volta completato il processo di separazione tra l’Uk e l’Unione, dovendo dunque ricominciare da capo il lungo processo d’ammissione.

A Downing Street come prevedibile, non hanno preso bene le dichiarazioni di guerra della Sturgeon: un secondo referendum sull'indipendenza della Scozia sarebbe divisivo e provocherebbe "enorme incertezza economica".
Il governo May, hanno provato a tranquillizzare, s'impegna a negoziare ora la Brexit "nell'interesse di tutte le nazioni" del Regno Unito.

Una situazione, quella tra Edimburgo e Londra, che però resta sempre tesa: a tre anni di distanza dal referendum che aveva sancito la permanenza della Scozia nell’Uk con un secco 45-55% , ci si trova di nuovo punto a capo, e per la prima volta i sondaggi dicono che gli indipendentisti sono avanti.
Un bello schiaffo a fronte delle politiche di devolution che hanno caratterizzato il rapporto tra le due nazioni negli ultimi trent’anni, e che hanno portato a una sempre maggiore autonomia della Scozia.

Tutto ciò nei giorni alla Camera dei Comuni si stanno discutendo i due emendamenti relativi alla Brexit: il primo atto a garantire tutele e garanzie verso i cittadini europei residenti in territorio britannico durante post Brexit, il secondo circa il potere da parte del Parlamento di porre il veto al futuro accordo sulla Brexit dopo i negoziati.
Il ministro per la Brexit, David Davis, ha chiesto ieri ai deputati di eliminare entrambi gli emendamenti che erano stati apportati dalla Camera dei Lord in modo da approvare il progetto di legge “nella sua forma originale”
Di contro, da Bruxells i vertici europei si dicono pronti a iniziare i negoziati con il Regno Unito.

L’impressione è quella che non saranno fatti sconti.
Una partita che Theresa May si appresta a giocare su due tavoli, quello interno e quello estero.
Una partita che le vede contro altre due donne, Nicola Sturgeon e Angela Merkel, l’unica leader credibile e carismatica che ha da proporre l’Europa in questo momento.

 

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Articolo pubblicato il 14/03/2017