Piu' Europa, ma quale?

Proponiamo l’ultimo e-ditoriale del Direttore di 2006PIU’ Magazine Marco Margrita sulla newsletter bisettimanale di DAI Impresa

Il 25 marzo prossimo si festeggerà il 60° anniversario dei "Trattati di Roma". Sessant'anni fa, nel 1957, in un lunedì di pioggia intensa, il percorso verso l'unificazione europea compiva un passo fondamentale.

In Campidoglio, nella sala degli Orazi e Curiazi, alle sei di sera, i rappresentanti di sei Paesi (Italia, Germania Ovest, Francia, Olanda Lussemburgo e Belgio) sottoscrivevano l'istituzione di Cee ed Euroatom. Una firma che arrivava sette anni dopo la presentazione da parte di Robert Schuman del piano di cooperazione economica, ideato da Jean Monnet (passata alla storia come Dichiarazione Schuman), che segna l’inizio del cammino d’integrazione continentale europea.

L'Italia è stata a lungo culla dell'ideale europeista. Il pensiero europeista ha radici profonde nella storia, già precedentemente lo Stato nazionale.

Molto diversa la situazione oggi. Secondo l'ultimo Eurobarometro del Parlamento europeo, anche nel 2016, come già l'anno precedente, meno di quattro italiani su dieci restano convinti che far parte dell’Ue abbia portato benefici al proprio Paese: l’Italia è ultima in questa particolare classifica.

Sempre più spesso, trasversalmente alle parti, l'Europa viene vista più come  problema che come opportunità.

Malati di provincialismo, poi, da noi le grandi questioni continentali e globali si "affrontano" sempre con lo sguardo schiacciato sul corto raggio e ripiegati sulla meschina contingenza. Come ha fatto notare il presidente emerito Giorgio Napolitano, in un recente intervento su "La Stampa", colpisce "la distanza che da queste problematiche separa nel momento attuale la politica italiana (...) È comunque un fatto che appaiono assurdamente flebili nei luoghi della politica e nei canali dell’informazione gli echi di quel che sta scuotendo l’Europa e il mondo.

Su quale palcoscenico politico si stanno affrontando temi, dilemmi, scelte che richiedono dovunque, in ogni Paese europeo e al livello dell’Unione, posizioni e proposte politiche ben definite? Nelle diverse e opposte aree politiche in Italia prevale l’introversione, il chiudersi nelle proprie vicende interne, di rottura e di ricomposizione, o di faticosa e polemica ricerca di nuove aggregazioni".

Poco si è dibattuto, per dire, sul “Libro bianco sul futuro dell’Unione europea”, recentemente presentato all'Europarlamento dal presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker. Una trentina di pagine, cinque differenti percorsi – chiamati “scenari” – che l’Unione a 27 potrebbe decidere di intraprendere. L’orizzonte temporale è il 2025.

Servirebbe parlarne, ma la nostra politica (in generale, la classe dirigente nostrana) non sa andare oltre la dimensione domestica.

Serve "più Europa", dicono alcuni (e verrebbe da concordare). Ma quale? È il caso, davvero, di parlarne.

Marco Margrita

@mc_margrita

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 17/03/2017