Quel Marzo glorioso

Civico20 intervista lo storico Professor Pier Franco Quaglieni

Il mese di marzo si presta alle reminiscenze scolastiche. Dalle “Idi” al “ marzo 1821” di Manzoniana memoria,  ai fatti salienti della Storia che hanno visto Torino protagonista nel Risorgimento.

Il 4 Marzo 1848 Re Carlo Alberto promulgò lo Statuto Albertino e il 17 marzo 1861 Vittorio Emanuele II° proclamò l’Unità d’Italia, dinanzi al Parlamento riunito a Palazzo Carignano.

Due momenti fondamentali nella vita del Regno di Sardegna e del nascente Regno d’Italia.

Torna alle mente il ricordo non solamente rituale del 4 marzo 1992, quando il presidente della Repubblica Francesco Cossiga, affiancato da un sindaco liberale, ed ascoltando una relazione di Norberto Bobbio, si é soffermato sul grado di Civiltà politica che albergava nel Piemonte Risorgimentale.

Lo stesso Cossiga, nella prefazione di un volume, edito per la ricorrenza dalla Fondazione San Paolo di Torino, esaltava come unico caso in Europa, lo Statuto Albertino, in quanto preceduto da lavori preparatori verbalizzati.

In questi tempi si ha  l’impressione che nelle poche circostanze in cui da parte del Comune o della Regione, si intende evidenziare le pietre miliari della nostra Storia, il tutto rimanga avvolto in un alone di superficialità, nella stretta osservanza di un rituale “politicamente corretto”,  che non dia fastidio.

Ne parliamo con il Professor Pier Franco Quaglieni, storico e direttore del Centro Pannunzio di Torino.

Professor Quaglieni, oggi pare di vivere in un’altra epoca. Secondo lei, perché quest’anno non c’è stato alcun cenno a queste ricorrenze fondamentale nella vita di uno Stato Moderno, se si eccettua  un “Porte aperte” all’Aula di Palazzo Carignano?

C’é stata qualche iniziativa Torino il 17 marzo, al monumento di Mazzini in largo Andrea Doria. Era un piccolissimo evento dell’associazione mazziniana torinese che ormai raduna un gruppo sparuto di persone.

Dopo la morte di Bachi, Grandi, Parmentola è divenuta davvero poca cosa.

Quest’anno, anche per l’iniziativa del gen. Cravarezza che si è buttato con passione nell’organizzazione di eventi, come presidente di Assoarma, ha assunto dimensioni diverse con le autorità, gli studenti delle scuole, la
banda dei vigili urbani.

L’unico politico sensibile a certi temi appare Nino Boeti, vicepresidente del Consiglio Regionale.

Il sindaco o sindaca, come ama definirsi lei, ha letto un discorsetto in cui ha sintetizzato il senso del 17 marzo, pur con qualche imprecisione: silenzio totale su Vittorio Emanuele II°, la storia risorgimentale definita
contemporanea, Verdi definito eroe.

Ma il discorso l’ha fatto ed è stato anche applaudito.

Il sindaco in questo campo è figlia di una scuola che non insegna la storia del Risorgimento, se non in modo sommario perché il Decreto Berlinguer che obbligò a dedicare l’ultimo anno della scuola superiore al ‘900, ha
penalizzato il programma dell’800, Risorgimento compreso.

Tra le stranezze, un mazzo di fiori blu e gialli al monumento di Cavour e una corona d’alloro a quello di Mazzini. Stando al cerimoniale, la corona d’alloro sarebbe spettata solo a Vittorio Emanuele II.

Ma è stato fatto qualcosa. Cravarezza ha promosso altre due belle iniziative in quella che ormai può dirsi quasi  casa sua: la Biblioteca nazionale universitaria.

Grillo vorrebbe istituire la giornata della memoria per le vittime del Risorgimento, il 13 febbraio sconfitta dei Borboni a Gaeta. Cosa ne pensa?

E’ una follia a cui da Torino ho replicato soltanto io, ricordando i valori del Risorgimento, come ha fatto Dino Cofrancesco da Genova.

Vorrei leggere a Grillo che è un comico e non è certo uno studioso di storia,  le parole di Giaime Pintor che scriveva al fratello poco prima di morire nel 1943 quando tutto dopo l’8 settembre sembrava crollare :”Il Risorgimento è l’unico episodio della storia politica che ha restituito all’Europa un popolo di africani e di levantini”: Meglio non si potrebbe dire.

Quest’anno sono 30 anni dalla morte di Rosario Romeo, il più grande storico del Risorgimento italiano, So che lei è stato suo amico e che ne ha scritto nel suo ultimo libro . Ci ricordi qualcosa.

Rosario Romeo era un personaggio scomodo, anche se con me, da vecchio collaboratore del “Mondo" di Pannunzio, è stato sempre molto gentile, direi persino affettuoso.

Ricordo che quando venne eletto al Parlamento europeo per la Lista laica, liberale e repubblicana, nel 1984, tenne una straordinaria lezione nell’Aula del Parlamento subalpino.

Ho di lui un ricordo straordinario, ma i nostri incontri soprattutto a Roma furono frequenti.

Oggi si chiamerebbe lectio magistralis, una cosa che fanno anche i professorini.

Allora nessuno avrebbe parlato di lectio magistralis.

Ricordo che l’Aula del Parlamento subalpino rimase inagibile per decine d’anni per lunghissimi lavori di restauro che, di fatto, paralizzarono il Museo del Risorgimento che riaprì i battenti nel 2011 per i 150 anni della
proclamazione del Regno d’Italia.

Fu la bestia nera dei contestatori che tentarono violentemente di aggredirlo.

La sua monumentale biografia di Cavour basterebbe da sola per dire con le sue tremila pagine di che stoffa fosse Romeo, cresciuto alla scuola di Chabod.

Ma Romeo ha anche smantellato le tesi gobettiane e gramsciane che sostenevano un presunto fallimento del Risorgimento. Dimostrò che si trattava di tesi superficiali, dilettantistiche, ideologiche.

La vulgata antirisorgimentale venne stoppata dalla ricerca scientifica rigorosa di Romeo.

Romeo nel 1961 denunciò anche il fatto che la Chiesa impose una visione edulcorata del Risorgimento che sorvolasse sui rapporti tra Stato e Chiesa, sul “libera Chiesa e libero Stato” di Cavour.

Sempre nel 1961 sostenne che la Resistenza non si poteva considerare un secondo Risorgimento in quanto essa fu espressione delle forze ostili o estranee al Risorgimento, se eccettuiamo i partigiani monarchici come Mauri o i mazziniani.

Anche Bobbio era d’accordo con Romeo su questa interpretazione della Resistenza, pur con altre motivazioni, in primis la guerra civile che fu elemento caratterizzante della Resistenza che non fu solo Guerra di Liberazione.

Rosario Romeo fu un Maestro, averlo conosciuto fu un privilegio, aver studiato le su opere, mi preservò da tanti errori.

Andrebbe ricordato degnamente anche a Torino, ma se non lo farà il Centro Pannunzio, credo che altri non siano interessati.

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Articolo pubblicato il 21/03/2017