Moda, Made in Italy e Torino... c'era una volta

La città di Torino ha avuto un ruolo fondamentale per la moda italiana

Più volte dalle colonne della rivista del gruppo d’opinione DAI Impresa, 2006PIU’ Magazine, nonché da queste digitali, abbiamo voluto porre l’accento sull’importanza della moda, settore tutt’altro che secondario, spesso quasi sinonimo di made in Italy.

Eppure l’importanza e l’attenzione conquistate hanno origini piuttosto recenti. Sebbene sin dall’Unità si sia andata palesandosi la necessità di creare una moda nazionale, soltanto durante il Ventennio fascista, per via della spinta centralizzatrice del regime, si pone rimedio alla questione. Infatti nell’35 viene fondato l’Ente nazionale moda con sede proprio a Torino.

 

È nella città della Mole la prima Mostra Nazionale dell’Arte della Moda: correva l’anno 1946 e il Palazzo Reale di Torino accoglieva i capi italiani più rinomati. Organizzatore dell’evento il presidente del nuovo Ente dedicato: il Conte Dino Lora Totino di Cervinia, da un’antica famiglia di lanieri biellesi, quindi capace di riconoscere il potenziale del settore tessile in Italia.

 

Grande ruolo ebbero anche il sindaco di Torino dell’epoca, Giovanni Roveda, nonché il Partito comunista italiano, nel tentativo di accreditare permanentemente Torino come fulcro della moda italiana.

 

Con la nascita nel ‘49 a Milano del Centro italiano della moda con non pochi e il contributo alla moda romana dato dall’atelier delle sorelle Fontana, che confezionavano abiti per le star di Hollywood, a metà anni Cinquanta Torino, Milano, Roma e Firenze sono i quattro “punti cardinali” della moda.

 

Nei loro laboratori vengono poste le basi per una divisione dei compiti che nel tempo si sarebbe poi perfezionata. Infatti, Roma si dedicata all’alta moda, Firenze a quella da boutique, mentre la coordinata Torino-Milano all’abito di confezione.

Con l’istituzione nel ‘62 della Camera Nazionale della Moda italiana viene finalmente garantita una struttura stabile al settore.

 

Nel ‘64 il gruppo Condé Nast acquista “Novità” e la evolve in “Vogue Italia”, in modo da richiamarsi alle celebri riviste americane “Vogue” ed “Harper’s Bazaar”.

In precedenza, fino alla Prima Guerra Mondiale, erano state le riviste torinesi di moda a ricoprire un grande rilievo, pian piano perso, a partire dagli Anni Trenta, in favore di Milano.

Nasce, quindi, il grande giornalismo di moda e la figura delle trend-setter destinate ad accompagnare la moda italiana e gli stilisti fino ad oggi. Questo fenomeno presto rende Milano la capitale ufficiale della moda italiana.

 

Come per la breve storia della Fiat, anche questa serie di note vogliono più che altro indurre la riflessione sul ruolo che Torino ha avuto per il settore produttivo italiano.

Oggi, specie dal nostro osservatorio ad una breve, ma sufficiente distanza, si osserva come il Capoluogo sia in sospeso: a metà tra un grande passato e un futuro che vuole essere artistico e turistico, quest’ultimo a sua volta in bilico tra un “torinocentrismo” e l’aspirazione a fare della città l’interlocutore dei territori periferici.

 

Giada Speziale

 

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Articolo pubblicato il 22/03/2017