Il cambiamento non procura dolore ma è la resistenza al cambiamento che lo crea.

Questa frase gira su tutti i canali di fb ed è diventata un classico di questo social. Si impara facilmente a memoria, ma pochi  la mettono in pratica proprio nei momenti in cui il cambiamento avviene nelle loro vite.

Come ogni teoria – e  questa è una affermazione di Gotama il Buddha - deve essere messa in pratica se no rimane lettera morta. In realtà la legge che regola ogni cosa sotto la luce del sole è quella del “Dharma”, della giustizia universale.

Il Dharma è un dinamico flusso di energia che ad ogni secondo armonizza il mondo umano alle leggi armoniche dell’universo. Porre resistenza  a questo continuo cambiamento crea attrito e solidificazione, rallentando così lo svolgersi armonico delle cose.

Il problema di base è che le coscienze umane sono cristallizzate e abbarbicate su valori acquisiti, ed è quindi assai doloroso accettare il cambiamento in modo soffice e naturale, ciò crea normalmente dolore, poiché si vorrebbe mantenere le cose e i valori acquisiti, a volte anche con molto sforzo e fatica.

I bellissimi mandala buddisti fatti con la sabbia del mare stanno ad indicare proprio l’impermanenza di ogni cosa: quando il mandala è perfetto viene cancellato dal vento o dalle onde del mare, come per dire che ogni cosa in questo universo, anche la più eccelsa è effimera, solo il cambiamento è la costante che regge l’esistenza, e solo ad esso ci dobbiamo affidare se vogliamo fluire in modo armonico con le leggi dell’universo.

“Tutto ricevere, per tutto abbandonare per tutto rinnovare” afferma Ermete Trismegisto.

Se  compariamo la formula ermetica col detto del Buddha, risulta una evidente similitudine: nel momento in cui abbandoniamo ogni cosa, sia questa bella o brutta, non ci attacchiamo al cambiamento che queste attuano in noi e quindi non ci procurano dolore alcune, rimane l’immutabile attimo presente, vero fulcro immobile da cui si diramano tutte le cose quotidiane.

Se impariamo ad introdurre questo modo di intendere la vita, allora anche al momento della morte, il cambiamento supremo, non ci recherà dolore, ma sarà solo un passaggio armonioso verso altre sfere, rette non dalla legge dell’acquisizione ma da quelle del libero scambio delle energie.

Noi infatti amiamo conservare tutto quello che siamo, ma all’improvviso, una svolta imprevista del destino ci toglie di mano i nostri possessi e ciò crea dolore. La saggezza millenaria del Buddha è semplice nella sua esposizione ed indica senza giri di parole il modo di vivere in modo più felice possibile una esistenza che di per se stessa è caduca e mortale.

Seppur l’obiettivo del buddista sia il nirvana, bisogna raggiungere tale stato supremo di estinzione dell’io “qui ed ora”, nel mondo perituro retto dalla legge della polarità, divenendo vuoti come un vaso privo di contenuto, ogni cambiamento non recherà più  dolore, proprio perché vuoti.

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 25/03/2017