“Io bevo caffè di qualità” a Venaria Reale (Torino)

La prima edizione torinese di questa manifestazione ha fatto tappa nella città della Reggia

Sottopongo molto volentieri ai Lettori di “Civico20News” questa cronaca che l’amico Paolo Barosso ha dedicato alla manifestazione di Venaria Reale (m. j.).

 

La prima edizione torinese di “Io bevo caffè di qualità” ha fatto tappa nella città della Reggia tra percorsi di degustazione e abbinamenti con le specialità dolciarie piemontesi

 

Giovedì 30 e venerdì 31 marzo si è svolta a Venaria Reale, nei luminosi spazi del Teatro della Concordia, la prima edizione torinese di “Io bevo caffè di qualità”, format ideato nel 2012 con l’obiettivo di insegnare al pubblico come degustare e apprezzare al meglio la popolare bevanda, riconoscendo quelle caratteristiche organolettiche da cui dipende la bontà del prodotto.  


La manifestazione itinerante, concepita dai “caffesperti” Andrej Godina, dottore di ricerca in scienza, tecnologia ed economia nell’industria del caffè, e Francesco Sanapo, pluripremiato campione italiano nel settore, è approdata nella capitale sabauda grazie all’intraprendenza di Maurizio Galiano e Ivano Baiunco, titolari della pasticceria torinese Gocce di Cioccolato (www.goccedicioccolato.it) e appassionati cultori di caffè. La passione di Galiano e Baiunco per la bevanda, che già si era manifestata nel 2009 con l’avvio nel negozio di via Stradella della tostatura artigianale, è sfociata di recente nell’apertura di un autonomo micro-laboratorio di torrefazione e culminerà, in base agli attuali progetti, nell’acquisizione in Honduras di una piantagione, dove dar vita insieme con altri torrefattori alla coltivazione del caffè.


Il leit motiv dell’edizione torinese, derivante dalla duplice vocazione degli organizzatori di pasticceri-cioccolatieri e torrefattori, è l’abbinamento tra i caffè monorigine e specialty (di particolare pregio gustativo) proposti in degustazione e preparati da baristi esperti con metodi diversi (espresso, filtro), e le specialità artigianali di pasticceria e cioccolateria nate nel laboratorio di via Stradella seguendo scrupolosamente i dettami della grande tradizione dolciaria piemontese.


Negli innovativi percorsi di degustazione condotti durante la due giorni venariese si è dato modo ai partecipanti di accostarsi al mondo del caffè, imparando i rudimenti della materia (paesi d’origine, specie botaniche, processi di lavorazione, metodi di estrazione) e accompagnando gli assaggi con le specialità dolciarie di Gocce di Cioccolato, alcune delle quali pensate apposta per l’occasione e ideate con l’obiettivo di esaltare la complessità aromatica del caffè nel prodotto di pasticceria. Tra le miscele di caffè Arabica proposte, il Bujumbura coltivato in Burundi, con retrogusto di croccantino, è stato abbinato ai biscotti vegani al caffè creati dalla maestria dei pasticceri Galiano e Baiunco, mentre il caffè naturale Pacamara proveniente dal Nicaragua ben si sposava alla torta monachina, anch’essa a base di caffè, cacao e limone. Infine, la varietà Llano Bonito del Costa Rica, con le sue note misuratamente acide di pesca e arancia e la venatura speziata percepibile nel retrogusto, è stata affiancata ad un’ottima Bavarese al caffè.


Durante i laboratori si sono dispensati consigli, ad esempio sui metodi di conservazione domestica del caffè macinato (essendo il caffè ricco di oli vegetali, è preferibile tenerlo in frigo dopo l’apertura della confezione, per evitare la dispersione degli aromi e i procedimenti di ossidazione), ma si è anche colta l’occasione per evidenziare l’infondatezza di alcune credenze radicate nell’immaginario del consumatore medio, come il convincimento, assai diffuso, che il caffè ristretto contenga caffeina in misura superiore rispetto al caffè lungo. La concentrazione di caffeina dipende invece da diversi fattori, come la quantità d’acqua usata, la durata del procedimento di preparazione, il tipo di miscela, e quindi ne consegue che è vero l’opposto, cioè che il caffè lungo (con tempistiche di estrazione più lunghe) è più ricco di caffeina, oltre che meno aromatico, rispetto al caffè ristretto.


Un’altra idea ricorrente è che la nota acida percepita in tazzina sia rivelatrice di un caffè scadente o difettoso. Anche in questo caso l’opinione comune va corretta: l’acidità, più o meno marcata a seconda delle varietà, è segnalatore di qualità del prodotto. I caffè specialty, dal profilo aromatico e gustativo particolarmente raffinato, presentano in generale una componente acida al palato più o meno evidente. In questo senso, per apprezzare le proprietà organolettiche di una tazzina di caffè, occorre effettuare un’analisi sensoriale affine a quella condotta dai degustatori di vino, basata su parametri di valutazione applicati alla fase visiva (colore, cremosità), al bouquet (intensità e finezza olfattiva), al sapore (corposità, acido, dolce, amaro, persistenza e finezza aromatica del retrogusto).


Gli esperti degustatori di caffè hanno poi messo a fuoco un altro tema dibattuto relativo a benefici e svantaggi dei metodi di decaffeinizzazione, tesi a privare il chicco verde, non ancora torrefatto, del contenuto in caffeina. Di norma a livello industriale si impiegano solventi organici, come il diclorometano, ma esistono altri due sistemi, l’uno basato sull’impiego dell’anidride carbonica supercritica o liquida e l’altro, più laborioso, che prevede l’uso dell’acqua per l’estrazione dell’alcaloide. Quest’ultimo metodo comporta costi più elevati, ma, come dimostrato dagli assaggi proposti, consente di preservare nella tazzina del caffè il profilo aromatico e sensoriale che invece risulterebbe impoverito dall’uso di solventi.   

Paolo Barosso 

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Articolo pubblicato il 04/04/2017