Roma. Salta la maggioranza sulla tormentata legge elettorale

Le reazioni di Renzi

Lo spettro di una crisi di governo si è materializzata ieri pomeriggio in Senato.  Non funziona il patto di maggioranza e, con voto segreto, viene eletto alla presidenza della commissione Affari costituzionali Salvatore Torrisi, di Ap, invece del candidato Pd Giorgio Pagliari.

La reazione di Matteo Renzi e dei parlamentari a lui vicini è immediata e furente: «È un patto della conservazione tra M5S e FI, Mdp e Ap per non cambiare la legge elettorale», accusano. E a stretto giro i vertici Dem chiedono un incontro al premier Paolo Gentiloni e al presidente Sergio Mattarella per un chiarimento politico. Così non si può andare avanti, dicono i renziani. E anche Andrea Orlando osserva che l'episodio può portare al voto anticipato.

In serata, dopo un colloquio con Gentiloni, Angelino Alfano chiede a Torrisi di dimettersi per permettere l'elezione del candidato Pd. Poi il premier vede i vertici Dem e garantisce il suo «impegno per la coesione della maggioranza». Ma la tensione è alle stelle, anche tra i Dem.

E torna lo spettro delle urne a settembre. Dopo il referendum, ragionano i renziani, la legislatura si è sfilacciata, come dimostrano gli screzi con alfaniani e bersaniani, dal Def ai voucher, alla legge elettorale.

A questo punto pare che tra gli uomini vicini all'ex premier cresca la tentazione di sfidare i Cinque stelle per votare insieme in tempi brevi il Legalicum (cioè l'Italicum corretto, senza i capilista bloccati).

Così potrebbero esserci le condizioni per chiudere la legislatura e andare al voto, con buona pace dei peones e degli indesiderati.

Per entrare nei dettagli, Il "casus belli" è il voto per la presidenza della commissione del Senato da cui passa la legge elettorale. Il Pd candida Pagliari. Ma il voto segreto finisce 16 a 11 per il centrista Torrisi.

Chi lo ha eletto? Partono accuse incrociate: ai voti di M5s e Fi si sommano senatori di maggioranza e il Pd punta subito il dito contro Mdp e Ap. «Guardino in casa loro», replicano Bersani e Speranza, che invitano a guardare alle divisioni dei Dem.


Anche Alfano invita a cercare i franchi tiratori nel Pd (perché non i renziani?, sibila qualcuno) e Torrisi tiene il punto: per il momento non si dimette.

Si stanno agitando i leader PD sconfitti dal ciclone Renzi e tutti i malpancisti che non dimenticano il risultato del 4 dicembre, quando il voto popolare bocciò la proposta referendaria elevata da Renzi a valore della fiducia del Popolo per la sua persona.

Altri definiscono l’episodio di ieri «Una tempesta in un bicchier d'acqua”.

Sarà forse l’avvertimento al puparo oppure, con il vento d’aprile, in Parlamento cerca di muovere i primi passi, un inedito” Comitato di Liberazione anti Renzi”, per far capire al Colle, i tanti limiti del Renzismo, seppur sotto le spoglie incolori del povero Gentiloni?

Intanto si stanno agitando gli omuncoli di corte. I vari Orfini, Guerrini, Cuperlo, oltre ai conclamati sconfitti che hanno cercato di scalare il PD, in odio a Renzi.

Cosa prevarrà? Una legislatura in agonia che cercherà di sopravvivere in attesa di intese oggi difficili, o il ricorso alla urne a settembre, tutti contro tutti?

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 06/04/2017