Renzi frena (per ora) "sull'incidente" di governo. Svicola su Torrisi, ma prepara il terreno per il post 30 aprile.

E' iniziato il nuovo balletto renziano intorno al governo. Finale a sorpresa.

"L'espressione 'crisi di governo' è una parola che sottende giochini da prima repubblica. Lasciamoli a Mdp e Ap". Dopo aver scatenato i suoi sul caso Torrisi, dopo aver usato l'incidente accaduto ieri al Senato come un 'casus belli nucleare' da scaraventare contro il governo Gentiloni, Matteo Renzi batte in ritirata. Ma non durerà molto.

I suoi parlano di 'tregua armata' con l'esecutivo, prevedono nuove schermaglie dopo le primarie del 30 aprile. I terreni di scontro: legge elettorale e manovra d'autunno. Obiettivo: il voto al più presto. Con un ostacolo non da poco: Renzi non ha la maggioranza dei parlamentari del Pd su questa linea barricadera. Però lui e i suoi confidano nella precarietà della maggioranza dopo la scissione Pd: "L'incidente è dietro l'angolo", confidano.

L'elezione a sorpresa di Torrisi alla presidenza della commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama è stato un "episodio antipatico", spiega l'ex premier davanti alla sala affollata del Nazareno dove ha riunito i parlamentari che sostengono la sua mozione. Ma "non voglio sentire la parola 'crisi di governo'...".

Dal tavolo della presidenza lo guardano di sottecchi. Sì, perché c'è anche una sorta di tavolo della presidenza in questa riunione convocata inizialmente per serrare le fila della campagna elettorale per le primarie e finita nel turbine di una pseudo-crisi di governo. Al tavolo ci sono il portavoce della mozione renziana, Matteo Richetti, il ministro dell'Agricoltura e candidato alla vice-segreteria Pd Maurizio Martina, il viceministro allo Sviluppo Economico Teresa Bellanova, la deputata Silvia Fregolent, e i due capigruppo Dem, Ettore Rosato e Luigi Zanda.

Proprio quest'ultimo è particolarmente sollevato dalla ritirata del capo. Suo malgrado, Zanda è diventato più o meno un simbolo di ciò che non va – o che non andrà - nei rapporti tra il Pd renziano e il governo. Per esempio, proprio oggi in un'intervista al Corriere della Sera, il capogruppo Dem al Senato si è schierato dalla parte di Piercarlo Padoan. Vale a dire sul fronte opposto rispetto a Renzi e ai suoi fedelissimi che in Parlamento criticano i piani del Tesoro su privatizzazioni, riforma del catasto, rientro del debito. "Padoan è un politico pienamente legittimato", dice invece Zanda, entrando a gamba tesa sul prossimo terreno di scontro. Al confronto, il caso Torrisi è stata una sceneggiata.

La prossima puntata potrebbe dunque cadere subito dopo Pasqua. Il 19 aprile infatti Padoan incontrerà i senatori del Pd, così come ha fatto qualche giorno fa con i deputati. Sarà l'occasione per sondare gli umori rispetto alle proposte del Tesoro. Quel che è certo è che i renziani vogliono dare battaglia sui punti già sollevati alla Camera. Ma quanti si schiereranno con loro nel gruppo, sapendo che ne potrebbe andare della salute del governo?

Pur in questa cornice di incertezza, Renzi proverà a forzare per caratterizzare la sua nuova segreteria del Pd all'insegna delle battaglie contro l'austerity ed eventuali nuove tasse. E' questo il piano che circola tra i suoi, proprio mentre lui al Nazareno cancella la parola 'crisi' dal vocabolario del Pd. Ma la speranza concreta sta nella frammentazione della maggioranza di governo, dopo la scissione del Pd. Non a caso Renzi addossa a Mdp e al partito di Alfano ogni responsabilità per il caso Torrisi. "Mdp ed Ncd hanno tradito", sentenzia Matteo Orfini.

Insomma, l'affare Torrisi non ha portato lontano. Non si è trasformato in una vera crisi di governo. Non sono bastate 24 ore di fibrillazioni, minacce e attacchi, gli annunci di voler incontrare persino Gentiloni e Mattarella: annunci fatti solo a scopo mediatico, senza la richiesta di incontri formali che al Quirinale non sarebbero stati nemmeno accolti, fanno sapere dal Colle. Insomma, non è andata per niente bene: vicolo cieco e ritirata.

Ma è servito a segnalare che "c'è un problema in maggioranza – dice Richetti entrando al Nazareno per la riunione con Renzi – anche se non investe né il presidente della Repubblica, né il governo Gentiloni. Poi bisogna andare avanti...". Come? Su un terreno segnato dalla precarietà della maggioranza, spiegano dall'inner circle di Renzi, sperando in altri incidenti.

Nella riunione al Nazareno si snoda un po' di dibattito. Intervengono il senatore Giorgio Tonini, il deputato David Ermini sui temi della sicurezza sollevati da Alfano e possibile causa di nuovi attriti in maggioranza (non a caso).

E interviene anche lo stesso Giorgio Pagliari, il senatore Dem che avrebbe dovuto essere eletto al posto di Torrisi ieri, secondo l'accordo di maggioranza non rispettato. Renzi tenta di cambiare argomento: "Dell'elezione del presidente della commissione Affari costituzionali interessa poco agli italiani", ma prepara la prossima tappa: "La vicenda della prima Commissione è grave e avrà conseguenze. E' improbabile chiedere che si rivoti ma è un episodio che segna un punto politico".

Davanti all'assemblea, Renzi mostra l'ultimo sondaggio Swg, commissionato dal Pd, sulle primarie. Vincerebbe con una percentuale dal 62 al 66 per cento, Andrea Orlando si fermerebbe tra il 19 e il 23 per cento, Michele Emiliano in lieve risalita rispetto al voto dei circoli tra il 13 e il 17 per cento. Insomma, non c'è storia.

Il sondaggio poi analizza anche le intenzioni di voto: il Pd si attesta al 28,1%, seguito dal Movimento 5 Stelle con il 27,8 per cento, l'area di governo Pd, Ap e altri raggiunge il 32 per cento, l'area di sinistra con Mdp (5%), Sinistra Italiana (2,2%) e Rifondazione (1,2%) è data all'8,4 per cento, quella di centrodestra arriva al 29,6% con Forza Italia al 12,2%, Fdi al 5,1%, Lega al 12% e Movimento sovranista allo 0,3 per cento.

E' iniziato il nuovo balletto renziano intorno al governo. Finale a sorpresa.

huffpost.it

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Articolo pubblicato il 07/04/2017