Quando il terrorismo piomba sulla folla

Da Nizza a Stoccolma, gli attentatori han cambiato metodo di colpire

Per prima cosa viene individuato un assembramento di persone.
Non importa siano lì per una festa, per una ricorrenza, una parata, una celebrazione o, più semplicemente, per fare una passeggiata lungo il mare.
Poi viene sequestrato un mezzo, qualsiasi.
L’importante è che sia grosso e che il conducente non abbia problemi a sacrificare la propria vita scagliandosi sull’ignara folla.
L’obiettivo? Portare con sè il numero più alto di persone.

E’ questo il copione che sembra girare in mano ai terroristi, riconducibili in maniera più o meno netta allo stato islamico, che han colpito l’Europa nell’ultimo anno, anzi meno.

Una lunga scia di sangue partita il 14 luglio 2016 da Nizza che non accenna ad arrestarsi.
Sulla Promenade francese Mohamed Lahouaiej-Bouhlel a bordo di un tir investì e uccise 86 persone, di cui sei italiani. Quasi cinquecento i feriti .

Poi una piccola pausa fino al 19 dicembre quando a Berlino il tunisino Anis Amri si lancia sulla folla uccidendo dodici persone. Stavolta il luogo dell’orrore è un mercatino natalizio dove le persone trascorrevano in spensieratezza gli ultimi giorni prima di Natale.
Come finì la vicenda, a Sesto San Giovanni per mano di due valorosi poliziotti italiani, è cosa ben nota.

Gli ultimi due attentati sono cosa freschissima, e le emozioni suscitate sono ancora vivide nella nostra memoria.
Prima Londra, 22 marzo, quando a bordo di un suv un uomo si getta all’impazzata contro Westmister provocando cinque vittime di cui l'ultima, Andreea Cristea, è stata certificata solo qualche ora fa: la donna romena si era buttata nel Tamigi per scampare all’auto che sfrecciava contro di lei, ma tra le onde ha trovato la morte.

Infine Stoccolma, la capitale della civilissima Svezia, da sempre all’avanguardia per ciò che riguarda le politiche di accoglienza e integrazione, viene colpita in uno dei suoi centri commerciali da uno o più soggetti cui ora la polizia sta dando la caccia. Cinque morti causati dal solito camion rubato. O meglio, dal criminale che lo conduceva.
Magari quando verrà pubblicato questo pezzo, gli autori dell’attentato saranno già con le manette ai polsi, non cambia la sostanza.

Se, infatti, una volta a entrare nel mirino degli attentatori erano i punti simbolici,come il Pentagono, le Torri gemelle, o la sede del satirico Charlie Hebdo, ora lo stato islamico sembra mostrare la sua faccia più crudele colpendo i luoghi di aggregazione dove la libertà occidentale si manifesta nella sua espressione più palese: genitori che portano a spasso i bimbi, anziani che passeggiano, innamorati mano nella mano.
Nessuno è più al sicuro.
La gente deve aver paura a camminare per le strade.

Anche l’organizzazione sembra più spartana: nessun commando, poche armi d’assalto, a spargere terrore basta un mezzo, magari rubato qualche ora prima.
E spesso si tratta di una persona singola, magari un paio, raramente di più.
Come si è notato anche nel caso di Venezia, dove è stata sgominata una cellula jihadista, le organizzazioni troppo articolate sono facilmente rintracciabili e scovabili. Meglio fare tutto di testa propria.
Cani sciolti molto più complicati da monitorare e bloccare per la polizia, che spesso si trova a brancolare nel buio di fronte all’ennesimo attentato.

Ma in seguito a questa nuova ondata di attentati che, a dire il vero, non si è mai arrestata, la vera domanda è: quanto la vecchia e accogliente Europa è disposta a tollerare tutto ciò?
Quanto sangue dovrà ancora essere versato per decidere di porre in atto dei rimedi efficaci a tutto questo?
Quante altre fiaccolate, fiori, funerali di stato,discorsi pomposi e dal gusto vagamente retorico dovremmo ancora sorbirci prima che sia mosso un dito?

Sempre non sia già troppo tardi.

 

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Articolo pubblicato il 08/04/2017