Il decreto "salva ciclisti". Multe fino a 651 €.

È vietato il sorpasso di un velocipede a una distanza laterale minima inferiore 150 cm. Considerazioni sullo stato delle strade e aspetti trascurati in cerca di risposta.

Il provvedimento presentato nel mese di marzo a favore della sicurezza dei ciclisti, sempre più vittime del traffico stradale. Un decreto utile ma che suscita una serie di riflessioni legate a tutto il mondo delle due ruote e non solo.

Cosa prevedeva fino a oggi il Codice della strada

Attualmente, il tutto è regolato dall’ex art. 148 del codice della strada che disciplina il sorpasso in termini generali. Manca nell'ordinamento "un'individuazione precisa della distanza minima che gli altri mezzi devono mantenere sorpassando i ciclisti". Ciò, diversamente da quanto avviene in altri Paesi europei, dove, da tempo, vi sono norme apposite che regolamentano i rapporti tra ciclisti e automobilisti e dove è facile incontrare appositi segnali stradali che raccomandano alle auto di mantenere, in fase di sorpasso, una distanza di almeno un metro e mezzo dalle biciclette che viaggiano ai lati della carreggiata".

Nuove disposizioni 

Atto del senato 2658. Modifiche all'articolo 148 del Codice della strada. Iniziativa parlamentare: Michele Davico. Assegnato alla 8^ Commissione Permanente Lavori Pubblici e Comunicazioni

Link: http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/FascicoloSchedeDDL/ebook/47607.pdf

Il disegno di legge propone l'introduzione all'art. 148 del Codice della strada un nuovo comma 3-bis che vieta "il sorpasso di un velocipede a una distanza laterale minima inferiore a un metro e mezzo". Il comma 2 dell'unico articolo del ddl, inoltre, prevede che al mancato rispetto della distanza minima, si applichino le sanzioni previste: da 163 a euro 651, con una sanzione amministrativa della patente di guida da uno a tre mesi (fino a 6 mesi se un neopatentato).

Considerazioni da un punto di vista trasversale.

Ben venga la sicurezza, chi scrive lo sa bene, essendo vittima di un grave incidente stradale, ma alla luce di detta iniziativa legislativa, diventa indispensabile l’installazione di una dash cam su ogni veicolo, anche su una moto.

Infatti, solo il filmato di una dash cam può dimostrare in modo oggettivo se si è sorpassato in sicurezza oppure no e nel caso di un contatto, dimostrare dinamica e misure.

Dando per scontato che la maggior parte dei ciclisti si attiene a un contegno corretto ed è a conoscenza delle regole, talvolta è facile incontrare amatori che viaggiano affiancati occupando la sede stradale. È un particolare di non poca importanza.

Essendo in vigore la normativa sull’omicidio stradale, è anacronistico accettare che i ciclisti siano in circolazione senza che adottino tutte le cautele per favorire la propria incolumità. Come per il ciclista, occorre anche tutelare chi li dovesse investire a causa di un’improvvisa variazione di direzione degli stessi senza aver prima guardato chi sopraggiunge.

L'aumento delle piste ciclabili e dei percorsi extra urbani è un bel segno di attenzione nei confronti dei mezzi a pedale, sempre maggiormente oggetto di sport e di svago. Va anche detto però che la bicicletta negli ultimi tempi è diventato sempre di più il primo mezzo di trasporto per un nutrito numero di "nuovi utenti della strada": stranieri provenienti da mezzo mondo, sovente sprovvisti di una qualsiasi patente, non sempre disciplinati osservatori del Codice della strada.  

Per questo e altri motivi, proprio nel nome della sicurezza a 360°, occorrerebbe che contestualmente i parlamentari valutassero per i ciclisti:

1.    il conseguimento di un patentino relativo al Codice della strada come gli altri utenti già dotati di patente;

2.    la targa per la bici perché oggi è quasi impossibile individuare e sanzionare ciclisti che viaggiano affiancati o non distanziati, senza luci, contromano e via dicendo, cause frequenti di pericolo proprio per loro stessi.

3.    un'assicurazione obbligatoria, perché ugualmente possono creare danni a pedoni e motociclisti per poi non risponderne se non hanno beni da perdere e perché l’attuale esenzione contrasta con l’obbligo assicurativo per gli altri utenti della strada;

4.    l’utilizzo del casco, delle luci e del gilet riflettente. Sono proprio i dati indicati nella pdl che evidenziano il numero maggiore di incidenti a carico di ciclisti che all’imbrunire, non sono ben percettibili dagli altri utenti della strada. 

È un insieme di proposte atte a migliorare la sicurezza e non a penalizzare il ciclista che in realtà non è altro che il medesimo essere umano, nonché utente della strada il quale, poco prima era qualificato pedone o automobilista soltanto per la differenza del modo o del mezzo di movimento.

Il suo carattere e il suo contegno non cambieranno per questo. Se era equilibrato e responsabile alla guida di un'auto, egualmente lo sarà in bicicletta o camminando.

Una priorità importante: lo stato dei luoghi.

Le nostre strade sono in uno stato vergognoso, sempre più segnate da buche e sconnessioni micidiali per ciclisti e non solo. La visibilità è spesso occultata da vegetazione ed erbacce, molte sponde sono franose o in pessimo stato.

La cura degli asfalti urbani, provinciali, regionali eccetera, e relativa responsabilità della loro gestione spesso rimpallata e disattesa, dovrebbe far parte di analisi altrettanto approfondite da parte degli organi competenti alla sicurezza, anziché tagliar corto su una semplice questione di distanza.  

In Italia poi, molte strade secondarie, le preferite dagli amatori e dagli sportivi, sovente sono a carreggiata unica e di larghezza anche inferiore ai 4 metri. Per quanto legiferato, ogni sorpasso sarebbe problematico anche per il guidatore più esperto, parola della dash cam montata a bordo. Tutta la rete stradale nazionale chiede di essere accudita e rimodernata. Questa è la priorità di livello europeo.

Altra fonte di pericolosità "passiva" non solo per i ciclisti, ma anche per i motociclisti, sono il proliferare di dossi, di restrizioni delle carreggiate tramite banchine e i sostegni dei guardrail, funesti anche in caso di banale caduta. Ragionando in termine di due ruote poi, non sono solo le biciclette i mezzi più a rischio. Anche i ciclomotori e le motociclette hanno solo due ruote. In caso di un piccolo urto sono egualmente a rischio.

Perché limitare la distanza di sorpasso ai soli velocipedi?  

Altro e più romantico punto di vista

Tutto quanto fin qui considerato è legato a un'unica morale: si deve sempre legiferare tutto e sanzionare là dove si può. E se il problema fosse un altro?

Niente come una buona creanza civica e popolare può essere più utile di ogni sanzione. Ancor di più nel nostro paese, culla di contraddizioni, dove si cerca sempre di rimediare con pena & castigo, non per altre vie legate al risveglio della parte migliore del cervello.

Stiamo vivendo un momento storico davvero interessante: da una parte, uno sviluppo tecnico eccezionale, dall'altra, la perdita di vecchi e sani insegnamenti, dei radicati valori d'una relazione collettiva e di una consapevole appartenenza. Se tutti  tornassimo a inforcare una bicicletta sarebbe un bene fisico e un salto all'indietro molto educativo. Non sarebbe poi necessario stabilire una distanza di sorpasso. Forse si tornerebbe a capire che siamo tutti egualmente fragili e uno soltanto.

 

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Articolo pubblicato il 10/04/2017