La strategia del Movimento Cinque Stelle per governare il Paese

Cosa potrebbe significare il dopo Ivrea?

Non siamo ancora riusciti a capire quando si voterà e quale sistema elettorale sarà adottato. Intanto i pentastellati non perdono tempo. Aprono alla società civile e al mondo delle professioni e preparano la scalata a Palazzo Chigi.

A prescindere dal fatto che riesca o meno questo disegno, la convention di sabato scorso della neonata fondazione Casaleggio, svoltasi a Ivrea, ha segnato una discontinuità profonda nell’azione del Movimento.

Passa in subordine il coinvolgimento degli iscritti attraverso la Rete, per condividere scelte, candidature, posizioni da assumere su questioni di interesse pubblico. Dopo Ivrea il M5S appare aver subìto una mutazione genetica e punta a catalizzare le attenzioni delle forze produttive, socio-economiche e culturali, molto oltre gli angusti steccati della militanza.

Non si deve sottovalutare la simbologia, tutt’altro che casuale. A un anno dalla scomparsa del guru Gianroberto Casaleggio, che iniziò la sua carriera proprio all’Olivetti di Ivrea come progettista di sistemi operativi, il Movimento Cinque Stelle sceglie un luogo di sintesi tra operaismo e imprenditoria, quasi a voler segnare un saldo ancoraggio della politica del M5S al mondo produttivo, in vista della possibile conquista del governo del Paese.

Sono invitati e presenti in sala giornalisti di spicco, (Mentana), manager di multinazionali (Vaccarono di Google), ex politici come Di Pietro. Tutti si sono ritrovati a Ivrea, per osservare e monitorare l’evoluzione del grillismo e per verificarne la consistenza. Alcuni, forse, anche per simpatizzare con loro, ma in modo abbottonato e compassato.

Un contenitore “neutrale” quale è stata senz’altro questa convention (formalmente una commemorazione del fondatore, per parlare non di politica ma di futuro) ha consentito anche a personalità esterne al recinto di quel movimento di discutere delle priorità dell’agenda politica dell’immediato futuro,  che sarà nelle mani di chi vincerà le prossime elezioni.

Nei corridoi della politica romana si sussurra ormai da tempo: nel Movimento 5 Stelle, nonostante le smentite di rito, è Davide Casaleggio che detiene lo scettro del comando(ossia è il giovane padre –padrone).

Dallo scorso settembre – da quando la crisi della giunta romana ha mandato in frantumi il direttorio – è suo, infatti, il nome che circola con più insistenza. Non quello della “rockstar” Alessandro Di Battista, abile a infiammare le folle ma meno bravo nel tenere compatto il Movimento. Non quello di Luigi Di Maio, che in questi mesi si è dovuto spesso barcamenare tra accuse e scivoloni anche linguistici, e che molti ritengono troppo etichettato territorialmente per raccogliere voti anche al nord.

Anche la tv avalla la nuova leadership. La sua visibilità pubblica è stata lanciata dalla “regina” dei talk show televisivi, Lilli Gruber, che lo ha ospitato a Otto e mezzo, in prima serata su La7. Un debutto preparato fin nei minimi dettagli, tanto che si sussurra che Casaleggio junior, assistito dal suo staff, si sia sottoposto a una estenuante “prova tv”. Quattro ore di fila di fuoco diretto e incrociato e domande simulate per non arrivare teso o impreparato davanti alle telecamere. 

Casaleggio si è affidato anche a una influente agenzia di comunicazione di Milano che rappresenta e gestisce le uscite televisive di celebri opinionisti e giornalisti fra cui Gianluigi Nuzzi, Carlo Freccero (vicino al M5s) e Andrea Scanzi del Fatto Quotidiano.

E’ ormai noto che il Movimento di Beppe Grillo si sta già portando avanti nella ricerca di uomini e risorse necessarie per un prossimo governo, anche costruendo solide relazioni internazionali. L’imminente viaggio di Di Maio negli Usa, per incontrare Trump, ne è la dimostrazione più lampante. 

Il M5S cerca di colmare i vistosi buchi nella sua classe dirigente che per la grande sfida, dovrà essere rodata e all’altezza. Secondo i bene informati, i grillini avrebbero già da tempo allo studio i nomi da inserire in un’eventuale squadra di governo. Per la precisione, ci starebbero lavorando dallo scorso dicembre, dalla bocciatura del referendum costituzionale.

E con molta probabilità la disinvoltura con la quale Chiara Appendino butta alle ortiche le prese di posizione favorevoli, in campagna elettorale, ai comitati che occupano abusivamente le case sfitte o aborriscono i centri commerciali, per poi piegarsi alle scelte strategiche di Chiamparino in tema di nomine concordate nelle fondazioni bancarie e in enti strategici, starebbe a significare qualcosa.

Gli ultimi avvenimenti manifestano le difficoltà del Movimento a livello locale. Le disavventure ripetute della sindaca di Roma, l’autogoal di Grillo nell’annullamento della candidatura di  Marika Cassimatis a sindaco di Genova e la sentenza di conferma del Tribunale, la difficoltà del Movimento ad acquisire figure significative nella corsa alle prossime elezioni amministrative in importanti località del centro nord.

Il dato non pare importare molto. La leadership punta su  Roma confidando nel quadro politico. Renzi rischia di trovarsi compagni scomodi alla sua sinistra, il centro destra, nonostante attestazioni a distanza e di facciata,  non ha ancora trovato una sintesi difendibile tra le inconciliabili visioni su Europa e politica internazionale dei sovranisti, rispetto alle altre componenti liberali di un’ipotetica coalizione.

Il M5S intanto spera e si organizza. Il resto potrà venire da se.

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Articolo pubblicato il 11/04/2017