Impresa e sociale per combattere la crisi.

L’allarmante rapporto di “Noi Italia”.

Il nostro Paese continua a rimanere quasi il fanalino di coda dell’Unione Europea nella lotta alla disoccupazione. “Noi Italia”, l’ultimo rapporto dell’Istat, riferisce che lavorano solo 6 persone su 10, tra i 20 e i 64 anni. Ciò significa che il 61,6% dei nostri connazionali ha trovato, nel 2016 rispetto all’anno precedente, un’occupazione.

Una percentuale superiore solo alla Grecia e ben lontana dallo Stato più virtuoso, sotto tale punto di vista, ovvero la Svezia che ha raggiunto un tasso pari all’80,5%.

Vediamo e viviamo nel quotidiano le conseguenze di questa gravissima situazione della nostra economia, quando compriamo beni o servizi. Poiché il potere d’acquisto, infatti, si è abbassato l’anno scorso, in rapporto ai 12 mesi precedenti, del 4,5% rispetto a quello medio europeo.

La produttività aziendale è calata, nel medesimo arco di tempo, di conseguenza all’1,2%. Il livello di povertà assoluta, riportato nel documento, era nel 2015 sul 2014 pari al 6,1% delle famiglie residenti.

Molte aziende hanno cercato di rispondere a questa crisi economica devastante, che viviamo dal 2008, rivolgendo un’attenzione particolare al sociale mediante appositi progetti di innovazione.

Il Direttore del Center for Research on Social Innovation, Matteo Giuliano Caroli, ha commentato i risultati ottenuti dalla terza indagine effettuata quest’anno dalla sua realtà sull’innovazione sociale nelle grandi aziende. Secondo l’esperto, alcune imprese offrono un importantissimo contributo, per risolvere rilevanti problemi sociali, adottando modelli di business, finalizzati a creare valore economico, tramite relazioni con soggetti esterni.

“Un esempio su tutti – ha spiegato – è il lavoro di Ferrovie dello Stato che, in diverse stazioni, con l’aiuto di associazioni locali, ha riqualificato degli spazi inutilizzati, mettendoli a disposizione per allestire servizi di supporto ai migranti e alle persone senza fissa dimora.

Si tratta di un modello  innovativo, perché non si limita a finanziare un soggetto non profit. Ma sviluppa un progetto in grado di rispondere a un bisogno reale, creando un impatto sociale concreto e portando inoltre un vantaggio all’azienda stessa che deve confrontarsi con il flusso di persone senza fissa dimora che spesso utilizzano la stazione come base per dormire. Un’altra caratteristica  fondamentale è la durata.

Un progetto come questo ha una visione di lungo termine, che si distingue dalle iniziative spot di donazioni a progetti sociali”.

Il racconto di simili iniziative e la di loro proposta nell’ambito territoriale che gli compete sono alcuni dei metodi di lavoro adottati da DAI Impresa.

Ancora: economia circolare, sinergia con gli attori del territorio, anche traguardando i confini nazionali, alternanza-scuola lavoro e riflessione su strategie turistico-culturali per trarre il meglio anche da quelle zone sguarnite sotto il profilo produttivo.

Altre tematiche spesso affrontate su 2006PIU’ Magazine e che, ad avviso del gruppo di imprenditori di cui è voce d’opinione, possono essere delle proposte “dal basso” per aiutare a far ripartire il motore dell’economia italiana, diminuendo così anche quel livello di povertà che ormai ha raggiunto delle soglie allarmanti.

Marco Paganelli

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Articolo pubblicato il 17/04/2017