Racconto: " Volevo fare lo scrittore"

Non sempre chi scrive è soddisfatto della sua attività

Volevo fare lo scrittore

Sono Guglielmo di Mogreville, monaco benedettino, amanuense da quando presi i voti nell' agosto del 1313.
Svolgo la mia opera presso il monastero benedettino di Castelvetrano, e lavoro dieci ore al giorno insieme a quindici confratelli .
Il nostro compito principale è quello di trascrivere, a volte miniare, opere antiche che altrimenti andrebbero completamente distrutte dall' azione logorante del tempo.

Nel nostro monastero utilizziamo la scrittura beneventana o cassinese, sviluppata già dal VII sec. Essa deriva dalla minuscola corsiva romana dell' Italia meridionale. Noi abbiamo un compito non facile, dovendo sempre essere all' altezza dei monasteri più celebri per la raffinatezza, la cura e la quantità di opere che vengono prodotte nei due monasteri principali di Montecassino e Cava de' Tirreni, presso Salerno.

Le opere che l' abate superiore mi ha affidato per la copiatura sono quelle di Aristotele.
Ormai sono cinque anni che sono impegnato nello scriptorium, sempre chino sul banco e senza mai concedermi qualche minuto di pausa. Intanto, però, sogno di vivere nel futuro, quando presumibilmente avrei potuto esprimere il mio pensiero su qualche giornale, qualche rivista, qualche libro, perfino qualche commento sugli spettacoli e manifestazioni in città. Almeno da poter liberare la mia mente da tutti i ricordi, le sensazioni, le emozioni, le storie, le fantasie che oramai si sono stratificati dentro di me e che mi opprimono, non potendo in alcun modo buttarlì giù sulla carta o su pergamena.

Il diuturno lavoro insieme ai confratelli, che mi impegna anche 10 ore al giorno, e tutti gli altri servizi liturgici richiestimi dall' Ordine presso il monastero non mi lasciano disponibile che qualche minuto per nutrirmi e poche ore di sonno la notte.


La cosa più dura da sopportare per uno scrittore creativo qual sono io è proprio quella di non poter scrivere ciò che mi detta la fantasia; avrei tante cose da dire ma ciò mi è impedito dal mio stato di copista e dalla dipendenza dall' abate che non permette di svolgere azioni che non siano attinenti alla nostra religione. Solo qualche momento ci è concesso per cantare nel coro, o è dedicato alla pura contemplazione, dove segretamente invece immagino avventure e drammi che avrei desiderio di scrivere liberamente.
Sto perdendo la mia vita, avrei voluto essere uno scrittore, non un semplice amanuense.

 

 

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Articolo pubblicato il 26/04/2017