Torino - Salta anche la mostra su Piffetti

Promessa per questa primavera, verrà posticipata al 2018 ma in maniera assai ridotta

L’emorragia culturale provocata da questa giunta non si arresta e dopo le consuete Torino Jazz Festival, Manet e il Futurismo saltate grazie alla incapacità di questa amministrazione di organizzare quanto già i Torinesi si aspettavano di vedere dallo scorso anno, ecco che proprio nel mese in cui si sarebbe dovuta allestire a Palazzo Madama la mostra sull’ebanista Pietro Piffetti, la mostra salta.

Non vedendo dal sito ufficiale di Palazzo Madama alcun riferimento alla mostra attesa, mi sono premunito di scrivere una mail per chiedere quando si sarebbe aperta la monografica sul noto ebanista piemontese.

La risposta della segreteria del Museo Civico (dove per altro è stato previsto uno sciopero legato alla possibilità di perdita di posti di lavoro) è stata che “per ragioni di budget e di coordinamento con le iniziative espositive in programma nella nostra città, la mostra di Piffetti è stata rimandata al 28 marzo 2018 e non si configurerà come vera e propria mostra, ma come riallestimento delle collezioni di ebanisteria del museo, possibilmente con uno o due prestiti esterni”.

Capite bene che rimandare una piccola mostra per ragioni di budget per riproporre tra l’altro gli stessi pezzi di ebanisteria di Piffetti presenti già nel Museo e con l’aggiunta al più di un paio di opere esterne (che ci auguriamo non arrivino dagli “esterni” Museo Accorsi o da qualche altra residenza sabauda già visti) è piuttosto imbarazzante e desolante.

Che a Palazzo Madama spesso si allestiscano mostre specchietto in cui vengono presentati in gran parte oggetti già presenti in altre aree del museo o di altri siti torinesi con qualche aggiunta esterna è cosa nota; questa volta, però, il fatto che per ragioni di budget non si sia voluta e potuta organizzare questa piccola mostra per ricordare il grande artista torinese a pochi giorni dai 240 anni esatti dalla sua morte lascia piuttosto perplessi.

C’è da dire che già con la mostra sul Futurismo saltata, proprio nella città in cui Giacomo Balla, uno dei suoi storici protagonisti, sottoscrisse il manifesto della Ricostruzione Futurista, si era capito dovrebbe sarebbe andata a parare questa giunta con la cultura e gli eventi torinesi (a parte quelli sportivi delle continue maratone, mezze maratone, pseudo maratone che ogni tre per due invadono il centro di Torino anche perché ovviamente costano molto poco a livello organizzativo).

Per chi è possessore di Abbonamento Musei, con cui si può accedere gratuitamente a musei e mostre secondo alcuni a un prezzo troppo ridotto (52 euro ma attenzione che lo stesso abbonamento a Milano costa 48 euro e quest’anno ha offerto mostre eccellenti, come la “nostra” su Manet e quella su Canaletto), la rivista quadrimestrale sugli eventi disponibili punta sempre più l’accento su mostre in altri luoghi del Piemonte, del resto d’Italia e soprattutto sul doppio abbonamento musei con quello di Milano a prezzo vantaggioso (peccato che poi dobbiate pagarvi un bel freccia rossa alla modica cifra di 30 euro per andare e 30 per tornare da Milano per vedere le mostre “scippate” a Torino), segnale inequivocabile del fatto che le proposte culturali a Torino (che ricordiamocelo non è un sobborgo di Milano!) evidentemente latitano.

In attesa del Salone del Libro di Torino, continuiamo a rimanere perplessi su come questa giunta dia (poca) importanza a un settore trainante della nuova Torino post olimpica, cui si aggiungono i limiti di un’amministrazione che inizialmente aveva dato colpa a finanziamenti che Torino aspettava da Roma (con multi dubbi come si è poi visto), salvo poi ricorrere all’aiuto delle Fondazioni CRT e San Paolo, dopo che l’attuale sindaco Appendino aveva ribadito in campagna elettorale di voler abolire la Fondazione per la Cultura, dal momento che un’amministrazione comunale ha già il know-how in casa all’interno del proprio Assessorato alla Cultura, e, ahimè, abbiamo tutti sotto gli occhi di quale know-how dispongano visto come Manet e il Prix Italia sono state trasferite altrove senza che la giunta ne sapesse nulla …



Marco Pinzuti


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Articolo pubblicato il 15/05/2017