Dal Salone Internazionale del Libro 2017: tre minuti e quaranta secondi entrati nella storia del calcio...e non solo

Incontro "granata" con Mauro Saglietti, che parla del suo ultimo "noir"

“Dio mio, quei tre minuti e quaranta secondi... Che cosa è stato? Che cosa è successo quel giorno? La carica del popolo granata. La furia di undici uomini con la maglia color sangue. L’urlo di rabbia di un popolo legato al ruggito della propria terra. L’esplosione di un mondo che nonc’è più”.

 

I tifosi del Toro sono persone speciali, uniche, sanguigne.

Un tifoso del Toro riesce a scrivere un “noir” dove tutti, ma proprio tutti i personaggi, buoni o cattivi non importa, sono di fede granata.

Un tifoso del Toro, basandosi su quello che è considerato “il Derby dei Derby”, riesce a scrivere un “noir” dove quei tre minuti e quaranta secondi, entrati nella storia del calcio italiano e non solo, diventano la base di tutta la storia.

I tifosi del Toro sono persone speciali, uniche, sanguigne. Appunto.

 

3 minuti e 40 secondi” (Robin Edizioni) è proprio il titolo dell’ultima fatica letteraria dell’amico e “fratello di fede” Mauro Saglietti.

Ho avuto il piacere tutto granata, lasciatemi dire, di incontrare l’autore allo stand della casa editrice e di parlare di questo “noir”: una chiacchierata fra persone che fanno del “granatismo”, per dirla alla Paolino Pulici, uno stile di vita, al di là della facile retorica.

Una chiacchierata che, per nulla casualmente, ad un certo punto, ha virato verso la squadra che porta sulle maglie il più bel colore che ci sia.

 

Mauro, in tre minuti e quaranta secondi, possono succedere tante cose, soprattutto in un Derby: tu ne hai scritto un libro. Parlacene.

27 Marzo 1983, è un giorno importante anche per Torino, ferita da poco più di un mese da una tragedia enorme. Una Torino ferita, piangente ma con la solita voglia di ricominciare. Quel giorno capita l’impensabile: una squadra di calcio che in tre minuti e quaranta secondi ti solleva, ti sbatte via e ti ricompone il mondo. La storia che ho scritto è ambientata quel giorno ed è la storia di una coppia di ragazzi che scompaiono. Due ragazzi che stanno andando a vedere quel derby, risultato finale 3-2 con tre reti in tre minuti e quaranta secondi. Due ragazzi che da tempo sono perseguitati da una sorta di strano individuo che non li può vedere insieme e di cui loro probabilmente non ne conoscono l’esistenza. I due ragazzi, vistisi seguiti, scappano, e il primo portone che trovano è quello del museo del Risorgimento. Così si nascondono nei sotterranei e non verranno mai più ritrovati. Venticinque anni dopo, in una Torino completamente diversa, due persone capiscono di essere stati in qualche modo legati a quella scomparsa, avvenuta appunto venticinque anni prima, quindi cominciano ad indagare su quello che può essere successo quel giorno, e...

...e non diciamo altro...diciamo però che lo trovo intrigante e diciamo solo che si scoprirà cosa è successo in quei tre minuti e quaranta secondi...

...esattamente...

Personalmente ricordo, perchè ero allo stadio, quei tre minuti e quaranta secondi come un urlo ininterrotto alle reti di Dossena, Bonesso e Torrisi. Tu che ricordi hai?

Un ricordo bellissimo e amarissimo nello stesso tempo. Ero abbonato, mio papà mi regalava l’abbonamento nei distinti, avevo 15 anni, però quela partita non l’ho vista. E’ paradossale che uno scriva di una cosa che non ha visto, ma è così. Quel giorno ho sentito il primo tempo a casa, per radio, ed ero incavolato nero. Il Toro perdeva 2-0 (reti di Rossi e Platini, ndr). Esco di casa per andare all’aeroporto a prendere una amica che arrivava dall’India. Ricordo che ero seduto nel sedile posteriore della macchina di mia mamma, imbocchiamo Strada Borgaro, per andare appunto all’aeroporto, e ricordo che il rettilineo è cominciato sullo 0-2 ed è finito sul 3-2 per il Toro. Urlavo come un matto, quasi la macchina sbandava, tanto mi dimenavo. Poi, arrivato all’aeroporto, ricordo di aver dato la notizia del risultato ad un taxista, che mi si avvicinò vedendo la radiolina. Con fare molto strafottente, mi chiese...cosa ha poi fatto la Juve...ti dico, con tutta la mia sfacciataggine, gli risposi...ha perso tre a due...quello è stato il mio Derby.

Parliamo un attimo di Toro: io, te e pochi altri, stiamo combattendo, è il caso di dirlo, per far capire che il “Torino FC” non è il “Torino Calcio”.

Assolutamente. Il “Torino FC” ha rilevato una quantità di passione che è stata costruita nella storia. Ma non è nato quel giorno nel 2005, quando Cairo è diventato presidente e siamo “risorti” dal fallimento di Cimminelli. Il Torino è il Toro innanzitutto e porta con se una serie di valori e anche di modi di vivere che sono inscindibili, e che nessun bilancio, nessuna plusvalenza riuscirà mai a sostituire. Questi anni sono stati semplicemente un “far credere”, imbonire, persone che comunque pur di coltivare la propria passione, sono state disposte a credere a tutto.

Chiudiamo con una battuta: se ti dico...accontentisti, buonisti e perdonisti?

E’ una bellissima pagina, molto ironica. Accontentista no, perchè se sei del Toro non ti puoi accontentare, vuol dire che non hai capito niente. Allora va bene applaudire dopo aver subito un cinque a zero in casa, va bene andare allo stadio per bere una birra con gli amici, invece che al bar. Buonista men che meno, perchè se sei del Toro, sei buono verso le persone che ami, ma guai a chi ti tocca. Perdonista, dai, siamo seri: se mi dite che devo perdonare Quagliarella o Di Michele o altri, allora non ci siamo proprio. La parola giusta per noi, è tremendista. Che poi si riesca ad attuare è un altro discorso. Almeno noi ci proviamo, come ci hanno provato i nostri genitori.

Approvo e sottoscrivo. Mauro, grazie dell’intervista, in bocca al lupo per il tuo libro e Forza Toro!!!

Grazie, in bocca al lupo a te, per la tua opera. Sempre Forza Toro!!!

 

Stay Always Tuned !!!

 

 

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Articolo pubblicato il 20/05/2017