Scappa – Get Out
immagine da variety.com

Atmosfere horror per un thriller mozzafiato che tocca importanti tematiche razziali dagli esiti agghiaccianti, con ottimi interpreti

Anno: 2017

Titolo originale: Get Out

Paese: USA

Durata: 103 minuti

Genere: Thriller, Horror

Regia: Jordan Peele

Sceneggiatura: Jordan Peele

Cast: Daniel Kaluuya, Allison Williams, Bradley Whitford, Catherine Keener, Lil Rel Howery, Betty Gabriel, Marcus Henderson, Caleb Landry Jones

Debutto alla regia con i fiocchi per l’attore afroamericano Jordan Peele, autore del thriller/horror Scappa – Get Out, già campione d’incassi negli Stati Uniti, universalmente acclamato dalla critica.

Chris Washington è un ragazzo di colore che sta per conoscere i genitori della sua fidanzata bianca, Rose Armitage; preoccupato della reazione della famiglia per il colore della sua pelle, trova invece un’accoglienza inaspettatamente calorosa. Presto si accorgerà che qualcosa, nella facciata della famiglia perfetta, non quadra, e la verità a cui arriverà sarà inaspettata e agghiacciante.

Peele, noto soprattutto come attore comico, esordisce come regista con un lungometraggio a budget ridotto che è presto diventato un caso in America, dove è uscito a febbraio e ha già incassato più di 170 milioni di dollari, primo film di un autore afroamericano a superare i 100 milioni.

Le ragioni di questo successo sono facilmente spiegabili, dal momento che Scappa – Get Out è un ottimo thriller da gustare tutto d’un fiato, che tocca temi scottanti come il razzismo, la schiavitù e la diversità in un momento storico che li ha riportati tristemente alla ribalta.

Indovina chi viene a cena? in salsa horror, il film di Peele è particolarmente efficace nell’accrescere, minuto dopo minuto, la tensione e la paura nello spettatore come nel protagonista, in un crescendo che rende la visione un mix irresistibile di inquietudine, suspense, mistero e tanta provocazione.

Non solo, Peele gioca con i classici simboli dell’America razzista: la tenuta in mezzo ai boschi degli Armitage ricorda la classica piantagione del sud, con tanto di servitù di colore e un certo sapore rétro nei costumi. E sarà proprio il cotone, in una scena clou delle ultime battute, ad aiutare Chris a scappare dall’incubo.

Il personaggio della madre di Rose, psichiatra, fa venire il sospetto di essere una presa in giro, neanche troppo sottile, dell’ossessione tutta americana per l’analisi e lo scavo nei traumi del passato.

Tutto è costruito con una sapienza sartoriale, nello scandire i tempi e nel rivelare poco per volta cosa c’è dietro all’irreprensibile facciata, con scelte registiche interessanti e sorprendenti, come il fatidico incontro davanti alla porta di casa immortalato in campo lungo e non con un’inquadratura ravvicinata che avrebbe potuto mostrare le espressioni di tutti i personaggi coinvolti. Molti i primi e primissimi piani su volti fissi e impenetrabili, che ricordano David Lynch.

Intelligentemente, la soluzione viene a galla solo negli ultimi quaranta minuti, ma la prima parte del film è talmente ben scritta che tiene letteralmente incollati allo schermo senza mai annoiare.

Ottimi gli interpreti, a partire dal protagonista Daniel Kaluuya, giovane britannico dalla lunga filmografia televisiva e Allison Williams, l’”angelica” Rose. Bravi Bradley Whitford e Catherine Keener nei panni degli Armitage così come Betty Gabriel e Marcus Henderson in quelli dei domestici misteriosi. Nessuno degli attori gode di fama mondiale, ma quello di Scappa è ciò che si può a piena ragione definire un cast perfetto, poiché ognuno riveste il proprio ruolo magistralmente.

Anche la musica è black: la splendida colonna sonora, ottimo accompagnamento alle variazioni di tensione del film, è firmata dall’afroamericano Michael Abels, che ha seguito le istruzioni di Peele nel dare un distintivo carattere nero anche alla musica cantata, compresi testi in swahili e influenze blues.

La quasi totalità della critica internazionale ha lodato l’opera prima di Peele, che ha ottenuto anche l’approvazione di un maestro del cinema nero come Spike Lee, che ha dichiarato di averlo visto due volte, piacevolmente sorpreso nel registrare le stesse reazioni sia dal pubblico nero che da quello bianco.

 

Un film graffiante, inquietante e che tiene sveglissimi fino alla fine. Il razzismo spiegato con una vena horror ma molto attualizzabile, sconvolgente e stupefacente.


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Articolo pubblicato il 24/05/2017