Tempo da lupi

Favola per bambini e meno piccini oppure l'origine di un modo di dire?

Cosa sarebbero le favole senza la presenza del "cattivo", dei lupi? Nobili animali a cui è sempre destinata una brutta fine. Certe storie nascono per camuffare certi atteggiamenti umani non sempre nobili e affibbiare ad altri le nostre colpe. E se quella storia del tempo da lupi (brutti tempi anche quelli che stiamo vivendo adesso) fosse andata davvero così? Ai bambini piace ancora ascoltare una favola. Abbiamo ancora il tempo per narrarla?

 ...Quando piove che Dio la manda, tira vento e fa di un freddo che è peggio di un freddo da cani allora si sente dire che c'è un tempo da lupi, ma nessuno sa perché. È un modo di dire figlio di una vecchia storia che ormai sono in pochi a ricordare.

Tanti anni fa, quando ancora c'erano più alberi che case, tra gli abitanti di un vecchio villaggio era nata una specie di leggenda che narrava di un ferocissimo lupo più forte dell'orso e più furbo della volpe che, svelto come un furetto, quando poteva si mangiava non soltanto le capre, ma anche il padrone e se ce n'erano in giro, per dessert si lasciava i bambini.

In effetti era una leggenda soltanto a metà perché nel mezzo della boscaglia, davvero viveva un grosso lupo forte e peloso, dal carattere solitario e con due occhi gialli che a incontrarlo mettevano una paura blu. Si sapeva che c'era e di lui, nella taverna del paese, la sera delle lunghe notti d'inverno, dopo qualche bicchiere di vino, si cominciavano a raccontare cose più grosse del vero, finché un giorno qualcuno disse che nessun cacciatore sarebbe mai stato capace di catturarlo vivo e  nemmeno di ucciderlo.

Di tutte queste storie che la gente narrava di lui, il lupo non sapeva nulla, viveva la sua vita quasi da tranquillo facendosi i fatti suoi anche se ogni tanto diventavano fatti degli altri. Gelsomino Carabina invece, di questa storia ne venne a conoscenza per passa parola e non si fece pregare nel presentarsi alla locanda. Aspettava una sfida così da tanto tempo.

Gelsomino Carabina aveva un chiodo fisso: la caccia, ed era conosciuto per essere il più grande battitore della regione, ogni colpo era un cinghiale o un cervo che diventavano stufato o salciccia.

Carabina non sbagliava un colpo ed era meglio così, perché a quei tempi i fucili avevano un colpo solo. Gelsomino non poteva perdersi l'occasione di aggiungere il lupo alla sua collezione anche perché, parla oggi, parla domani, la gente del villaggio aveva persino messo 10 palanche di taglia sulla tesa dell'ignaro animale, quattrini d’argento da versare al primo che lo avesse impallinato.

Carabina sapeva bene il suo mestiere e non voleva farsi fregare da nessuno. Partì dunque a caccia della bestia in un pomeriggio d'inverno, in mezzo a una nevicata coi fiocchi e s'incamminò verso il bosco perché non voleva farsi soffiare i soldi della taglia da nessuno. Con il passare delle ore però, il tempo era andato peggiorando e il vento del Nord era talmente gelido da ghiacciare persino le idee.

Gelsomino era abituato a prendere freddo, si era coperto per quel che secondo lui bastava e anche se la bufera lo aveva conciato come un pupazzo di neve, si inoltrò nel bosco, anche se veniva notte. Il cacciatore sapeva il suo mestiere, affondate nella neve fresca aveva trovato le tracce del lupo, tracce fresche! La luce della luna gli sarebbe bastata.

L'animale dormiva tranquillo in un posto che sapeva lui, quando fu svegliato da un odore insolito. Non si rese conto che, quell'essere umano così conciato e a quell'ora della notte era a caccia della sua pelliccia e stava prendendo la mira. Il lupo aveva mangiato da poco ed era ben disposto, pensò che l'uomo si fosse smarrito e che avesse bisogno di aiuto. In effetti era proprio così, Carabina si era talmente inoltrato nella foresta che, in mezzo a tutto quel bianco non avrebbe mai più ritrovato la strada del ritorno. La neve che cadeva senza sosta cancellava ogni punto di riferimento e il bosco bianco era diventato tutto uguale a se stesso, ma il lupo era davanti a lui; non poteva mancare il bersaglio.

il lupo in realtà era una brava bestia, talvolta persino un po' indolente e se ogni tanto arraffava un agnello, era per questioni di sopravvivenza. Il cacciatore invece era un uomo presuntuoso, ma di sicuro aveva coraggio e non temeva né il freddo e neppure la notte.

Lo spirito del bosco pensò che sarebbero morti entrambi senza un vero motivo se non per una stupida questione di orgoglio e di palanche. Sarebbe stato l'inutile spreco di quella notte, notte tempestosa e gelida, più fredda di una notte da cani.

Il cacciatore sparò, ma forse a causa del freddo o forse per un trucco dello spirito del bosco, la cartuccia fece cilecca. A quel punto, Gelsomino Carabina, nonostante il freddo pungente cominciò a sudare, perché la bestia era grossa davvero.

"Porca cartuccia! Adesso mi salta addosso e mi trasforma in bistecca", pensò il cacciatore e si rese conto che sarebbe stato soltanto un altro modo di lasciarci la pelle, perché la luna oscurata dalle nuvole sembrava aver spento ogni luce, cancellando ogni labile speranza di ritrovare la strada del ritorno.

Il lupo è parente libero del cane e sono in molti a dire che il cane è il migliore amico dell'uomo. Forse fu per questo, forse fu l'istinto, forse fu uno scherzo dello spirito del bosco, ma soltanto gli occhi gialli dell'animale brillavano nel buio, ma non gli correvano contro, anzi, lo invitavano a seguirli. Solo loro avrebbero potuto riportare il cacciatore sulla via del ritorno.

Carabina il cacciatore rimase di stucco quando capì che, essendo di casa, il lupo andava a naso e lo stava accompagnando in direzione del villaggio. E così fu.

Faceva più freddo che un freddo da cani, ma il lupo fu contento di fare la sua buona azione e riportò il cacciatore verso la sua gente, quindi scomparve salutando l'uomo con un ululato che voleva dire: "potresti almeno dirmi grazie!"

Gelsomino interpretò tutt'altra cosa, perciò non rispose, ma quando ritornò alla taverna raccontò di essere stato salvato dal lupo nonostante il maltempo. Fu così che, quando fa un freddo più freddo di quello da cani,  da quel giorno si dice: "c'è un tempo da lupi".

Forse è una storia mezza falsa o forse è mezza vera, l'unica cosa sicura è che Gelsomino Carabina smise di andare a sparare alle bestie del bosco, appese il fucile al chiodo e cercando di dimenticare schioppo e pellicce, seguendo l'ispirazione di un vecchio proverbio che dice: "chiodo scaccia chiodo", aprì un negozietto di ferramenta in un paese lì vicino, perché c'è sempre qualcuno che ha bisogno di un altro chiodo fisso, ma questa è un'altra storia, chissà come finirà…

Se questa favola ha regalato un seppur breve momento di piacere nel raccontarla o anche soltanto nel leggerla, fa parte di una raccolta sui modi di dire e in particolar modo su quelli che chiamano in causa i lupi. Sono tornati nelle nostre valli e a loro, che non tramano nè imbrogli politici e tanto meno attentati, non sono dispiaciute. Se ne volete leggerne altre fatemelo sapere, ma chiedete prima un parere ai vostri nipotini... 

 


Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 06/06/2017